M5S, un nuovo sistema elettorale: il gratta e vinci

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di Roberto Bin

Sistemi elettorali perfetti non ce ne sono: tanto è vero che non ci sono due paesi che abbiano adottato lo stesso sistema e in ognuno c’è molta insoddisfazione per il sistema esistente. Ma che non ci siano sistemi perfetti non significa affatto che non vi siano sistemi sbagliati. Il porcellum, per esempio, era sicuramente un sistema sbagliato.

Oggi sembra che in Italia si stiano creando le condizioni per varare una nuova legge elettorale. Le condizioni sono tutte politiche, occorre cioè che i partiti più grandi trovino un accordo per “far fuori” i piccoli partiti, i c.d. cespugli. Il perché è presto detto: dal 1993 al 2005 abbiamo avuto una legge elettorale (il c.d. mattarellum) che proponeva agli elettori a scegliere tra due grandi coalizioni, con relativo candidato alla guida del Governo. Ne sono usciti governi di centro destra e di centro sinistra, che si sono alternati: ma tutti questi governi sono caduti perché uno dei partiti minori della coalizione, che disponeva non più di una manciata di parlamentari, decisiva – però – per la tenuta della maggioranza, ad un certo punto ha ricattato il resto della coalizione e l’ha fatta crollare. Avere molto partiti in Parlamento è senz’altro un segno di democrazia e di pluralismo, ma che un partito che raggiunge a stento il 4-5% tenga sotto ricatto il governo che è sorretto dal voto della maggioranza è una negazione assoluta della democrazia. Maggioranze tenute in scacco da una sparuta minoranza: c’è peggiore negazione della democrazia?

Non può che essere un’ottima notizia, dunque, che i partiti maggiori – quelli cioè che, assieme, rappresentano la stragrande maggioranza del paese – si mettano d’accordo a cercare regole comuni per l’elezione delle Camere. Già, ma quali?

Va per la maggiore il c.d. sistema tedesco. Il quale però è semplicemente un sistema proporzionale con una consistente soglia di sbarramento, al 5% (eccone una sintetica spiegazione). Il sistema proporzionale si è applicato in Italia dal 1948 in poi, sino alla svolta del 1993. Il suo limite è ovvio: salvo sorprese – cioè un partito o una lista che raggiunga da solo la maggioranza dei voti o (grazie a un premio di maggioranza) dei seggi – la coalizione di governo non è scelta dagli elettori, ma sarà frutto di complicate trattative tra i partiti. È lo spettacolo di cui abbiamo goduto (non gratuitamente, visti i costi conseguenti) dal 1948 in poi e, dopo l’arrivo del porcellum, dal 2013 a oggi: mesi e mesi di trattative, ricatti, concessioni, governi e maggioranze divisi su tutto, fibrillazioni, verifiche di maggioranza, rimpasti, dimissioni, governi balneari ecc. Piaccia o non piaccia questo è il costo di una legge proporzionale in un sistema politico frammentato come il nostro. Siccome il nostro sistema politico è altamente frammentato, ogni tentativo di “forzare” la formazione di una maggioranza deve necessariamente “forzare” anche la trasformazione dei voti in seggi: questo era l’obiettivo dell’italicum che però, in questo tentativo, è incappato nelle censure della Corte costituzionale.

Rassegnati a subire l’avvento del sistema proporzionale, non tutto è ancora perduto. Come sempre il segreto sta nei dettagli, e questi sono ancora lontani da essere messi a fuoco. Salvo che per la proposta dei 5 Stelle, che hanno sottoposto al solito referendum la loro proposta.

La proposta contiene elementi interessanti, sicuramente apprezzabili. L’idea di adottare collegi piccoli, per esempio, ha sempre l’obiettivo di “disboscare” il panorama dei partiti che saranno rappresentati in parlamento. Non è certo originale, perché era già contenuta nell’italicum ed è ispirata al modello spagnolo: i risultati delle ultime elezioni spagnole, però, hanno dimostrato che, se il sistema politico si frantuma, questa soluzione non basta più.

Molto originale è invece un’altra soluzione contenuta nella proposta 5 Stelle. Ecco come viene spiegata, con un esempio (riferito ad un collegio che elegge 5 parlamentari):

In una circoscrizione con 5 seggi ciascun elettore può esprimere al massimo due cancellazioni e aggiungere fino a due preferenze. Queste sono le possibilità di voto:

  1. Se l’elettore ha votato solo la lista, la cifra elettorale di quella lista si incrementa di 5 voti e quella personale di ciascun candidato nella lista di un’unità: è il voto dell’elettore che non vuole incidere sui candidati della sua lista e li vota tutti in blocco;
  2. Se l’elettore ha espresso alcune cancellazioni, per ogni candidato cancellato la cifra elettorale della lista diminuisce di un’unità (5 voti meno 1 o 2 a seconda delle cancellazioni fatte). Se l’elettore non esprime ulteriori preferenze, astenendosi così parzialmente, significa che vuole punire la lista che presceglie per il fatto di aver presentato cattive candidature;
  3. Se l’elettore ha espresso ulteriori preferenze (nel limite delle cancellazioni che ha effettuato), per ogni preferenza aggiuntiva, la cifra elettorale personale del candidato prescelto e quella della lista cui questo appartiene si incrementano di un’unità: è il voto dell’elettore che desidera esprimere un voto maggiormente articolato, incidendo ancor di più sulla graduatoria dei candidati della lista votata o anche ripartendo il suo voto tra più liste.

La proposta dichiara di ispirarsi al sistema svizzero, ma di svizzero non ha proprio niente. In Svizzera, per eleggere il Consiglio Nazionale, si adotta il sistema del panachage che deriva dal verbo francese panacher (mescolare): l’elettore può esprimere un voto di preferenza per candidati appartenenti ad una lista diversa rispetto a quella votata, e può persino redigere su un’apposita scheda in bianco una nuova lista di candidati. No, non è alla Confederazione che la proposta s’ispira, ma piuttosto al nostro vecchio e caro gratta e vinci. Il problema è che lo scrutinio delle schede e il conteggio dei voti durerà giorni e giorni… un incubo! È vero però che, trattandosi comunque di un sistema proporzionale, non ci sarà alcuna ansia nel conoscere subito i risultati: perché il vero vincitore delle elezioni, quello cioè che formerà e guiderà il Governo, sarà frutto di trattative lunghe e imprevedibili – che spero non si svolgeranno in streaming!

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1 commento su “M5S, un nuovo sistema elettorale: il gratta e vinci”

  1. Vorrei precisare senza inutile polemica i pregi e i difetti della proposta grillina.
    Pregi: (comuni con la Svizzera) il riparto proporzionale avviene nelle circoscrizioni di media dimensione, senza correzione nazionale; e il voto di lista è la somma dei voti individuali; ogni elettore può esprimere voti individuali fino a un massimo pari al numero totale dei seggi.
    Difetti: le modalità di voto sono troppo complesse (con tre giudizi possibili sui i singoli candidati, a favore, contro o neutro, ovviamente non limitato a una lista), mentre in Svizzera la scelta è binaria, sempre entro il numero totale dei seggi e con panachage.
    La proposta M5S sarebbe un’ottima soluzione, superiore a quella elvetica 1. se tutte le circoscrizioni fossero più omogenee e di dimensione ridotta (da tre a cinque seggi, dividendo p. es. quelli da 6 a 9 seggi dell’Italicum) e soprattutto 2. se ogni elettore disponesse di un solo voto che varrebbe sia per il candidato sia per la lista (formula vigente dal 1955 in Finlandia).
    Riformulato così il modello implicherebbe una soglia di sbarramento implicita del 15-25% in ognuna delle circa 160 circoscrizioni, ma non garantirebbe la maggioranza a nessuno schieramento; rinforzerebbe invece la responsabilità individuale degli eletti davanti agli elettori e favorirebbe quindi comportamenti virtuosi, coerenti.

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