Apprendisti stregoni e danni conseguenti

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di Roberto Bin

La Repubblica rende pubblica oggi (18 agosto) la lettera di contestazione inviata dal Ministero delle infrastrutture – Direzione generale (una struttura amministrativa finalmente, e non il solito politico di dubbia competenza) che dà inizio alla procedura prevista dalla Convenzione di concessione, che non è affatto segreta, come già ho scritto. Come spiega la stessa lettera, essa serve ad «attivare i procedimenti di cui agli artt. 8, 9 e 9-bis della Convenzione di concessione», ossia l’Accertamento gravi inadempimenti del Concessionario (art. 8: “Nel caso in cui il concedente accerti che si sia verificato un grave inadempimento afferente gli obblighi riportati al successivo art. 9 della presente Convenzione, il Concedente medesimo provvede a comunicare gli elementi dell’accertamento fissando un congruo termine entro il quale il Concessionario dovrà provvedere in ordine agli accertamenti, adempiendo ovvero fornendo le proprie giustificazioni. Trascorso il termine così fissato, senza che il Concessionario abbia provveduto ovvero presentato le proprie giustificazioni ovvero queste ultime non siano state accettate dal Concedente, quest’ultimo avvia il procedimento di cui al successivo art. 9.”), la Decadenza della concessione (che l’art. 9 fa scattare, previo esperimento di un nuovo procedimento di diffida, in caso “perduri la grave inadempienza” a causa del fatto che “il Concessionario stesso, volontariamente, ometta di avviare o sospenda arbitrariamente la realizzazione degli interventi”) e le ipotesi di Recesso, Revoca e Risoluzione della Convenzione (disciplinate dall’art. 9 bis).

Due norme della Convenzione vanno sottolineate:

  • In caso di decadenza, l’art. 9.3 e 4 prevede che il trasferimento della concessione sia “subordinato al pagamento da parte del Concedente al Concessionario decaduto di un importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi della gestione, prevedibile dalla data del provvedimento dì decadenza sino alla scadenza della concessione, al netto dei relativi costi, oneri, investimenti ed imposte prevedibili nel medesimo periodo ecc…
  • Un importo calcolato sulle stesse basi sarà dovuto al Concessionario (a norma dell’art. 9 bis) “in ogni caso di recesso, revoca, risoluzione, anche per inadempimento del Concedente, e/o comunque cessazione anticipata del rapporto di Convenzione pur indotto da atti e/o fatti estranei alla volontà del Concedente, anche di natura straordinaria e imprevedibile, ivi inclusi mutamenti sostanziali del quadro legislativo o regolatorio”.

In entrambi i casi è previsto che ci sia un accordo tra le parti per determinare l’importo. Altrimenti esse si ritroveranno davanti al Tribunale di Roma.

Solo chi non ha terminato gli studi di Giurisprudenza, come Di Maio, o chi non ne abbia tratto il giusto profitto, come Toninelli, possono parlare di clausole capestro che favorisco sfacciatamente il privato concessionario. I rapporti di concessione sono oggettivamente complicati quando non si tratti del marciapiede su cui il barista vuole piazzare un dehors, ma della costruzione, manutenzione e gestione di migliaia di chilometri di autostrada. Ogni anno la Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali del Ministero delle infrastrutture pubblica una relazione sull’andamento delle gestioni autostradali, i regimi tariffari, e la attività di vigilanza svolta dal Ministero: l’ultima relazione (di 640 pagine), riferita all’anno 2016, è stata pubblicata nel gennaio 2018.

Queste cose avrebbero dovuto leggere i nostri leader politici prima di aprire bocca. Loro rappresentano lo Stato, sono i responsabili della continuità della sua azione amministrativa, che non può essere interrotta e di cui neppure se ne può bruscamente invertire la rotta senza nemmeno aver chiaro dove si vuole andare. Sinora si è semplicemente criticato la condotta e l’operato dei governi precedenti: per questo bastano i tweet, in effetti. Ma di costruttivo che si è fatto? Fra poco scadranno i primi 100 giorni di governo, e il bilancio che si farà sarà ben poca cosa. Forse ne daranno la colpa ai disastri ereditati e ai ponti crollati, come al solito.

Il Presidente Conte, a quanto se ne sa, sta mobilitando una squadra di giuristi e altri verranno schierati dalla controparte, la società Atlantia. Sarà una storia infinita di scontri e trattative. È questo il bene del Paese? Le questioni legali sono affari seri e generalmente piuttosto incerti. Fa bene Conte ad affidarsi a giuristi competenti, ma farebbe ancor meglio a sigillare la bocca dei suoi ministri, il cui sproloquiare rischia di aggiungere danni ai danni. Si può iniziare una seria procedura amministrativa di verifica delle responsabilità del crollo avendo i vertici politici dell’amministrazione già decretato la condanna di chi a quel controllo deve necessariamente collaborare e che, inoltre, per anni ancora dovrà assicurare la manutenzione della rete autostradale? L’aver provocato un crollo finanziario dei titoli della società concessionaria – su cui giustamente Consob sta indagando, non essendo lontanissima l’ipotesi di reato di aggiotaggio – ha migliorato la condizione delle vittime, il dramma di Genova, l’affidamento dei cittadini nelle istituzioni, la sicurezza stradale?

La guida politica del Paese non si va con i tweet e con le dichiarazioni esplosive, ma richiede serietà e competenza.

PS. Ho letto sui social alcuni commenti al mio precedente articolo sulla tragedia di Genova. Lascio stare gli insulti, ma un punto vorrei chiarire. Non imputo a Toninelli di non aver svolto lui gli accertamenti necessari, non mi verrebbe mai in mente un’idea così sbagliata. Quello che imputo ai politici attuali e di pensare di poter governare con chiacchiere e tweet e di lasciarsi andare a dichiarazioni irresponsabili. Non sono dei personaggi da reality show, sono i reggitori dello Stato, ne portano la responsabilità. E non è da responsabili della politica nazionale avviare la caccia alle streghe sui fatti di Genova. E’ chiaro e più che giusto che chi è colpevole debba essere punito, lo vogliamo tutti. Ma le colpe non possono essere appioppate senza una seria istruttoria (come quella ora avviata). Mettere all’indice la societa concessionaria, la famiglia Benetton, il governo Renzi ecc. è un grave errore, che potrà causare ulteriori problemi: se una società quotata in borsa subisce un tonfo a causa delle dichiarazioni di un membro del Governo, chi ne pagherà i danni? Noi. E se la stessa società, che gestisce molte strutture in mezzo mondo, dovesse improvvisamente versare in cattive acque finanziarie, il che significa anche bloccare gli investimenti nella rete autostradale italiana, che ne pagherà i costi? La famiglia Benetton? No, sempre noi.

Governare richiede senso di responsabilità, non il facile e opportunistico calvacare il malessere che tutti proviamo davanti ad una tragedia. Quanto poi a Toninelli, perché nel sito del suo ministero non ci informa su quali sono le deleghe, cioè le competenze, attribuite ai suoi tre sottosegeretari? Per cosa stiamo pagando i loro lauti stipendi? Chi è il sottosegretario che si deve occupare delle autostrade? Non voglio criminalizzarlo, ci mancherebbe, ma almeno vorrei conoscere la linea di comando del Ministero delle infrastrutture per le vicende attuali e per quelle future.

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2 commenti su “Apprendisti stregoni e danni conseguenti”

  1. Quando sento parlare di aggiotaggio nel caso del ponte su Genova, rifletto. Perché non ho letto nulla, nessun commento o nessun articolo qui, quando Renzi spifferava all’amico De Benedetti che la legge sulle banche popolari era in arrivo e sarebbe stata approvata e il medesimo De Benedetti ne traeva profitto nel giro di qualche giorno?
    Perché non ho sentito nulla quando sempre il Sig. Renzi diceva che sarebbe stata un’occasione l’investimento in azioni MPS mentre di lì a poco il titolo sprofondò?
    Come al solito, due pesi e due misure. Quando le cose le fa il proprio nemico politico, perché di questo si tratta, non vanno mai bene. Se le fanno gli altri, non nemici, allora va tutto bene.

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    • Se Renzi lo ha fatto andava perseguito senz’altro per aggiotaggio e altro: ma chi ne ha le prove, a parte le sconclusionate dichiarazioni di De Benedetti? Nel caso del ponte di Genova sono le dichiarazioni pubbliche di membri del Governo ad aver perturbato il mercato. Non è una differenza da poco, mi sembra.

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