I fondi della Lega dopo l’ordinanza del Tribunale del riesame di Genova

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di Simone Frega

Su ricorso della Procura, il Tribunale (Sezione III Penale, specializzata per il riesame) di Genova si è pronunciato nuovamente, il 6 settembre 2018, in merito al sequestro finalizzato alla confisca diretta delle somme di denaro appartenenti alla “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”. Contro tale formazione politica, un precedente tentativo aveva infatti portato al rinvenimento della minor somma di € 1.651.279,01 rispetto a quella di € 48.696.617,00, considerata il profitto del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ottenute con la presentazione alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica di rendiconti e bilanci dimostrati in giudizio essere falsi o comunque irregolari (qui si trova il quadro delle indagini sui fondi della Lega).

La Procura ha, dunque, chiesto di essere autorizzata a sequestrare qualsiasi somma in conti, libretti e depositi riferibili alla Lega, anche successivamente alla data del primo provvedimento, dopoché nello scorso luglio la Corte di Cassazione ha annullato la precedente ordinanza del riesame che aveva negato tale possibilità. Testualmente, infatti, secondo la Suprema Corte, l’estensione dell’originario provvedimento cautelare (4 settembre 2017) “anche alle somme affluite in un momento successivo” e “nei limiti del quantum del provvedimento ablatorio originale, non comporta novazione, stante l’irrilevanza della fonte del sequestro perché l’oggetto della misura cautelare è sempre quella del decreto originario, che tra l’altro non è stata oggetto di contestazione” (Cass, Sez. II penale, 12 aprile 2018, n. 29923, deposito il 03.07.2018, pp. 7). La Cassazione ha inoltre osservato che, essendo il denaro bene fungibile, il sequestro non deve necessariamente avvenire sulla stessa specie monetaria ricevuta illecitamente, ma su somme corrispondenti al valore nominale oggetto del provvedimento, ovunque si trovino, purché venga “accertato, come nel caso in esame, il rapporto pertinenziale, quale relazione diretta, attuale e strumentale, fra il denaro oggetto di provvedimento di sequestro ed il reato del quale costituisce il profitto illecito”.

 

Il Tribunale del riesame di Genova, adeguandosi al principio stabilito dalla Cassazione, ha statuito che “la somma oggetto della confisca diretta va ricercata «ovunque e presso chiunque» comprendendovi anche le somme confluite sul conto «in data successiva all’esecuzione del provvedimento genetico»”, sottolineando che la natura del provvedimento è riparatoria e non sanzionatoria, con la conseguenza che la richiesta è quella di restituire quanto ricevuto indebitamente e non quella di sanzionare un partito per l’illecita condotta tenuta dai suoi leader ed amministratori (Ord. Tribunale, Sezione III Penale, del 05.09.2018). E ciò benché il partito politico non possa essere considerato estraneo alla vicenda, in quanto il provento della truffa aggravata per il conseguimento di erogazione pubbliche è stato “versato” proprio nei suoi conti correnti, depositi bancari e libretti postali, percependo un notevole vantaggio patrimoniale (Si noti che la Cass., Sez. VI, con sent. 10 novembre 2018, ha posto fine alla vicenda, rigettando il ricorso proposto dai legali del partito avverso la decisione del collegio genovese: da qui l’intenzione espressa da alcuni esponenti della Lega di ricorrere alla Corte Edu).

La questione così riassunta ha suscitato prevedibilmente numerosi interrogativi di ordine politico e giuridico.

Sotto il primo profilo, suggestivamente ci si è chiesto come possa funzionare il partito in parola fino a quando non restituirà la somma totale del provento del reato, dato che la Procura potrà sequestrare “ogni centesimo” presente nei suoi conti, perpetrandosi in tal modo un vulnus della democrazia, col limitare una forza politica nel continuare la sua attività.

Dal canto loro, proprio gli esponenti del partito hanno sottolineato il fatto che le risorse presenti nei conti della Lega dal 4 settembre 2017 (giorno del primo provvedimento di sequestro) ad oggi riguardano donazioni dei cittadini, contributi degli eletti, quote associative o donazioni ricevute tramite il 2×1000 e pertanto non riferibili alla truffa ascritta a Bossi, Belsito e altri ai danni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Per contro, si è rilevato che le parti civili danneggiate siano proprio la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica, che formano i più importanti organi costituzionali di rappresentanza popolare, sicché non potrebbe essere leso il principio democratico, se “si chiede” a chi ha sottratto illecitamente fondi al massimo organo rappresentativo in una democrazia, di restituirli.

Ma, sempre con riferimento al quadro democratico, potrebbe addirittura osservarsi come la competizione politica tra diversi partiti o forze politiche risulti viziata ove ve ne sia una che utilizza per la sua attività (promozione, pubblicità, gazebo, presenza nelle tv, dipendenti del partito…) risorse che ha ottenuto illecitamente, in violazione dell’uguaglianza di tutti i cittadini all’effettiva partecipazione all’organizzazione politica del nostro Paese prevista dall’art. 3 della Costituzione (si ricordi che la Lega è passata in cinque anni dal 4% a circa il 17/18% diventando una delle maggiori forze politiche).

 

Comunque sia, si apprende che ciò che sembrava impossibile, ossia una qualche via di uscita dall’impasse politico-giuridico generato soprattutto dalla consistenza considerevole della somma dovuta, è avvenuto perché, da un lato, i rappresentanti della Lega, mettendo da parte ogni iniziale risentimento nei confronti della magistratura, hanno proposto un piano per restituire i fondi dilazionandoli nel tempo (attraverso un’istanza da loro presentata il 17.09.2018) e, dall’altro, il Pubblico Ministero ha accettato la proposta, fissando la modalità esecutiva del sequestro disposto dal Tribunale di Genova.

Tale modalità in sostanza dovrebbe consistere nel versamento da parte della Lega su un conto corrente a disposizione della Guardia di Finanza di € 100.000,00 ogni bimestre, pari ad € 600.000,00 all’anno (somma che rappresenta oltre un quinto dei proventi di gestione riferibili all’ultimo esercizio della Lega Nord), fino al raggiungimento della somma dovuta, derivandone che ci vorranno circa 80 anni per il suo completamento.

Ora, se da un lato, potrebbe opinarsi che, forse, questa era l’unica modalità per garantire ad un partito di poter continuare la sua ordinaria attività, garantendo nel contempo il graduale recupero di quanto percepito illecitamente (potrebbe, del resto, accadere che non si arrivi a riscuotere tutto, preferendosi, pertanto, iniziare a ricevere qualcosa); dall’altro lato, non è chi non veda la paradossalità della situazione: 80 anni costituiscono indiscutibilmente un lasso di tempo molto lungo, maggiore dell’intera nostra storia repubblicana; e solo le più recenti generazioni potranno vedere, se tutto andrà bene (la Lega? la Repubblica? il contesto internazionale?), il versamento dell’ultima tranche.

Sicché è lecito dubitare che la soluzione apprestata sia veramente assistita dai caratteri della congruità e della proporzionalità, sembrando piuttosto lambire la sfera simbolica.

In conclusione, considerato che al partito ovviamente non è fatto divieto di versare più dei € 600.000,00 annui, non può mancare l’auspicio che venga restituito di più e più celermente di quanto proposto, visto anche il considerevole numero di eletti in quota alla Lega nel Parlamento e nei consigli territoriali in grado di contribuire a ristorare gli attuali cittadini italiani del maltolto.

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