Con il fiato sospeso

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di Roberto Bin

Le vicende politiche italiane ci lasciano con il fiato sospeso. Abbiamo toccato con mano cosa sia, non il populismo, ma il bullismo politico. Quello di Trump e di Boris Johnson, per intenderci… forse anche di Putin ed Erdogan, e, perché no, di Bolsonaro e di Andrzej Duda: un modo di far politica che si regge sulla tracotanza e sul disprezzo delle regole, dei limiti, del senso della misura, e che sta improvvisamente attraversando anche il mondo delle democrazie liberali. In Italia non solo Salvini ne è stato l’emulo; anche lo stesso M5S, il suo fondatore, Grillo, e il suo capo politico, Di Maio, ne sono stati esponenti di successo. Lo slogan “uno vale uno”, che significa rifiuto della competenza; la promessa di “aprire il parlamento come una scatoletta di tonno”, contrapponendo la mitica “piattaforma” ai tradizionali canali della rappresentanza; gli sberleffi alle istituzioni europee (che ci sono costati miliardi a causa delle ripercussioni disastrose sul nostro debito pubblico), per non dire poi di tutto ciò che Salvini è riuscito a dire (e talvolta a fare) pavoneggiandosi in divisa da poliziotto o pompiere, e riesumando le frasi e gli atteggiamenti del Duce, sino alla spettacolare richiesta, “al popolo italiano”, dei pieni poteri. Tutto ciò è stato un tormento che non può non avere lasciato attonita quella parte della popolazione che ha sempre creduto nel valore delle istituzioni e delle procedure costituzionali che hanno fatto grande l’Europa e il pensiero politico occidentale.

Bene, ora sembra che Salvini – più furbo e spregiudicato che intelligente, verrebbe da dire – sbagliando i calcoli tattici, abbia messo fine alla sua pantomima e stia prendendo l’avvio un nuovo Governo sostenuto da una nuova maggioranza. Non ho mai nascosto la mia simpatia per questa ipotesi. Già all’indomani delle elezioni a me era sembrato un percorso che meritava di essere imboccato (E adesso, pover’uomo? Forse una via c’è, del 5 marzo 2018, Alleanza e accordo politico, due cose ben diverse. Il Pd può fare lo schizzinoso?, del 7 marzo 2018, Di Maio ha ragione: il “contratto di governo” è la via giusta, del 7 aprile 2018 e Contratto di governo: un passo avanti!, del 23 aprile 2018). Ma allora l’ostacolo era proprio il forte bullismo che covava nel M5S e nei suoi esponenti: quello che aveva a suo tempo fatto clamorosamente saltare il tavolo del dialogo con Bersani, aveva contraddistinto gli slogan della campagna elettorale e condito ogni esternazione dei 5S che riguardasse il PD, le sue responsabilità di governo e il profilo morale dei suoi leader.

Abbiamo pagato caro un anno di bullismo al governo, anche in termini economici, ma soprattutto in termini di linguaggio e prassi costituzionale. Ora però ci siamo fermati quasi sull’orlo del baratro. Giusto in tempo, perché un ministro degli interni della Repubblica che si appelli al popolo per ottenere i pieni poteri è qualcosa che si era già vista nello storia italiana, ne fosse Salvini consapevole o meno (vedi i commenti di Alessandro Morelli e Edmund Burke). La prospettiva di andare alle elezioni con un tale ministro degli interni era davvero preoccupante.

Le elezioni – diceva Giolitti – «chi le fa, le vince». In Italia le elezioni sono state scandite da una lunga storia di brogli: oggi non ci sono più le condizioni del tempo in cui il ministro degli interni poteva manipolare impunemente gli esiti delle votazioni attraverso i prefetti e la macchina elettorale. Eppure nel 2006, quando Berlusconi rimase deluso dei risultati delle elezioni politiche (vinte dalla coalizione di Prodi per pochi voti), se la prese con il “suo” ministro degli interni, Pisanu, esplicitamente denunciando supposti brogli. Questione di stile, perché – come sottolineava sarcastico Giolitti – «è sempre successo che i candidati respinti non vogliono mai essere stati respinti dalla volontà degli elettori, ma dalle violenze del governo». Tuttavia non sembra proprio che l’andreottiano motto di Giolitti valga ancora oggi: dal 2001 le elezioni sono state sempre perse dalla maggioranza (e dal governo) al potere. Sembra quasi che si debba ribaltare l’aforisma e dire che oggi in Italia le elezioni chi le fa le perde.

Allora perché tanta preoccupazione per l’ipotesi che le elezioni fossero gestite dal Viminale da Matteo Salvini? Che il governo che si scioglieva al sole di agosto fosse portato davanti agli elettori a rispondere dei suoi risultati non sarebbe stato più giusto? La preoccupazione c’era (e ancora c’è, se il nuovo Governo non riesce ad essere formato) ed ha spinto Zingaretti a chiedere che la mozione di sfiducia contro Salvini, presentata già il 25 luglio, fosse discussa e votata dal Parlamento prima della apertura ufficiale della crisi, della discussione della mozione di sfiducia presentata (e ritirata poi) dalla Lega e del discorso di Conte che ha chiuso la questione annunciando le proprie dimissioni: se approvata, la mozione del PD, avrebbe avuto un preciso risultato, evitare che Salvini, come Ministro degli interni in carica, sia pure con i poteri limitati all’ordinaria amministrazione, gestisse le elezioni. Timore di brogli? No, timore di una campagna elettorale che il ministro degli interni avrebbe potuto confondere con gli atti del suo Ufficio, come ha abbondantemente dimostrato di essere capace di fare: ne sarebbero conseguite la spettacolarizzazione della lotta all’immigrazione e la difesa ad oltranza del c.d. ordine pubblico, la repressione del dissenso, le passerelle in divisa… cose, ahimè, tutte già viste.

Se il nuovo governo Conte riuscirà a passare la cruna dell’ago, tutto ciò sarà scongiurato, perché sarà il nuovo ministro degli interni a gestire le elezioni. Anche se il nuovo governo Conte dovesse essere bocciato in parlamento alla votazione della fiducia, quello sarebbe il governo che gestirà le elezioni. Ma la prospettiva è tremenda e ci lascia senza fiato.

Il nuovo governo deve non solo nascere, ma anche durare il tempo necessario a realizzare gli obiettivi di cui in questi giorni si sta discutendo. Tutela dell’ambiente, lavoro giovanile e ricerca scientifica, istruzione e rilancio dell’economia son i temi veri che stanno a cuore dell’elettorato, il cui sguardo va distolto dalla grancassa che intona i falsi allarmi sulla sicurezza e sul pericolo dell’invasione straniera, slogan che animavano la passerella di Salvini: e sono tutti temi urgenti e molto seri che vanno affrontati in accordo con i partner e le istituzioni europee, i quali non possono essere additati come la causa dei problemi italiani, ma devono essere parte della loro soluzione. Perché queste politiche possano essere avviate e diano i loro primi risultati ci vuole però tempo: è il tempo che può sanare le ferite aperte dalla dissennatezza di Salvini e del bullismo; mentre la precarietà del nuovo governo sarebbe il regalo politico più bello che si potrebbe fare alla Lega, che potrebbe affrontare le elezioni imputando agli altri lo sfascio provocato dalla sua azione di governo. Ma il tempo è condizionato dalla tenuta dell’accordo non tanto tra i due partiti che stanno scrivendo il programma, ma tra le molte anime che convivono al loro interno. Quello che può essere catastrofico è il risorgere della conflittualità interna ai partiti, della lotta tra i galli nel pollaio, del bisogno di farsi notare come l’esponente più critico dell’azione o della inazione del governo. È una tendenza che i 5S hanno già da tempo iniziato ad avvertire ma che nel PD è storica e ha portato alla sua ripetuta sconfitta elettorale. È una tendenza suicida che pare insuperabile (come mostra la decisione di Calenda di uscire dal PD e dar vita a una nuova formazione politica) in un partito che è fatto di vertici (i galli, appunto): forse anche questo tipo di comportamento potrebbe rientrare nel bullismo politico. Purtroppo si è perso quello che fa di una lista elettorale un partito capace di controllare il testosterone dei suoi leader: la base popolare e le articolazioni territoriali. Ricostruirle richiede molto tempo e parecchia intelligenza.

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3 commenti su “Con il fiato sospeso”

  1. Egregio Professore che ha scritto l’articolo , le auguro di essere sempre così lucido e verde per il bene di tutti.
    AUGURI e sempre avanti
    a sue nuove e ottime letture
    una cittadina qualunque

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  2. Giustissimo, solo che il bullismo (= la forza e le forzature sopra la legge, in assenza di istituzioni idonee e persone capaci di farle prevalere) e il populismo (l’invocazione della volontà del popolo contro le forme e le condizioni costituzionali) in Italia è iniziato ben prima, con Berlusconi. E come dovremmo catalogare Renzi?

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