Il Decreto proroga emergenze Covid. Una piccola legge con grandi criticità

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di Gianluca De Filio

Il decreto legge 30 luglio 2020, n.83, recante misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da Covid-19 deliberata il 31 gennaio 2020, è un provvedimento che potremmo definire di “coordinamento” della legislazione emergenziale.

La sua finalità, infatti, è quella di prorogare al 15 ottobre 2020 l’efficacia di una lunga serie di disposizioni inserite nei decreti legge adottati nel periodo che va da marzo a maggio, alla luce della proroga dello stato di emergenza dichiarata dal Consiglio dei ministri con la delibera del 29 luglio.

L’aspetto sorprendente di un provvedimento normativo di mera routine, come quello in commento, consiste nelle rilevanti criticità di natura tecnico-normativa di varia natura che contiene al suo interno. Un livello di qualità talmente basso emerge dall’opera del Legislatore governativo da imporre un’attenta quanto preoccupata riflessione.

La criticità più nota del “decreto proroga emergenza”, perché assurta all’onore delle cronache, riguarda la disposizione contenuta all’articolo 1, comma 6. La norma novella a regime gli articoli 4, comma 5, 6, comma 7, e 7, comma 7, della legge 3 agosto 2007, n. 124, recante disposizioni sul sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto. Nello specifico le tre novelle modificano le attuali norme in materia di rinnovo dell’incarico rispettivamente del direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), del direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise), e del direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi). La normativa vigente, seppure con formulazione non felice dal punto di vista della chiarezza prevede in tutte e tre i casi che “l’incarico ha comunque la durata massima di quattro anni ed è rinnovabile per una sola volta”. Le modifiche proposte, sempre in tutte e tre le novelle, danno vita alla seguente disposizione “l’incarico ha comunque la durata massima di quattro anni ed è rinnovabile con successivi provvedimenti per una durata complessiva massima di ulteriori quattro anni”.

Non entrando nel merito del contenuto della modifica normativa, che pure produce un effetto rilevante sulle procedure di rinnovo dei vertici dei servizi di intelligence, è di tutta evidenza che la materia relativa ai servizi segreti non abbia alcuna attinenza, ne sia in minima parte correlata, con la materia e la finalità del decreto legge, configurandosi dunque come una norma intrusa a tutti gli effetti.

Sulla totale assenza di omogeneità dell’intervento operato a regime sulle modalità di rinnovo dell’incarico dei vertici dei servizi di intelligence, rispetto al resto del contenuto del decreto legge, si pronuncia anche il servizio studi della Camera dei Deputati, quando nel dossier dedicato al provvedimento scrive “Considerata la portata della modifica del comma 6, che interviene a regime sulla procedura di nomina di cui alla legge n. 124 del 2007, si valuti l’opportunità di modificare il titolo del decreto-legge”, sottolineando tecnicamente come la disposizione si ponga al di fuori del perimetro delineato dal titolo del decreto legge.

Se nel caso di specie è alquanto manifesto che il legislatore governativo non sembra resistere alla sindrome dell’autobus che passa e sul quale caricare ciò che necessita, ricorrente non solo da parte del governo, merita un supplemento di riflessione la natura particolare del decreto legge e la tempistica dell’esame parlamentare.

Come detto, intervenendo sullo stato di emergenza prodotta dall’epidemia da Covid-19 e prorogando misure già in vigore, la maggior parte delle quali in ambito sanitario, il provvedimento è dotato di una forza politica tale da blindarne il contenuto e il suo esito, non solo nei confronti dell’opposizione ma anche da eventuali attacchi della maggioranza stessa.

Inoltre la natura “routinaria” del provvedimento e la tempistica del deposito in parlamento hanno prodotto le basi per un esame in commissione Affari sociali della Camera, che non ha alcuna competenza in materia di intelligence, estremamente veloce con deposito effettuato il 30 luglio, con il termine per la presentazione delle proposte emendative fissato al 4 agosto, immediatamente dopo l’unica seduta di incardinamento del provvedimento e con il voto del mandato al relatore espletato il giorno successivo 5 agosto.

L’intervento in materia di intelligence non costituisce la criticità maggiormente rilevante dal punto di vista tecnico normativo.

Come certificato dal parere, tanto severo quanto prezioso del comitato per la legislazione della Camera del 4 agosto, nel procedere alla proroga di alcuni articoli dei decreti legge 19/2020 e 33/2020, il legislatore non ha posto la minima attenzione al coordinamento delle disposizioni prorogate.

I due decreti legge sono stati i due atti normativi di rango primario che, rispettivamente per la fase del lockdown e in quella definita fase due, hanno dettato una serie di norme generali e di principio la cui attuazione è stata demandata ad una serie di decreti del presidente del consiglio dei ministri.

Il decreto 19, varato nella fase ascendente dei contagi, prevedeva che “su specifiche parti del territorio nazionale, ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso” si potesse disporre “la limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo limitazioni alla possibilità di allontanarsi dalla propria abitazione, domicilio o dimora” (articolo 1, comma 1 e comma 2, lettera a). Al contrario il decreto 33 varato quando la curva epidemica si stava stabilizzando, prevedeva che “ a decorrere dal 18 maggio 2020, cessano di avere effetto tutte le misure limitative della circolazione all’interno del territorio regionale” (articolo 1 comma 1).

Nel caso sopra riportato, come anche in materia di svolgimento di manifestazioni e iniziative di qualsiasi natura, comprese anche quelle religiose, le disposizioni del decreto legge 19/2020 erano state implicitamente abrogate dal successivo decreto legge 33/2020.

La proroga contestuale al 15 ottobre, disposta dal decreto legge in commento all’articolo 1, comma 1 del dl 19/2020 e all’articolo 3, comma 1, del dl 33/2020 ha posto un non trascurabile problema di coordinamento tra norme di opposto tenore e, in alcuni casi, in aperto contrasto tra loro.

Tale criticità è stata opportunamente sanata nel corso dell’esame in commissione a seguito dell’approvazione dell’emendamento 1.02, presentato a firma di alcuni deputati membri del Comitato per la legislazione, che ha stabilito che le norme del decreto legge 19/2020 si applicano nei limiti della loro compatibilità con quanto stabilito dal decreto legge 33/2020.

Vi è poi, infine, un’ultima criticità, che riguarda la qualità normativa sotto il profilo della semplicità e della chiarezza, anche questa segnalata dal parere del Comitato per la legislazione della Camera. L’articolo 1, comma 3, del decreto legge dispone la proroga al 15 ottobre 2020 dei termini previsti da una lunga serie di disposizioni legislative riportate in un elenco allegato al decreto stesso.

Le norme prorogate non sono, dunque, modificate testualmente con la tecnica della novella, come tra l’altro previsto dalla circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001 sulla formulazione tecnica dei testi legislativi, bensì con una modifica implicita operata da una disposizione legislativa successiva.

La legislazione emergenziale relativa alla pandemia, avendo toccato tutti i settori, dal lavoro alla salute, dall’economia al fisco, dal welfare alle attività produttive, dalla giustizia ai trasporti, e per ogni settore essendo stata modificata più volte di provvedimento in provvedimento, è già di per se stratificata e, in alcuni casi di difficile interpretazione. Prevedere, come fa il decreto emergenze solo per alcune numerose disposizioni una proroga dell’efficacia, senza però procedere ad una modifica testuale, bensì rinviando ad un ulteriore provvedimento, rischia di rendere più intricata la giungla normativa a tutto danno dell’utente, nel caso di specie milioni di cittadini, che già faticano a trovare la via d’uscita.

Si potrebbe obiettare, che trattandosi di un decreto legge, dunque un atto necessario e urgente, il governo non ha avuto il tempo di procedere alla modifica puntuale di tutte le disposizioni prorogate. Un’obiezione che è difficile accogliere perché, al di là della data temporale in cui è stata deliberata la proroga dello stato di emergenza, anche a seguito di un dibattito parlamentare, della proroga si parlava da tempo e il suo esito era scontato. Gli uffici avrebbero avuto certamente la possibilità di preparare tutte le disposizioni di proroga necessarie, in forma di novella testuale, come avviene normalmente con l’annuale decreto proroga termini, ma probabilmente è mancata la volontà, in questo caso politica.

Probabilmente, anche per facilitare un veloce esame parlamentare che, complice la concomitanza con le ferie estive, non incentivasse il deposito di un gran numero di emendamenti, si è ritenuto che un testo formalmente molto snello, e di fatto di un solo articolo, fosse indispensabile. Ovviamente, ancora una volta, a spese della qualità e della chiarezza della legislazione prodotta.    

 

 

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1 commento su “Il Decreto proroga emergenze Covid. Una piccola legge con grandi criticità”

  1. Per favore, finiamola di usare il gergo giornalistico in ogni dove: termini o espressioni come criticità, problematica, da remoto, quello/a che è, piuttosto che, la quadra – e tanti altri – andrebbero evitati. Confido in voi. Grazie

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