Una decisione solo apparentemente semplice

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di Giovanni Di Cosimo

La decisione sul taglio dei parlamentari è solo apparentemente semplice. Ogniqualvolta si tocca la Costituzione si provocano infatti importanti effetti sistemici. Per esempio, il taglio lineare da 945 a 600 altera gli equilibri nel collegio per l’elezione del Presidente della Repubblica, visto che a fronte della drastica riduzione dei parlamentari resta ferma la componente dei delegati regionali. Per decidere consapevolmente è perciò importante approfondire le ragioni in campo, con la consapevolezza che ci sono buone ragioni da una parte e dall’altra. E con la consapevolezza che non è in pericolo la democrazia, che comunque vada resterà salda.

Meno costi – Nella relazione che accompagna la legge costituzionale si legge che il taglio serve a ridurre i costi della politica. Come ha detto un autorevole sostenitore del taglio, si tratta di una “motivazione fasulla” (Onida). Risparmiare sul funzionamento della democrazia è a dir poco miope.

Più efficienza – Più appropriato è il secondo argomento di cui parla la relazione. Ma la riduzione dei parlamentari di per sé non migliora il processo decisionale. Dopo occorrerà cambiare i regolamenti parlamentari, mettendo mano alle regole sui gruppi, sulle commissioni, sulle procedure. Tutte cose, per inciso, che si potrebbero ben fare anche a quota 945. Senza questa vasta riforma non cambierà granché. Soprattutto, bisognerebbe rimuovere la principale causa del cattivo funzionamento della macchina parlamentare. Fintanto che resterà il bicameralismo paritario, il sistema rischia di girare a vuoto. Solo differenziando i compiti delle due camere si può sperare di aumentare significativamente l’efficienza del sistema.

 Meno rappresentanza – Il taglio comporta un effetto maggioritario per cui le formazioni politiche minori saranno penalizzate, in particolare al Senato. Il rimedio passa per la modifica della legge elettorale, sempre che vi siano le condizioni politiche per cambiarla ancora una volta. Il taglio incide anche sulla rappresentanza dei territori. Se consideriamo il rapporto tra senatori i e popolazione, si vede che la modifica costituzionale penalizzerà alcune regioni piccole (Umbria e Basilicata per es.) e ne favorirà altre (Molise e Valle d’Aosta), ma va detto che anche ora vi sono sperequazioni territoriali.

 Allineamento agli altri Paesi – Per valutare questo argomento bisogna prendere Paesi simili al nostro e considerare il numero dei parlamentari in relazione alla popolazione. I risultati della comparazione non sono risolutivi: dopo il taglio l’Italia avrà un dato inferiore a Francia e Spagna, ma superiore alla Germania (dove la seconda camera ha un numero limitato di componenti perché è composta dai membri dei governi dei Länder).

 Conseguenze politiche – Alcuni pensano che la vittoria del no farebbe cadere il governo. Questa posizione ha il difetto di concentrarsi su un possibile effetto politico del referendum, piuttosto che sul contenuto della modifica costituzionale. Inoltre, enfatizza il problema, dal momento che non c’è nessun automatismo fra referendum e durata dell’esecutivo. È vero, dopo il referendum del 2016 il governo è caduto, ma in quel caso il Presidente del Consiglio si era molto speso in prima persona, sicché fu inevitabile che si dimettesse. Niente di tutto questo sta accadendo ora.

 Rapporto di fiducia – Altri pensano che il successo del no allargherebbe il fossato fra cittadini e Parlamento che ha approvato nella quarta lettura la modifica a larga maggioranza. Questa legittima preoccupazione trascura che il referendum è lo strumento nelle mani degli elettori per opporsi alla decisione parlamentare. È la Costituzione che consente alla volontà degli elettori (anche di una minoranza, visto che non prevede il quorum) di prevalere su quella del Parlamento.

 Antiparlamentarismo – Il taglio lineare è parte di un disegno comprendente l’iniziativa legislativa popolare e il vincolo di mandato. Nel loro assieme le tre proposte veicolano un giudizio critico sulla democrazia parlamentare alla quale viene contrapposta la democrazia diretta esercitata per mezzo di piattaforme digitali. Ora che sul tavolo è rimasto solo il taglio lineare, bisogna capire se abbia effettivamente perduto l’iniziale coloritura antiparlamentare. Alla fine, questo è il punto decisivo: il rischio di indebolire ulteriormente il Parlamento.

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