Nessun parlamentare è un’isola: green pass ed elezione del Presidente della Repubblica

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di Alessandro Lauro

Con l’ordinanza n. 15/2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni parlamentari sardi e siciliani, sprovvisti del green pass, diretto contro il decreto-legge 30 dicembre 2021 n. 229. In particolare, deputati e senatori isolani contestavano l’art. 1, comma 2 del decreto che ha imposto il c.d. “super green pass” (rilasciato solo a seguito del vaccino o di guarigione dalla malattia, dunque non del tampone) per accedere ai mezzi pubblici. I ricorrenti osservavano che questa norma impediva loro di recarsi a Roma per svolgere le proprie funzioni, fra le altre la partecipazione alle imminenti elezioni del capo dello Stato.

La Corte dichiara inammissibile il conflitto perché i ricorrenti non hanno saputo evidenziare una “lesione manifesta” delle loro attribuzioni e ciò perché la norma contestata era diretta all’intera collettività (in senso simile si era espressa poco tempo prima, nell’ord. n. 256/2021 sull’applicazione del green pass semplice alle Camere).

I giudici costituzionali osservano, però, che le attribuzioni sono attinte solo “in via fattuale e di riflesso” dal decreto-legge, ma compete comunque agli organi delle Camere, nel rispetto della legislazione vigente, garantire l’esercizio di tali attribuzioni “considerato il rilievo degli attuali impegni politico-parlamentari”.

Ma la storia non finisce qui: nella Gazzetta Ufficiale del 21 gennaio 2022 è stato pubblicato il decreto legge 21 gennaio 2022 n. 2, ribattezzato – nello stesso comunicato del Consiglio dei Ministri – “decreto Grandi elettori”. Rispondendo ad una sorta di “supplica” parlamentare esternata in due ordini del giorno approvati dalla Camera il 18 gennaio scorso – doverosamente richiamati nel suo preambolo –, il decreto d’urgenza stabilisce alcune deroghe all’attuale regime di sorveglianza sanitaria dei positivi al Covid-19, onde consentire la partecipazione di tutti quei “grandi elettori” (parlamentari e delegati regionali) agli scrutini che, a partire dal 24 gennaio, tenteranno di individuare il successore di Sergio Mattarella. Dunque, per evitare che un gran numero di membri del collegio elettorale non potesse prendere parte alle votazioni – con un rischio non indifferente sul raggiungimento dei quorum fissati dall’art. 83 Cost. – si è organizzato un seggio drive-in, che consenta ai positivi di esprimere la loro preferenza, mantenendo alcune accortezze.

I grandi elettori – anche se teoricamente soggetti al regime dell’isolamento o della quarantena – sono autorizzati a spostarsi nel territorio nazionale per recarsi al seggio loro dedicato. Resta fermo il divieto di utilizzare mezzi pubblici (art. 1, comma 2, lett. a). Ebbene, dalle inequivoche disposizioni del decreto sono ancora esclusi i parlamentari isolani no-pass, a cui potrebbero invero aggiungersi i loro colleghi che – anche se vaccinati – risultassero positivi nelle isole e non avessero a disposizione un piccolo traghetto o un jet privato per raggiungere Roma.

Si tratta di una rottura senza precedenti del principio di uguaglianza fra gli elettori presidenziali, tanto più grave nei confronti dei parlamentari, ciascuno dei quali (art. 67 Cost.) rappresenta la Nazione senza vincoli di mandato. Se nei casi precedenti la Corte costituzionale ha avuto buon gioco (ord. n. 256/2021) a sottolineare che il parlamentare deve adeguarsi alle regole valide per tutti, attivandosi semmai per modificarle (seppur si potrebbe obiettare: come può modificarle, se non può entrare nelle Camere?), qui si crea, per via d’omissione, una diversità di trattamento della quale non è possibile vedere il logico fondamento (che certo non può essere l’utilizzo di “mezzi pubblici”: non sarebbe possibile trovare una piccola cabina per isolare un positivo o un non vaccinato su un traghetto che fra la spola fra la Sardegna e Livorno?). Peraltro – ferma ovviamente la natura di deroga temporanea alla politica vaccinale intrapresa – ammettere su un mezzo di trasporto un soggetto non vaccinato che fosse testato negativo dovrebbe tendenzialmente comportare meno rischi per la salute pubblica di un soggetto positivo comunque autorizzato a muoversi.

Potrebbe avanzarsi l’ipotesi in extremis del voto elettronico a distanza: il problema è che, non avendolo previsto in via generale per tutti gli elettori impossibilitati a recarsi a Roma, autorizzare uno sparuto numero a votare online non consente di garantire in maniera sufficiente la segretezza del voto (un conto è raccogliere cinquanta voti, altro averne cinque…).

La sciente esclusione di una parte – ancorché minima: ma la democrazia costituzionale non si fonda forse sulla tutela delle minoranze? – di elettori presidenziali, nel momento in cui si è deciso di garantire il voto di (quasi) tutti tramite una deroga alle regole valevoli per la collettività, getta un’ombra troppo grave su un procedimento volto ad eleggere il “rappresentante dell’unità nazionale”. Tanto più grave nella misura in cui il decreto non sarà convertito prima della conclusione delle operazioni, impedendosi così una sua modifica (in effetti, il Senato è convocato per la “comunicazione della presentazione di un disegno di legge di conversione”, ma le attività saranno sospese nel corso delle sedute comuni delle Camere).

In una magistrale sentenza del 1995 (n. 161), la Corte costituzionale – relatore Enzo Cheli – sottolineava che la configurazione temporale nell’adozione del decreto-legge era foriera di rischi consistenti quanto alle possibilità di tutela, «[r]ischi, questi, suscettibili di assumere connotazioni ancora più gravi nelle ipotesi in cui l’impiego del decreto-legge possa condurre a comprimere diritti fondamentali (e in particolare diritti politici), a incidere sulla materia costituzionale, a determinare – nei confronti dei soggetti privati – situazioni non più reversibili né sanabili anche a seguito della perdita di efficacia della norma. In tali ipotesi, certamente deprecabili – ma suscettibili di manifestarsi non soltanto attraverso l’impiego della decretazione d’urgenza – il ricorso allo strumento del conflitto tra i poteri dello Stato può, dunque, rappresentare la forma necessaria per apprestare una difesa in grado di unire all’immediatezza l’efficacia».

Una parte della dottrina ha scritto  che in questa sentenza il giudice costituzionale stava “riflettendo ad alta voce” (Cicconetti): insomma, un’astratta evocazione di casi-limite. Ma la storia repubblicana ci ha mostrato – e forse ci mostrerà in un prossimo futuro – che i “casi di scuola” non esistono. E questo sembrerebbe essere proprio uno di quei casi-limite che si vorrebbero impossibili, ma che una volta realizzatisi occorre, quantomeno, affrontare.

La vignetta è di Altan
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4 commenti su “Nessun parlamentare è un’isola: green pass ed elezione del Presidente della Repubblica”

  1. Imbarazzante.
    Non si deroga una personna SANA a circolare e si trova una deroga per permettere di circolare a persone infettate.
    La possibilità di votare tramite drive-in è evidentemente insostenibile perchè l’elezione tipicamente non avviene in poche ore. Com’è possibile garantire che chi si sposta in macchina da ogni parte d’Italia che non avrà alcuna necessità fisiologica di uscire dall’auto per tutto il tragitto verso Roma e ritorno?
    E se non si ha una maggiornaza alla prima votazione (cosa più certa che probabile) aspettiamo che gli infettati tornino ogni volta a casa?
    Parlare di salute pubblica da parte di questo governo diventa sempre più imbarazzante.

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  2. La collusione delle massime cariche dello Stato nelle continue violazioni della costituzione è del tutto evidente. Da qualche lustro una norma penale, l’articolo 283 c.p., che sanciva il reato di attentato alla costituzione è stata modificata per punire solo chi la attenta con mezzi violenti. Lasciando liberi di stuprarla gli altri attentatori che cospirano e agiscono contro di essa senza usare le armi. Il risultato della modifica di questa norma di tutela della costituzione è sotto gli occhi di tutti. Oggi la loggia massonica P2 sarebbe libera di perseguire il suo piano eversivo. Rappresentanti della nazione trattati come untori e impediti di esercitare le loro prerogative come accadde nel 33 quando le camicie brune impedirono ai deputati tedeschi dell’opposizione di entrare al reichstag per votare contro i pieni poteri a Hitler. La corte costituzionale che respinge le loro legittime istanze. Un paese spaccato dal suo governo che introduce la segregazione e impedisce ai connazionali delle isole di muoversi e a tutti i non vaccinati con terza dose (beninteso non solo ai contagiati) di accedere quasi ovunque. I massimi vertici dello stato che cospirano apertamente per violare la costituzione trasformandola da parlamentare in semiresidenziale. Azioni che vengono spudoratamente compiute senza che la magistratura intervenga perché privata degli strumenti come il disposto originario dell’art.283 c.p. o per lo scudo penale che tutela chiunque causi morti utilizzando vaccini ma anche perché apparentemente inerte di fronte alle altre innumerevoli violazioni compiute dalle autorità nei due anni di “emergenza”.

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  3. Sarebbe interessante vedere un’applicazione dei principi espressi nel caso dell’on. Cunial.
    Che ne pensano i costituzionalisti di vaglia?

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