Cosa nasconde la suggestione del ritorno di Draghi

di Antonio D’Andrea

Trovo stucchevole voler evocare, dopo il voto politico, la riedizione del Governo Draghi sostenuto da una maggioranza di unità nazionale con il coinvolgimento, a differenza di quanto accaduto nella scadente legislatura, del partito della Meloni, sul presupposto che si possa considerare partito di maggioranza relativa (estromettere in tal caso Fratelli d’Italia non sarebbe in sintonia con il dichiarato intento “unitario”).

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“Tassi di classe”: la lotta della BCE all’inflazione

di Andrea Guazzarotti

Dopo la FED, finalmente anche la BCE ha rotto gli indugi e ha alzato il tasso d’interesse di ben 75 punti base. Non sappiamo se si tratta della ripetizione dell’errore fatale di Trichet nel 2011 (rialzare i tassi, dinanzi a chiari segnali di recessione in Europa, per placare le ansie tedesche sull’inflazione: Mody).

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Presidenzialismo in Italia: tecnocrazia francese o populismo argentino?

 di Andrea Guazzarotti

Il “vincolo esterno” costituito dall’UE e dall’euro si è avvalso, almeno a partire dalla formazione del governo Monti nel 2011, della fattiva collaborazione del Presidente della Repubblica. Questa centralità del Capo dello Stato, inedita in un sistema parlamentare funzionante, ha prodotto due esiti: oltre ad attrarre su di sé gli strali delle forze “populiste” (specie alla formazione del governo “Conte 0” e alla fine del Governo Conte 1), ha anche rafforzato il progetto delle destre “tradizionali” di una revisione costituzionale in senso presidenziale.

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Pericolo di estinzione umana e interpretazioni giuridiche

di Michele Carducci

Il primo agosto 2022, è stato pubblicato, sui prestigiosi PNAS, un articolo a dir poco inquietante, introdotto dal titolo: Climate Endgame: Exploring catastrophic climate change scenarios. La sua uscita è stata annunciata persino da alcune testate giornalistiche e televisive (evento quasi unico nel panorama dell’informazione italiana).

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Gli elettori “fuori sede” possono attendere

di Alessandro De Nicola*

La fine anticipata della XVIII legislatura ha definitivamente chiuso ogni spiraglio per vedere finalmente approvata una riforma della legge elettorale volta a introdurre forme alternative al voto in presenza nel giorno delle elezioni.

Già diverse volte tra le pagine di questo blog si è affrontato il tema del voto ai “fuori sede”, coloro che per le più diverse ragioni vivono in un comune diverso da quello nel quale hanno la residenza anagrafica.

In questa legislatura si sono registrati significativi passi avanti, che hanno accresciuto la consapevolezza della politica su un tema così importante. Si pensi al Libro bianco sull’astensionismo elettorale elaborato dalla Commissione istituita presso il Ministero per i rapporti con il Parlamento e presieduta dal prof. Franco Bassanini. In aggiunta, la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati aveva ultimamente ripreso a esaminare le diverse proposte volte a introdurre degli strumenti per consentire l’esercizio del voto a distanza.

Il caso vuole che proprio nel giorno in cui si scrive, 25 luglio 2022, la Camera dei deputatiavrebbe iniziato a esaminare predette iniziative legislative, partendo probabilmente da un nuovo testo base, alla cui elaborazione stavano lavorando sia il Ministero per i Rapporti con il Parlamento che il Ministero dell’Interno.

Ebbene, prendiamo atto che in occasione delle elezioni del 25 settembre prossimo, studenti e lavoratori fuori sede dovranno ancora una volta sostenere enormi costi sia in termini economici, che organizzativi per far ritorno nel luogo di residenza, al fine di poter esprimere validamente il proprio suffragio per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Si tratta di ostacoli all’esercizio del voto che sarebbe compito della Repubblica rimuovere al fine garantire l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica del Paese (art. 3, comma 2 Cost.).

Il sistema di voto attualmente vigente, oltre ad essere anacronistico è senza dubbio paradossale. Per le prossime elezioni politiche uno studente che si raca all’estero per svolgere un Erasmus potrà votare per corrispondenza; un suo collega che, invece, dopo aver finito gli studi superiori decide di spostarsi in una città universitaria italiana, molto lontana da quella di provenienza, dovrà necessariamente far ritorno nel luogo di residenza per esercitare il proprio voto. Infatti, la legge 6 maggio 2015, n. 52 (cd. Italicum) ha introdotto, tra le altre cose, un una modifica alla legge 27 dicembre 2001, n. 459, con l’inserimento di un nuovo art. 4-bis. Quest’ultimo, al primo comma, ha esteso il voto postale, già previsto per i nostri connazionali stabilmente all’estero e iscritti all’AIRE, anche agli italiani che si trovino in un altro Paese per “motivi di lavoro, di studio e di cure mediche” per un periodo di almeno tre mesi, nel quale ricade la data di svolgimento della consultazione. La modifica del 2015 crea un evidente controsenso, viziato forse da irragionevolezza, dal momento che si trattano situazioni uguali (essere elettori in mobilità) in modo diverso. Si ricordi, tra l’altro, che l’art. 48, comma 3, impone al legislatore di garantire l’effettività dell’esercizio del voto (su cui secondo alcuni si può trovare il fondamento per l’ammissibilità del voto per corrispondenza) solo agli elettori italiani residenti all’estero. Orbene, per quanto sia stato giusto estendere tale facilitazione anche a coloro che si trovino temporaneamente all’estero, sarebbe altrettanto giusto, anzi doveroso, prevedere delle agevolazioni – non solo economiche – anche per gli elettori in mobilità sul territorio nazionale.

In conclusione, se, con tutte le differenze tra gli ordinamenti, già durante le elezioni presidenziali statunitensi del 1864 venivano impiegate forme di absentee voting, l’Italia del 2022 dovrà ancora attendere. Tuttavia, il prezzo dell’attesa è molto alto. Ne va dell’effettivo esercizio di un diritto fondamentale, pietra angolare della cittadinanza democratica.

* Dottorando in Discipline giuridiche nell’Università degli Studi «Roma Tre»

Il voto dei fuorisede: una vergogna italiana a cui non si intende rimediare

di Roberto Bin

E’ passato giusto un anno da quando, nell’imminenza delle elezioni calabresi e in alcune città, pubblicammo un’aperta denuncia dello stato di passività delle istituzioni parlamentari in relazione a un tema di primissimo rilievo in ogni sistema democratico: come consentire la partecipazione al voto dei cittadini “non residenti”.

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