Argante e il vaccino – Il totem del green pass, l’uguaglianza e la libertà

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di Claudio Tani

Ho soltanto da imparare dalla discussione in corso e non mi azzardo all’analisi critica del documento dell’Osservatorio per la legalità costituzionale pubblicato da Questione Giustizia “Dovere costituzionale e comunitario di disapplicazione del decreto green pass”.

 1.Il rumore di fondo: hic Rhodus hic saltusUna novità delle proporzioni della pandemia da covid avrebbe potuto costituire la svolta per una critica aspra alla società, al rifiuto della scienza “ufficiale” che si trasforma in rifiuto della scienza tout court. Invece ha provocato una spirale nevrotica nelle società (sempre meno) ricche composte da uomini ossessionati dalla paura di ammalarsi, persino di invecchiare. L’uomo occidentale contemporaneo è insieme Argante, Alceste e Arpagone. Quanto a Tartuffe il ceto politico ci offre icone quotidiane.

Le reazioni alla pandemia hanno reso evidente la forza della superficialità di alcuni aspetti della vita sociale. Si è discusso di più per la riapertura di discoteche, ristoranti, stadi, eventi, che non per la riapertura di scuole e università (tanto c’è la dad), di uffici (tanto c’è lo smart working), di tribunali (tanto c’è la giustizia digitale), di fabbriche, di sicurezza nei luoghi di lavoro. In certi momenti è sembrato che il diritto a un caffè a tavolino fosse la questione più importante.

C’è un non detto alla base della discussione su privacy e libertà (non solo) individuale, tra chiusure e riaperture, tra la mia libertà e il mio diritto di autodeterminarmi, di muovermi, di insegnare e di studiare, di lavorare e il potere dello Stato di controllarmi.  Esso consiste nel fatto che a monte dei problemi di bilanciamento tra diversi interessi e diritti e i precetti costituzionali che li tutelano, o tra questi e la normativa europea, c’è un problema di ricognizione dei fatti concreti coperti dal rumore di fondo che mistifica la realtà scientifica e inganna anche persone non per forza ignoranti, ma convinte (l’intelligenza di ognuno è vulnerabile) di poter giudicare da sé su ogni argomento. Il fossato da attraversare (hic rhodus hic saltus) è il contrasto tra società “incivili” e scienza ufficiale.

I tempi troppo diversi della ricerca scientifica e della comunicazione hanno favorito la diffidenza nei confronti della prima. Individuato in Big Pharma  l’esponente della scienza “ufficiale” interessato solo al profitto, sembrano dimenticati i disastri storici (vicenda “Stamina”) causati dai metodi criminali della scienza “non ufficiale”. La scienza ufficiale e Big Pharma non possono esibire un immacolato altruismo. Per questo i sistemi occidentali si sono dotati di Agenzie “convenzionalmente” indipendenti (non innocenti) per il controllo dei farmaci prima dell’immissione nel mercato.  

Nella situazione di urgenza drammatica di fronte a un fenomeno dalla velocità diffusiva di tali proporzioni, la scienza ufficiale è stata sottoposta a uno stress mai visto prima per produrre un rimedio dichiaratamente provvisorio, ma universalmente somministrabile. E’ programmata, e in alcuni paesi già in corso, la somministrazione di terze e quarte dosi. I “vaccini” attuali sono il prodotto di una brevissima fase sperimentale chiusa in “stato di necessità”, seguita dall’applicazione di massa (nell’occidente sviluppato) a oltre un miliardo di persone. Il problema è lo stop ai brevetti per poter vaccinare in fretta tutto il mondo. Ma l’Europa, come spesso le capita si mette di traverso.

Comunque si è concluso, su immensa scala e in tempi imprevedibili, un processo di istruzione “preventiva”, indispensabile per decidere le prime cautele non definitive rese disponibili dallo stato della ricerca. La scienza ufficiale non ha ancora scoperto i mezzi in grado di suscitare una risposta immunitaria attiva definitiva e sicura a uno stato di pericolo in continua evoluzione. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà ed è assurdo pretendere una data di fine indagini.

2. La responsabilità per danni e l’indeterminatezza del nesso causale –  Sul versante della responsabilità per i danni alla salute, riconducibili alla somministrazione degli attuali “vaccini”, forse il penalista direbbe che siamo in una fase in cui è impossibile offrire una risposta universale e individuare un sicuro accertamento del nesso causale, data la quantità e l’indeterminatezza di condizioni implicate nel produrre il temuto evento negativo. Si impone il ricorso a leggi statistiche e quindi di carattere probabilistico sulla base degli elementi di prova che man mano si raccolgono.

Si pone un problema. Il decreto legge, ossia un atto soggetto a decadenza con tutte le relative complicazioni, è stato usato per ottenere in tempi contingentati, con un programma vaccinale di centinaia di migliaia di persone al giorno, il loro libero” consenso parzialmente informato e per esonerare lo Stato da responsabilità per le conseguenze di eventi negativi sulla salute di ognuno, indotti da un farmaco del quale dichiaratamente sono sconosciuti gli effetti di lunga durata. Proprio per tale essenziale motivo non è stato reso obbligatorio e si è preferito insistere per la dichiarata funzione sociale utilitaristica dell’operazione su larga scala. Però chi si rifiuta è soggetto a stringenti limitazioni ai suoi diritti in ambito civile, sociale e di lavoro. La prima domanda è allora: è completamente libera e quale validità può avere la mia manifestazione di volontà nelle condizioni date?

3. La manifestazione di volontà – Se assumo un farmaco su prescrizione del mio medico, la mia volontà è sicuramente libera perché confido nella sua responsabilità professionale, nella conoscenza del mio stato e che non subirò gli effetti negativi scritti nel “bugiardino”. E so che in caso di malaugurata sua colpa professionale potrò perseguirlo penalmente e civilmente. Così ben so quali rischi, altrettanto liberamente, corro se non seguo la cura.

Qui il medico è lo Stato e, data la dichiarata “problematicità” degli effetti di medio e lungo periodo sulla “mia” salute del “vaccino”, non mi obbliga, ma mi “incalza” ad assumerlo.  

Ai tempi della tragedia del Talidomide non vi erano conoscenze sufficienti del meccanismo di produzione del fenomeno e la spiegazione statistica fu sufficiente per individuare il nesso causale penalmente rilevante. Oggi, nonostante che il campione statistico (i vaccinati con prima e seconda dose) sia molto esteso, non si ritiene ancora possibile offrire una garanzia universale a lungo termine idonea ad introdurre l’obbligo ex lege e a scongiurare obblighi indennitari o risarcitori per danni derivanti dalla somministrazione.

Non è questa la sede per approfondire se trattasi di questioni di indennizzo o di risarcimento. La giurisprudenza pretoria è affollata di decisioni sulla l. n.210/1992. La Corte costituzionale (dec. n. 118/2020) ne ha dichiarato l’illegittimità dell’art.1 per la mancata previsione dell’indennizzo per i danni da vaccinazioni “non obbligatorie”. Il problema è la prevedibilità del danno (ossia la colpa) da parte di chi ha somministrato il vaccino, in questo caso lo Stato, che confessa che al momento “non è possibile” prevedere gli effetti a lunga distanza. Vi sarà soltanto il diritto all’indennizzo o qualcuno aprirà anche la strada all’affermazione della responsabilità aquiliana? La dimostrazione del nesso causale graverà, come è ovvio, sempre e soltanto sul danneggiato. Ma secondo quale criterio? Quello del più probabile? 

4. Il consenso al buio – Infatti, per essere “vaccinato”, condividendo quindi la funzione sociale utilitaristica dell’operazione, sono obbligato ad approvare espressamente un modulo di consenso parzialmente informato e vengo avvertito che al momento non si conoscono, e quindi neanche si escludono (un’informazione in negativo?), eventuali effetti dannosi a lunga distanza. In pratica un consenso al buio, dove lo Stato vince. Siamo sicuri di non essere in presenza di un fattore idoneo a disturbare o a deviare il processo di formazione della mia volontà e a concludere un patto (perché tale è se non c’è un obbligo ex lege) che non corrisponde ai miei programmi? In altre parole: io mi “vaccino” anche per evitare gravi restrizioni ad alcuni miei, e non secondari, diritti. Ma il rischio probabilistico negativo è tutto mio, o del minore sotto la mia responsabilità.

Io so che la mia volontà può essere messa fuori gioco dalla legge quando punta a un risultato che la legge considera non conforme all’interesse generale. Ma se lo Stato avesse considerato il risultato che io mi propongo, non vaccinandomi “ora”, contrario all’interesse generale avrebbe disposto subito l’obbligo. Il punto non è se con legge o altro atto avente comunque forza di legge.

La questione è che, anche se in assenza di obbligo, la mia manifestazione di volontà è libera solo in apparenza. In realtà è tra due fuochi. Da una parte la limitazione delle mie libertà civili e sociali, dall’altra il rischio non calcolabile di un evento negativo grave (soltanto a breve termine probabilisticamente assai raro, mentre niente si sa a lungo termine) dal quale lo Stato non sa se potrà proteggermi. In pratica il preventivo consenso all’esonero da responsabilità di una sola parte. Il mantenimento dei miei diritti (lavoro, scuola non sono cosucce da poco) è un effetto “premiale” della vaccinazione.  E poi l’onere della prova, ossia la dimostrazione del nesso causale tra la vaccinazione e il danno grava ovviamente sul danneggiato (secondo il criterio del più probabile?)

Stiamo parlando di problematiche di tutela del più fondamentale dei diritti, non di incursioni per class action all’italiana.

E poi, nella pur soltanto teorica ipotesi di decadenza del decreto-legge green pass, non si creerebbe soltanto in astratto la scolastica situazione paradossale che tutto ciò che è stato compiuto prima sarebbe come se fosse stato compiuto senza una base legale.  Non si tratta di restituire un indebito come una nuova imposta oggetto del decreto-legge decaduto. Gli effetti prodotti non potrebbero essere eliminati e sarebbe impossibile ripristinare la situazione precedente. L’esonero dello Stato da responsabilità avrebbe ancora base legale?  Sarebbe in gioco la responsabilità, non solo politica ai sensi dell’art.77.2 della Costituzione, ma quella civile ex art.2043 c.c. dei singoli ministri, obbligati in solido ex art 95.?

La mancata conversione del decreto-legge. è quasi impossibile perché sarebbe un disastro politico, ma non sappiamo come avverrà la conversione e/o con quali modifiche. L’unico auspicio è che la responsabilità “politica” del Governo e del Parlamento non sia più elusa riversando, con la finzione di un consenso soltanto parzialmente informato, ogni responsabilità sui cittadini. Lo impone il dovere di rappresentanza.

5. I guasti dell’ambigua stasi politica – Il fatto è che in questi frangenti eccezionali, la diffidenza, anche di persone non necessariamente ignoranti, non può essere superata con norme di esclusione sociale e con obblighi e sanzioni dirette o indirette, perché qui si gioca il più grande problema di libertà.

Per questo motivo le questioni poste dal documento dell’Osservatorio sulla legalità costituzionale mi sembrano a valle della questione culturale, quindi sociale, principale. che consiste nella divisione drammatica, perché attiene non solo all’uguaglianza formale, ma anche a quella sostanziale, tra chi reputa il green pass come un passaporto di immunità che autorizza a dismettere ogni cautela (e per questo è favorevole, pur in assenza di obbligo, alle sanzioni senza limitazioni) e chi per condizioni personali che generano paura, per convinzioni ideologiche o appartenenza religiosa, o soltanto perché privato di strumenti critici, reagisce con il rifiuto alle ambiguità, espresse o tacite, della politica e delle istituzioni.

E cosa rispondiamo se il rifiuto, espresso o tacito, viene da una parte, pur se minoritaria, della stessa comunità scientifica, che devo presumere colta, soggettivamente consapevole dell’ondata di effetti delle proprie scelte, come insegnanti, medici e personale ospedaliero e universitario ai quali si prospetta la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione? Lo stato di sospensione, il non decidersi a stabilire l’obbligo produce danni che è irresponsabile far ricadere sulle parti sociali. Oppure si dica in buona fede che allo stato delle attuali conoscenze le condizioni per introdurre l’obbligo sono “insufficientemente sufficienti”.

Per concludere. Resta fermo che ogni dubbio sui “vaccini” dell’uomo “colto” dei paesi dell’occidente neo liberale potrebbe imbarazzare di fronte alla programmatica esclusione da essi della maggior parte dell’umanità. Ma non sacrifichiamo l’uguaglianza al totem del green pass. Il passaggio dall’obbligo del green pass all’attacco ai diritti sociali e al lavoro è già stato avviato. E questo mette in pericolo la stessa sovranità democratica e ora le libertà civili. La pandemia c’è ed è una tragedia globale che va governata. Ma attenti alle deroghe ai diritti civili, sociali e politici che producono nuovi danni alla società e allo Stato di diritto già di suo sotto stress.

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