L’Executive order è ormai noto in tutto il mondo: con esso Trump sospende i permessi d’ingresso negli USA a chi proviene da sette Stati a prevalenza islamica. L’executive order era stato già sospeso dalla District Court del Western District di Washington su ricorso dello Stato di Washington, a cui si è aggiunto quello del Minnesota. Il Governo ricorreva subito in appello, chiedendo di bloccare la sospensiva. La Corte d’appello del 9° Circuito ha rigettato il ricorso di Trump, quindi il provvedimento resta sospeso in attesa di un giudizio di merito (o forse di un ricorso di Trump alla Corte suprema).
In State of Washington v. Trump la Corte di appello ha rigettato la tesi che gli executive order in materia di immigrazione e sicurezza nazionale siano insindacabili dai giudici (la tesi era contraria a molti precedenti). Inoltre non ritiene che il Governo abbia sufficientemente dimostrato il pericolo di un danno irreparabile (cioè di un attacco terroristico proveniente da stranieri provenienti dai paesi messi al bando) derivante dalla sospensione del suo provvedimento, mentre il danno che deriverebbe dalla violazione delle sue prerogative non sarebbe affatto “irreparabile”: lo sarebbero invece i gravi danni causati alle persone e ai loro diritti. Quindi l’appello di Trump viene respinto all’unanimità (uno dei tre giudici del collegio era stato nominato da G.W. Bush, gli altri due da presidenti democratici).
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