di Giacomo Menegus
Quorum raggiunto per il referendum indetto dalla provincia di Belluno: lo scorso 22 ottobre, il 52.25% degli elettori bellunesi (pari a 109.553 persone) è andato a votare per una maggiore autonomia dal Veneto, esprimendosi con una maggioranza schiacciante per il SÌ (98.67%).
La partecipazione bellunese può apparire, a prima vista, meno significativa rispetto a quella registrata in altre province per il contestuale referendum veneto (ad esempio a Vicenza e Padova, dove si sono toccati picchi del 62,7% e 59,7%; i risultati del referendum veneto possono leggersi qui).
Uno sguardo più attento ai dati offre in realtà indicazioni di tutt’altro segno.
Sui numeri finali pesa infatti la quota piuttosto consistente di cittadini bellunesi iscritti all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, oltre 46.000 nella Provincia), tanto che il Corriere delle Alpi ha stilato appositamente una doppia tabella, nella quale si distinguono le percentuali di votanti con e senza iscritti all’Aire. E in effetti, considerati i soli residenti, il quadro muta considerevolmente, con Comuni nei quali la percentuale dei votanti tocca picchi elevatissimi (ad es. Soverzene, che dal 29% con iscritti Aire schizza al 79% dei soli residenti; oppure Longarone, dal 43% al 68%; negli altri Comuni la percentuale di votanti senza cittadini Aire si mantiene comunque del 10-15% superiore a quella “ufficiale”). Insomma, si osserva una partecipazione di quella parte di popolazione che effettivamente vive il territorio assai più significativa di quanto sembra dire il dato ufficiale.
Un altro elemento va poi segnalato: ben 1845 cittadini hanno ritenuto di votare per il solo referendum bellunese, ‘snobbando’ quello veneto, cui si aggiungono 902 cittadini (pari allo 0,8% dei voti espressi, la percentuale più alta in Veneto) che hanno lasciato scheda bianca nella consultazione veneta (contro le 353 schede bianche del referendum bellunese). Numeri che, seppur assai contenuti, sono sintomatici di un disallineamento dell’elettorato bellunese rispetto alla tendenza del resto della Regione.
Vista l’ampia partecipazione, il Presidente facente funzioni della Provincia, Roberto Padrin, non ha esitato a parlare di un risultato straordinario, che consentirà di aprire una nuova pagina per Belluno.
Le richieste che la Provincia si appresta a presentare, forte del risultato referendario, sono diverse: una prima è diretta ovviamente alla Regione, chiamata a sbloccare il procedimento di attuazione della l. r. n. 25/2014, con la quale si era previsto il trasferimento di maggiori funzioni e risorse a Belluno, in ragione della “specificità” riconosciutale nello stesso Statuto regionale. Il confronto tra i rappresentanti di Provincia e Regione, partito nella scorsa primavera, ha incontrato difficoltà sin da subito, soprattutto per quanto concerne le risorse che la Regione intende trasferire alla Provincia per l’esercizio delle funzioni che le saranno attribuite (tra le quali, Padrin vorrebbe anche le competenze in materia di caccia e pesca).
Una seconda richiesta ha invece come destinatario lo Stato, al quale la Provincia chiederà di portare a termine il percorso di valorizzazione delle province montane di confine (oltre a Belluno, Sondrio e Verbano Cusio Ossola) inaugurato dalla legge Delrio (Legge 7 aprile 2014, n. 56).
Ultima richiesta è quella di poter svolgere un ruolo da protagonisti nelle trattative che la Regione Veneto avvierà con lo Stato, entrando direttamente nella delegazione veneta che si recherà a Roma.
Nel frattempo, sembra muoversi qualcosa anche sul fronte del ritorno all’elettività del Presidente e del Consiglio provinciale. Il deputato trentino Lorenzo Dellai (Pd) si sarebbe infatti impegnato per verificare la possibilità di approvare in tempi record la relativa disciplina, aggiungendo così la propria iniziativa a quelle già intraprese dal deputato Pd Roger De Menech (v. qui) – caduta nel dimenticatoio prima della riforma costituzionale – e dall’assessore leghista Bottacin (v. qui), che lo scorso 1 settembre ha presentato un apposito progetto di legge regionale.
Il referendum ha segnato un insperato rilancio del percorso per una maggiore autonomia del Bellunese, rafforzando la posizione della Provincia nel confronto con la Regione.
Il superamento dell’attuale configurazione della Provincia come ente di area vasta rimane comunque condizione essenziale perché la Provincia possa esprimere un indirizzo politico autonomo rispetto a quello concordato tra i Comuni che ne fanno parte e sfruttare così efficacemente le competenze e le risorse che dovessero arrivare da Venezia e da Roma (e che potrebbero andare ben oltre a quelle classiche di coordinamento e gestione di alcuni servizi).