L’arroganza di Salvini e la fermezza di Mattarella: una lezione di diritto costituzionale

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di Roberto Bin

La sola idea che il leader di un partito politico che ha ottenuto il 17% dei voti nelle ultime elezioni possa affermare pubblicamente che il Presidente della Repubblica deve nominare ministro colui che a lui piace, perché lui rappresenta la volontà popolare, è aberrante.

Lo ha ben spiegato Chessa in questo giornale: la nomina dei ministri è un’attribuzione del Presidente della Repubblica, che la esercita su proposta dell’esponente che lui ha incaricato di formare il Governo; tra i due ci dev’essere collaborazione, nel senso che – come del resto è sempre avvenuto – se il Presidente della Repubblica non accetta il nome proposto dall’incaricato spetterà a questi fare una seconda proposta. Punto. Alla luce di questa premessa possiamo giudicare il comportamento dei diversi soggetti coinvolti nelle vicende di queste ore.

Primo: il prof. Conte ha mostrato di non essere in grado di guidare un bel niente. Se avesse un minimo di consapevolezza del ruolo che deve svolgere il capo del Governo, non si sarebbe comportato come il mero esecutore del supposto “contratto” tra i due partiti di maggioranza. Il grande clamore attorno a questo accordo politico, che ha ben poco spessore e indica solo vagamente le linee di azione del Governo, sembra del tutto spropositato: presentarsi come suo fedele esecutore è semplicemente ridicolo, del tutto inappropriato rispetto anche ai compiti che al Presidente del Consiglio sono assegnati dalla Costituzione. Che si sia presentato da Mattarella senza una sua proposta alternativa su chi mettere a capo dell’economia italiana dimostra che la sua caratura politica è zero, e la sua preparazione in materia costituzionale altrettanto.

Secondo: l’arroganza di Salvini è insopportabile. Se questo avrebbe dovuto essere il “governo del cambiamento”, allora il cambiamento sarebbe consistito nella più sfacciata affermazione dell’asservimento delle istituzioni ai partiti politici. Questi sono delle semplici associazione private non riconosciute: in quale veste possono pensare di dettare direttamente le scelte a cui devono soggiacere le massime autorità dello Stato costituzionale? Perché hanno vinto le elezioni? Se anche fosse vero, ciò nonostante in uno Stato di diritto la politica non entra direttamente sulla scena costituzionale: forma gli organi parlamentari e suggerisce al Presidente della Repubblica il candidato alla guida del Governo, influenzerà le scelte della maggioranza e tramite i suoi parlamentari controllerà l’attività del Governo. Ma non le è concesso di imporre direttamente e prepotentemente un bel niente.

E poi, chi ha vinto le elezioni? Non certo Salvini, che rappresenta un piccolo settore dell’elettorato, ma neppure il M5S, che ne ha conquistato solo un terzo. Sommare le forze di due formazioni politiche che hanno nulla in comune, si sono combattute in campagna elettorale e che hanno a fatica raggiunto un accordo su un vago programma di governo non basta, perché nessuna delle loro proposte ha avuto una maggioranza di consensi da parte degli elettori. O a qualcuno può sembrare che gli italiani si siano espressi a maggioranza a favore di un’uscita dell’euro, dell’aumento del debito pubblico o di lanciare una sfida alla Banca europea (che il nostro debito pubblico ha salvato)? Le affermazioni di Salvini – subito seguite, ma con un tono meno arrogante, da Di Maio – sono semplicemente delle balle.

Terzo: il Presidente Mattarella ha mostrato una fermezza esemplare. Ora dovrà subire la reazione rabbiosa di esponenti politici del tutto ignoranti delle regole che reggono una democrazia parlamentare. Non può che avere la gratitudine di tutti coloro ai quali le regole e le istituzioni della democrazia costituzionale hanno a cuore.

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2 commenti su “L’arroganza di Salvini e la fermezza di Mattarella: una lezione di diritto costituzionale”

  1. Gentile professore,
    le Sue parole consapevoli consentono di avere ancora fiducia nella rispettosa e corretta applicazione della nostra Costituzione, che già settant’anni fa aveva previsto, contemplando i dovuti rimedi, cosa sarebbe potuto accadere nel 2018, allorquando spericolati aspiranti governanti avrebbero potuto minare la democrazia costituzionale, faticosamente conquistata.
    Grazie e complimenti.
    Giovanni Campisi

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