Il sequestro dei fondi della Lega: gli atti e i dati

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di Roberto Bin

Attorno al sequestro dei fondi della Lega è sorta una gazzarra, in cui volano cifre, commenti e denunce basati sul niente. Giudici politicizzati che vogliono sopprimere la Lega, no Salvini deve rispondere in prima persona, e così via latrando e dicendo cose gravi e infondate. Con molta fatica ho cercato di mettere in chiaro di che cosa si stia parlando: quali i reati contestati, in quali sedi, a che livello di giudizio, con quali conseguenze. Ecco il quadro tracciato usando le fonti (sempre indicate), quadro che spero corretto e completo. Eventuali integrazioni o correzioni saranno gradite.

  1. Il 23 gennaio 2012, un militante della Lega si presenta in Procura a Milano con un esposto contenente una serie di articoli di stampa in cui si parla di investimenti anomali fatti dalla Lega in diamanti in Tanzania e conti offshore a Cipro. Parte l’inchiesta giudiziaria che genererà quattro filoni di indagine.
  2. Un primo filone si conclude presto (l’imputato ha chiesto il rito abbreviato), con una condanna a un anno e 8 mesi, pronunciata dal tribunale di Milano il 14 marzo 2016, a carico di Riccardo Bossi, il primogenito di Umberto, per appropriazione indebita aggravata. Si tratta di 158mila euro, provenienti dai fondi per i rimborsi elettorali del partito, utilizzati tra il 2008 e il 2011 per pagare spese personali (fonte “Il Sole-24 ore)
  3. Nel secondo filone, sempre il tribunale di Milano condanna Umberto Bossi, il figlio Renzo (ex consigliere regionale della Lombardia, universalmente noto come il “Trota”) e l’ex tesoriere del partito Belsito (già vicepresidente di Fincantieri e sottosegretario all’Interno) per appropriazione indebita: tra il 2009 e il 2011 Bossi avrebbe speso oltre 208mila euro dei fondi del partito, il “trota” più di 145mila euro. Nello stesso periodo, invece, l’ex tesoriere si sarebbe appropriato di circa mezzo milione di euro (fonte Il Sole-24 ore). Ai primi di luglio 2017 il giudice monocratico condanna a due anni e tre mesi Umberto Bossi, a un anno e mezzo il figlio Renzo, Francesco Belsito a 2 anni e 6 mesi. Notizia del 10 luglio 2017 (fonte “Il Sole-24 ore).
  4. Nel terzo troncone, il tribunale di Genova, il 24 luglio 2017, condanna Umberto Bossi a due anni e sei mesi per truffa aggravata ai danni dello Stato (per un importo di 56 milioni). Condannato a 4 anni e dieci mesi anche l’ex tesoriere Francesco Belsito. Il reato è stato di aver presentato rendiconti irregolari al Parlamento per ottenere indebitamente fondi pubblici, che poi sarebbero stati usati, in gran parte, per spese personali della famiglia Bossi. Condannati anche i tre ex revisori contabili del partito Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (rispettivamente a due anni e otto mesi, due anni e otto mesi e un anno e nove mesi) e i due imprenditori Paolo Scala e Stefano Bonet (cinque anni ciascuno). Tutti sono accusati di truffa. Belsito e i due imprenditori sono accusati anche di riciclaggio perché avrebbero portato oltre confine, a Cipro e in Tanzania, parte dei soldi illecitamente ottenuti. Questa è la notizia del 24 luglio 2017 (fonte Il sole-24 ore). Il giudice ha disposto il sequestro cautelare di 49 milioni alla Lega Nord per l’indipendenza della Padania, somma corrispondente al profitto percepito dalla Lega a causa dei reati commessi dai suoi rappresentanti, a garanzia della restituzione allo Stato delle somme illecitamente ottenute (qui si può leggere il decreto di sequestro preventivo emanato il 4 settembre 2017, in cui si spiega perché l’ente, che pure è estraneo al reato, può subire la confisca dei beni che sono il provento del reato stesso).
  5. La Procura esegue la confisca ordinata dal tribunale, ma trova non più di un paio di milioni sui conti della Lega e chiede di poter sequestrare anche le somme che in futuro sarebbero entrate nelle casse del partito. I giudici genovesi (compresa la sezione del riesame) negano tale possibilità spiegando che il denaro andava cercato nei conti e tra gli immobili delle persone fisiche, in primis Bossi e poi tutti gli altri. Però a Bossi, che oggi siede al Senato, può essere prelevato solo il quinto del vitalizio da parlamentare europeo (fonte “Ansa-Liguria).
  6. Ricorre in Cassazione il pm, che vuole l’estensione del sequestro. Il 12 aprile 2018 (la notizia sulla stampa è del 13 aprile) la seconda sezione penale della Cassazione accoglie il ricorso della procura genovese e annulla la decisione del tribunale del riesame. Qui si può leggere la sentenza della Cassazione emanata il 3 luglio 2018, che specifica che “anche alle somme affluite in un momento successivo alla data di esecuzione del decreto di sequestro del 4.9.2017 sui conti e depositi” riferibili alla Lega possono essere oggetto di sequestro. Il 7 settembre il tribunale del riesame di Genova, facendo seguito alla decisione della Cassazione, conferma il sequestro dei 49 milioni.
  7. Nel frattempo, uno degli ex revisori contabili condannati a Genova, Stefano Aldovisi, ha presentato un esposto in Procura, che ha aperto una inchiesta per riciclaggio. Gli accertamenti, per questo quarto filone di indagine, riguardano il possibile reimpiego occulto dei “rimborsi truffa” ottenuti da Bossi e Belsito, secondo l’ipotesi accusatoria travasati attraverso conti e banche diverse, al fine di metterli al riparo da possibili sequestri. In altre parole, nell’opinione dei pm, quei fondi sono stati incamerati, riutilizzati e consapevolmente messi al sicuro da possibili sequestri dalla Lega durante la gestione di Umberto Maroni e quella, attuale, di Matteo Salvini. La Lega, che all’inizio si era costituita parte civile a Genova contro il suo fondatore, aveva nel frattempo rinunciato a ogni pretesa (fonte “Il Sole-24 ore).

In conclusione, a che punto siamo?

Le sentenze di condanna sono tutte di primo grado: per cui non sono definitive, e sono state appellate. Il processo di appello per la sentenza di Milano (punto 3) è fissato per il 10 ottobre. Il processo di appello per la sentenza di Genova è in corso, ma il pm ha chiesto piene più lievi perché per una parte della truffa aggravata è intervenuta la prescrizione (fonte “Telenord.it”). Inoltre, il d.lgs. 10 aprile 2018, n.36, che limita la procedibilità d’ufficio di determinati reati, tra cui l’appropriazione indebita (reato contestato ai Bossi e a Belsito a Milano, e a Belsito nel processo di Genova): perciò potrebbe essere dichiarata l’improcedibilità, salvo che la Lega non decida di proporre querela, il che è quantomeno improbabile.

Restano però le condanne per truffa aggravata e quindi il giudizio di appello a Genova. È solo nell’ambito di questo giudizio che è stato ordinato il sequestro preventivo dei fondi della Lega, trattandosi di fondi sottratti al bilancio pubblico; per i fatti giudicati a Milano non c’è provvedimento di sequestro, perché il danneggiato non è lo Stato ma la Lega stessa.

Poi bisogna vedere come procederà l’indagine sull’ipotesi di riciclaggio per i fondi percepiti illegittimamente dalla Lega e abilmente fatti sparire.

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5 commenti su “Il sequestro dei fondi della Lega: gli atti e i dati”

  1. Ringrazio il prof. Bin delle precise informazioni giudiziarie, di fronte alle quali le mie conoscenze scarse, superficiali, non verificate, di seconda o terza mano valgono ben poco. Il quadro che ne esce 7 anni dopo gli scandali Trota e Tanzania rende il caso però ancora più preoccupante: tutti i presunti truffatori sono – presumo – su piede libero, uno addirittura è stato nominato senatore da Salvini (è quello il dato rilevante dietro la relativa immunità), i patrimoni personali suppongo siano rimasti disponibili, a parte per i nullatenenti, una truffa aggravata è già stata prescritta, i corpi dei presunti reati sono – se capisco bene – da allora in libera circolazione fra la Padania, Cipro, l’Africa, l’Alto-Adige e il Lussemburgo. Solo in quest’ultimo paese (rinomata patria degli evasori) qualcuno si è accorto che qualcosa non quadrava (con la regolamentazione finanziaria valida anche in Italia) e ha segnalato alle autorità. Quello che alla fine conta non è l’abbondanza dell’informazione, ma il giudizio (pochi s’informano, ma tutti hanno un’opinione ….) di cui il tempo rivela se è fondato o meno. Penso da sempre male della Lega, peggio dei suoi esponenti; penso che la vicenda di cui l’articolo evidenzia che la giustizia in questo paese non risponde alle naturali aspettative dei cittadini e che alla fine gioverà soprattutto al personaggio politico più potente d’Italia e forse più pericoloso di tutta l’Europa.

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  2. Mi permetto integrare l’ottima ricostruzione della vicenda – quanto mai utile visto che nessuna testata mi pare abbia avvertito il dovere di un simile approfondimento verso i lettori – sollevando un interrogativo al quale spero mi si possa dare risposta.

    Premessa. Con il precedente sistema, l’ammontare del finanziamento pubblico, sotto forma di rimborso delle spese elettorali, era stabilito in base al numero degli elettori e non dei votanti e ripartito proporzionalmente tra i partiti in base a voti ottenuti.
    Non si trattava però di un rimborso a pie’ di lista perché i partiti, per ottenerlo, non erano tenuti né a certificare le spese sostenute, né, di conseguenza, a restituire le somme non spese.
    Di solito, quindi, i partiti incassavano molto di più delle spese certificate. Ad esempio, nel rapporto sulle elezioni politiche del 2008 (dicembre 2009), la Corte dei conti ha rilevato che a fronte di spese certificate per 110 milioni di euro i partiti ne avevano incassato 503 con un rapporto di 1 a 4,5.
    Di fatto, quindi, “quello che [veniva] normativamente definito contributo per il rimborso delle spese elettorali [era], in realtà, un vero e proprio finanziamento” (dalla relazione della suddetta Corte).

    Ciò precisato, la Procura di Milano ha rinviato a giudizio Bossi e Belsito, rispettivamente nella qualità di segretario e tesoriere del partito, per il reato di truffa aggravata, perché perpetrata con inganno dei Presidenti e dei revisori di Camera e Senato per aver ottenuto nel 2008 e nel 2009 i rimborsi delle spese elettorali sulla base di rendiconti falsati, sia per l’assenza di documenti giustificativi di spesa, sia in presenza di spese effettuate per finalità estranee agli interessi del partito (cioè per le spese private di “the family”).

    Da qui il mio dubbio: ma se la Lega, come ogni partito, non era tenuta a rendicontare tutte le spese per ottenere il rimborso elettorale, perché la Procura considera reato l’assenza di documenti giustificativi?
    Oppure si deve ipotizzare che il tesoriere della Lega è stato, a dir poco, così incauto da includere nel rendiconto le spese familiari?

    Grazie per l’attenzione.

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  3. Gent.mo prof. Bin, La ringrazio per la lucidissima e preziosa ricostruzione. Le vorrei porre un quesito, trascrivendo quanto pubblicato dall’Espresso lo scorso 19 luglio:
    “Come mai lo stesso trattamento non è stato riservato alla Margherita? La domanda è stata proposta più volte in questi giorni su giornali e social network. Perché Luigi Lusi, ex tesoriere del partito guidato da Francesco Rutelli, è stato protagonista di vicende molto simili a quelle di Bossi e Belsito, avvenute peraltro negli stessi anni e raccontate da L’Espresso con diverse copertine esclusive. In sostanza Lusi si era intascato parecchi milioni di euro frutto dei rimborsi elettorali, eppure i giudici non hanno sequestrato i soldi al partito. Il motivo sta tutto in una formuletta giuridica: costituzione di parte civile. Mentre la Margherita aveva infatti chiesto i danni a Lusi, ottenendo come conseguenza la restituzione del tesoro, la Lega di Salvini ha scelto di non farlo con Bossi e Belsito.”
    Ritiene corretta la spiegazione fornita dall’Espresso?
    Grazie mille in anticipo.

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