Ha fatto scalpore la recente decisione del Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Marco Bussetti di revocare la nomina di Roberto Battiston alla presidenza dell’Agenzia Spaziale Italiana.Ciò tanto più che – secondo l’interessato – si tratterebbe del primo caso di spoils system in un ente di ricerca. L’evento ha suscitato ancora maggiore attenzione dacché il revocato Presidente è stato ricevuto al Quirinale dal Capo dello Stato, per un colloquio che è stata l’occasione – stando al tweet di Battiston – “per una riflessione sull’indipendenza, l’autonomia e l’autorevolezza della ricerca scientifica”.
Sono molti i profili di interesse che saltano all’occhio dell’appassionato di diritto pubblico; non è però semplice sbrogliare i vari nodi giuridici che di volta in volta si presentano nella vicenda, dovuti anche ad una non ordinata stratificazione normativa che molto recentemente ha visto intervenire la legge 11 gennaio 2018 n. 7 (“Misure per il coordinamento della politica spaziale ed aerospaziale”) ed anche il Decreto legge 12 luglio 2018 n. 86, sul riordino delle attribuzioni dei Ministeri.
Quindi, andando con ordine, conviene innanzitutto partire dallo statuto giuridico dell’ASI e del suo presidente.
- Il quadro normativo
Ai sensi dell’art. 2 D.Lgs. 4 giugno 2003 n. 128, l’ASI è un ente pubblico nazionale, con personalità giuridica di diritto pubblico ed “autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale e contabile”, avente il compito “di promuovere, sviluppare e diffondere, attraverso attività di agenzia, la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale…perseguendo obiettivi di eccellenza, coordinando e gestendo i progetti nazionali e la partecipazione italiana a progetti europei ed internazionali”. Il tutto, si badi, “in conformità con gli indirizzi del Governo come promossi dal Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale”.
Ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. 31 dicembre 2009 n. 213 sulla riorganizzazione degli enti di ricerca, all’ASI è attribuita autonomia statutaria ai sensi dell’art. 33, comma sesto della Costituzione, in quanto ente di ricerca e dunque “istituzione di alta cultura”.
Veniamo ora al suo presidente.
Sulla nomina già si può vedere una mancanza di coordinamento legislativo. Il D.Lgs. 128/2003 – modificato da ultimo dalla legge 7/2018 – rinvia alla procedura prevista all’art. 6, comma 2 del D.Lgs. 204/1998. Questa norma (che prevedeva la nomina con Decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro competente e sentiti il Consiglio dei Ministri e le Commissioni parlamentari) è in realtà stata abrogata nel 2010. Fortunatamente non si pone la questione se il rinvio fosse un rinvio statico o dinamico (anche se la formulazione fa propendere più per un’incorporazione delle procedure previste dalla norma del 1998 nel testo del 2003), poiché, per un criterio di successione delle leggi nel tempo, va considerata la procedura disegnata dal D.Lgs. 213/2009.
Oggi, infine, la legge prevede che la nomina del Consiglio d’Amministrazione dell’Asi (dunque Presidente e altri quattro membri) sia fatta con decreto del Ministro dell’istruzione per quattro anni rinnovabili, ferma la designazione di due consiglieri da parte, rispettivamente, del Ministro dell’Economia e del Ministro degli Esteri (art. 9). La nomina è fatta fra una rosa di candidati, selezionati da un Comitato di esperti in base agli indirizzi espressi dal Ministro (art. 11), sentito sentito il Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale (parere inserito dalla legge del 2018). Restano però fermi i criteri contenuti nel d.l.gs. 128/2003, peraltro integrati dalla legge 7/2018, e dunque il Presidente deve essere scelto “tra persone di riconosciuta onorabilità e di alta qualificazione scientifica e manageriale, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e all’estero e con pluriennale esperienza nella gestione di enti o organismi pubblici o privati, operanti nel settore della ricerca”. I decreti di nomina devono poi essere comunicati al Parlamento.
Fra le varie attribuzioni del Presidente dobbiamo menzionarne due di particolare rilievo, una delle quali recentemente dimensionata.
La prima (art. 6, lett. E del d.lgs. 128/2003) è la partecipazione ai lavori del consiglio dell’Agenzia spaziale europea in rappresentanza del Governo italiano. La seconda era, fino al 12 luglio 2018, la partecipazione al Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale. Il decreto-legge sulla riorganizzazione dei ministeri, andando a modificare le varie dizioni dei ministeri presenti nell’art. 21 del d.lgs. 128 si è occupato anche di “degradare” (lasciando da parte i dubbi sulla pertinenza dell’intervento normativo, nel quadro dell’urgenza del decreto-legge e della sua omogeneità) la partecipazione del Presidente dell’ASI, che può essere invitato alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto, “con funzioni di alta consulenza tecnico-scientifica”.
Nel delineare il quadro normativo, non possiamo tralasciare la norma all’origine della vicenda: l’art. 6 della legge 15 luglio 2002 n. 145 (la cd. “legge Frattini”), che codifica per l’appunto il meccanismo dello spoils system. Esso conferisce al Governo il potere di revocare, confermare, modificare o rinnovare le nomine ai vertici (per quel che qui interessa) di enti pubblici ed agenzie, a patto che tali nomine siano state compiute nei “sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura” o “nel mese antecedente lo scioglimento anticipato di entrambe le Camere”. La decisione del nuovo Governo deve intervenire entro sei mesi dall’investitura fiduciaria da parte del parlamento.
- Il problema della conferma di Battiston nel maggio 2018
Identificate le norme di interesse, vanno ora confrontate con i fatti storici verificatisi. Il problema è che la conferma del presidente Battiston (nominato per il primo mandato dal ministro Giannini nel 2014) è arrivata il 9 maggio 2018, come si legge nel Comunicato stampa rilasciato dal MIUR, sebbene la procedura fosse iniziata con la nomina del Comitato (con d.m. del 10 novembre 2017), l’avviso pubblico fosse stato pubblicato il 1 febbraio 2018 e i lavori del comitato si fossero conclusi il 18 aprile.
Non dimentichiamo che le Camere sono state sciolte dal Presidente Mattarella il 28 dicembre 2017, che le elezioni si sono svolte il 4 marzo 2018, la XVIII legislatura ha debuttato il 23 marzo successivo e il governo Conte ha giurato il 1 giugno 2018.
Ora, il confronto fra le due tempistiche rende forse meno sorprendente la scelta del Ministro Bussetti, al di là di eventuali irregolarità formali della nomina che sarebbero state rinvenute dal Collegio dei revisori dell’ASI, come riportato da alcuni organi di stampa.
A volere essere precisi, la nomina è stata adottata dal ministro di un Governo incaricato dell’ordinaria amministrazione, certo non sfiduciato dalle Camere precedenti (ma è lecito domandarsi sino a che punto esistano reali differenze, una volta sciolte le Camere), ma che, citando la dichiarazione del 7 maggio 2018 del Presidente Mattarella “[aveva] esaurito la sua funzione e non [poteva] ulteriormente essere prorogato in quanto espresso, nel Parlamento precedente, da una maggioranza parlamentare che non c'[era] più”.
La nomina è arrivata, peraltro, in un arco temporale che la legge Frattini, curiosamente, non prende nemmeno in considerazione: si parla infatti del semestre precedente alla scadenza naturale della legislatura, computata dalla prima riunione delle nuove Camere oppure del mese precedente allo scioglimento anticipato. Nulla si dice circa il periodo necessario alla formazione del nuovo esecutivo.
Ciò si spiega probabilmente con due ragioni.
La prima, più maliziosa, è che nel 2002 – nel pieno della cd. “democrazia maggioritaria” – non si prendeva nemmeno in considerazione che esistesse un significativo lasso di tempo fra insediamento delle Camere e formazione del Governo (ricordiamo il ritornello dei “Governi conosciuti la sera stessa delle elezioni”).
La seconda, dotata di una sua logica, è che il Governo, trovandosi in carica per il disbrigo degli affari correnti causa scioglimento delle Camere, non dovrebbe procedere a nomine dei vertici di enti pubblici, attività che, in fin dei conti, esula dall’ordinaria amministrazione.
Questa circostanza non incide sulla validità della revoca, dal momento che deve allora considerarsi esistente un “potere implicito” del Governo di revocare, a fortiori, le nomine intercorse nel periodo successivo a quello indicato dalla legge e comunque prima dell’insediamento del Gabinetto fiduciato dal nuovo Parlamento.
- Unità di indirizzo politico vs. libertà della scienza
Da ultimo, arriviamo al punto dolente: è legittimo lo spoils system nell’ambito degli enti di ricerca? È un po’ questo il nòcciolo della questione, che si intravede anche nelle esternazioni del protagonista della vicenda.
È innegabile che, a primo acchito, una simile applicazione sembra stridere con l’art. 33, primo comma Cost. che predica la libertà delle scienze e del loro insegnamento, la quale a sua volta giustifica, al comma sesto, l’esistenza di ordinamenti autonomi delle istituzioni che di scienza e di cultura si occupino.
Mettendo in disparte il fatto che l’autonomia di questi ordinamenti sussiste “nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”, la risposta non può però essere frettolosa.
La Corte Costituzionale ha ormai consolidato una giurisprudenza in materia (si veda da ultimo la sentenza n. 52/2017) che riconosce nell’apicalità dell’incarico e nella fiduciarietà dello stesso i due criteri che legittimano l’applicazione dello spoils system, in relazione al parametro dell’art. 97 Cost.
La Corte ritiene inoltre che la natura tecnica dell’incarico (cioè “l’esercizio di funzioni tecniche di attuazione dell’indirizzo politico” si legge nella sent. 52/2017) impedisca l’applicazione della revoca ad nutum. Ciò, peraltro, vale anche quando esista un margine di fiduciarietà nel mero conferimento dell’incarico (e non nell’effettivo dispiegarsi della funzione), se il nominato è scelto fra aspiranti dotati di specifici requisiti professionali.
Nel caso del Presidente dell’ASI sussistono elementi discordanti.
Da un lato esistono, sì, dei requisiti specifici, come sopra richiamati. Ed è la stessa formulazione data dal d.l. 86/2018 a parlare di una “alta consulenza tecnico-scientifica” da parte del Presidente.
Dall’altro lato, però, la selezione avviene in base ad indirizzi emanati dal ministro; il vertice dell’Agenzia rappresenta il Governo italiano in seno al Consiglio dell’Agenzia Spaziale Europea; la stessa funzione di “alta consulenza” non costituisce tanto l’esercizio di funzioni tecniche attuative dell’indirizzo politico, quanto un apporto tecnico-scientifico alla definizione dello stesso.
In altre parole, non basta avere una competenza tecnica per escludere la “consentaneità” (come dice la Corte) ad un orientamento politico, soprattutto in un ambito di competenza come quello dell’Agenzia, estremamente rilevante in settori politici strategici ed altamente sensibili, come la difesa e la politica estera, oltreché lo sviluppo economico. Ciò è tanto più vero che la legge 7/2018, nel suo primo articolo, avoca al Presidente del Consiglio dei Ministri “l’alta direzione, la responsabilità politica generale e il coordinamento delle politiche dei Ministeri relative ai programmi spaziali e aerospaziali”. A dire il vero, in quest’ottica sarebbe allora più coerente che il procedimento di nomina tornasse ad essere quello previsto originariamente nel 2003, con la nomina rimessa al Presidente del Consiglio, però questo è un altro problema.
In definitiva, assumendo l’Agenzia al tempo stesso la doppia veste di ente di ricerca e di articolazione dell’Esecutivo, pare che in un bilanciamento fra il principio di libertà della ricerca scientifica e il principio di unità dell’indirizzo politico ed amministrativo espresso dall’art. 95 Cost. esista lo spazio per una lecita applicazione del meccanismo dello spoils system al Presidente ed agli altri amministratori. Un meccanismo che, d’altra parte, non va ad incidere, di per sé, sulla libertà di ricerca scientifica propria dell’ente, considerato che il personale ed anche i dirigenti tecnici e di ricerca (art. 19 d.lgs. 128/2003) sono assunti con contratto a tempo indeterminato ed ovviamente non sono revocabili ad nutum.
Certo, il legislatore – su sollecitazione della stessa Agenzia o a fronte della rilevanza mediatica assunta dal caso – potrebbe forse riflettere su alcune, puntuali modifiche che (magari eliminando le incongruenze normative attuali) garantiscano una maggiore indipendenza dell’ASI, accentuandone la natura scientifica e dunque assicurando anche ai vertici una minore “esposizione politica” ed una procedimentalizzazione di eventuali revoche. Questa, però, non sembra essere una strada costituzionalmente obbligata.