Votare e rivotare fino ad approvare

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di Salvatore Curreri

Si fa in questi giorni – e giustamente – un gran parlare della violazione della dignità del Parlamento a seguito della procedura seguita per l’approvazione della legge di bilancio 2019. In un precedente mio intervento avevo indicato tra i responsabili dei cattivi precedenti parlamentari affermatisi nel tempo i Presidenti delle camere, eccessivamente schierati con la maggioranza di turno.

Che si tratti di un fenomeno purtroppo diffuso lo dimostra quanto accaduto nell’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 13 dicembre 2018 in occasione del voto finale per scrutinio nominale del disegno di legge n. 455 Variazione al bilancio di previsione della Regione siciliana per l’esercizio finanziario 2018 e per il triennio 2018-2020 disposizioni varie.

Invano, consultando il resoconto stenografico (sebbene in stesura provvisoria) pubblicato sul sito si troverebbe traccia di quanto realmente accaduto in Aula. Per fortuna, oggi la pubblicità dei lavori parlamentari è assicurata anche dalle riprese televisive assicurate da emittenti appositamente convenzionate.

Ebbene, guardate questo video. Si vede il Presidente di turno – il Vice Presidente Di Mauro eletto nella lista regionale dell’attuale Presidente della Regione – indire la votazione finale, assicurarsi per ben due volte che tutti i deputati abbiano votato, chiudere la votazione (dopo 15 secondi) e annunciare (con tono di voce e gesti di evidente rammarico) il risultato negativo della votazione (presenti 59, votanti 49, maggioranza 25, voti favorevoli 24, contrari… (e qui è tale lo sconforto del Presidente che non riesce nemmeno a proseguire).

Qualunque Presidente, in nome dell’assoluto rispetto del regolamento e della volontà espressa dell’Aula, avrebbe dovuto dichiarare l’esito del voto, anche quando contrario alla sua parte politica. Non così il nostro, che – tra le percepibili proteste delle opposizioni per una inaudita violazione del regolamento – indice subito una nuova votazione, definita di riprova, asserendo (lui stesso) che alcuni colleghi non siano stati messi nelle condizioni di votate (“riproviamo, riproviamo, riproviamo, non hanno votato alcuni colleghi”).

Peccato che il voto di riprova nel regolamento dell’Assemblea (art. 128) è richiesto solo in caso di voto per alzata e seduta, e cioè per una modalità di scrutinio che per sua natura può non dare certezze circa l’esito del voto, e non per il procedimento elettronico con registrazione dei nomi che, per sua natura, certifica oggettivamente il voto espresso da ciascun deputato.

Peccato che, in tal caso, non deve essere certo il Presidente a chiedere la riprova (come invece il Presidente di turno fa), ma almeno cinque deputati o il Governo, a dimostrazione del fatto che il Presidente in fase di votazione è tenuto in tal senso ad una massima imparzialità a garanzia dell’intera Assemblea.

Peccato che la nuova votazione è stata indetta dopo che il Presidente, prima di chiudere la votazione, si era più volte assicurato che tutti i deputati avessero votato, dando loro ampio tempo per farlo (ripeto: 15 secondi).

È evidente, quindi, che il ripetersi della votazione ha una solo giustificazione, non regolamentare ma politica: il tentativo di chiamare a raccolta i deputati della maggioranza che si erano astenuti perché il disegno di legge fosse approvato. Ed infatti così avviene: presenti 59 votanti 51 (due in più), maggioranza 26, favorevoli 31 (addirittura altri cinque in più), contrari 20, astenuti 6.

Il Presidente di turno potrà certamente ritenersi soddisfatto per aver portato a casa il risultato e magari potrà includere questa furbata nel suo cursus honorum politico.

A noi, molto più modestamente, ci tocca di assistere una volta ancora, con amarezza e sbigottimento, all’ennesima violazione del regolamento interno di una assemblea, ormai lasciato indifeso nella piena disponibilità della maggioranza di turno, certi che non mancherà occasione perché, anche a parti politiche invertite, si invocherà questo cattivo precedente perché un disegno di legge sia votato e rivotato finché non approvato.  

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