Tra gli eletti al Parlamento europeo delle elezioni del 26 maggio scorso risultavano anche tre leader dei movimenti indipendentisti catalani: Carles Puigdemont, ex Presidente della Generalitat Autonoma, il suo vice Oriol Junqueras, e Antoni Comín, ex assessore alla Sanità.
Come si avuto modo di anticipare in questa sede, tale elezione ha posto una serie di questioni costituzionalmente rilevanti.
Gli artt. 108 e 224, comma 2, della Ley organica del regimen electoral general (LOREG) del 19 giugno 1985, nonché dall’art. 20, comma 1, punto 3 del Reglamento del Congreso de los diputados, ai fini del completamento del procedimento elettorale richiedono il giuramento di fedeltà dei candidati proclamati eletti alla Costituzione spagnola.
Tuttavia Junqueras, al momento della elezione, era in stato di detenzione cautelare in quanto sotto processo (e successivamente condannato) per i fatti legati allo svolgimento del referendum indipendentista in Catalogna; Puigdemont e Comin (anch’essi rinviati a giudizio e recentemente condannati) si trovavano in esilio volontario in Belgio e, qualora fossero rientrati in Spagna per prestare giuramento, sarebbero stati senza dubbio arrestati.
In mancanza del giuramento, la Juncta Electoral Central di Madrid ha inviato l’elenco degli eurodeputati spagnoli al Parlamento europeo omettendo di indicare i tre eurodeputati catalani.
Dalla vicenda brevemente riassunta sono sorte due controversie dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La prima era nata nel giudizio promosso da Junqueras di fronte all’autorità giudiziaria spagnola al fine di vedersi riconosciuto un permesso temporaneo che gli consentisse di prestare giuramento ed espletare le necessarie formalità per il completamento del procedimento elettorale. Contro il diniego di tale permesso Junqueras ha proposto ricorso al Tribunal Supremo che, a quel punto, ha deciso di sollevare un rinvio pregiudiziale su tre questioni: 1) La prima riguarda la portata soggettiva dell’articolo 9 del protocollo n. 7 sui Privilegi e le immunità e, in particolare, se esso si applichi prima dell’inizio della sessione parlamentare al candidato eletto ma non ancora proclamato in applicazione della normativa nazionale, cui rinvia l’art. 8 dell’Atto del 1976. 2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, il giudice rimettente si chiede se l’interpretazione estensiva del termine “sessione parlamentare” si applichi anche a chi, come nel caso dell’ex vicepresidente Junqueras, è stato eletto ma non proclamato dalla Junta Electoral Central, in applicazione dei requisiti stabiliti dalla legge elettorale spagnola. 3) Se la risposta fosse positiva anche per il secondo dubbio, nel caso in cui il parlamentare eletto ma non proclamato si trovasse in una situazione di detenzione provvisoria per reati gravi da prima dell’inizio del procedimento elettorale, l’autorità giudiziaria nazionale sarebbe obbligata, in considerazione dell’espressione “quando si recano o ritornano dal luogo di riunione del Parlamento europeo” di cui all’art. 9 del protocollo n. 7, a revocare la custodia cautelare automaticamente, al fine di consentire lo svolgimento della funzione parlamentare ed il conseguente viaggio verso il Parlamento europeo? Ovvero troverebbe applicazione un criterio elastico di valutazione “caso per caso”?
Puigdemont e Comín, negato loro l’ingresso al Parlamento europeo in vista dell’insediamento degli eurodeputati del 2 luglio, hanno proposto ricorso (T‑388/19 R) – respinto in sede cautelare – per la sospensione della decisione con cui il Parlamento europeo non aveva tenuto conto della proclamazione degli eletti da parte delle Autorità spagnole, essendosi esclusivamente basato sulla comunicazione inviata dalla Juncta Electoral Central, in modo da vedersi riconosciuto lo status di eurodeputati e le connesse garanzie costituzionali.
La Corte di Giustizia, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunal Supremo spagnolo (C-502/19), ha stabilito – in estrema sintesi – che lo status di eurodeputato si acquisisce con la proclamazione dei risultati elettorali, da cui deriva l’immunità parlamentare anche qualora l’eletto si trovi in stato di detenzione cautelare: in questo caso il giudice nazionale dovrà chiedere al Parlamento europeo di revocare l’immunità o, in alternativa, sarà obbligato a rilasciare il deputato detenuto. Tale principio ha avuto applicazione anche nell’appello presentato da Puigdemont e Comin dinanzi alla Corte di Giustizia contro la decisione emessa dal Tribunale di I Grado (C-646/19): la Corte ha riformato l’ordinanza e rinviato la causa al Tribunale per la trattazione nel merito, concedendo le misure cautelari. Il Parlamento, dal canto suo, ha riconosciuto retroattivamente lo status di eurodeputati ai tre ricorrenti. Tuttavia, nelle more dei due giudizi, è intervenuta anche la sentenza di condanna – sia pure non ancora definitiva – per i reati legati allo svolgimento del referendum indipendentista: il giudice istruttore del Tribunal Supremo ha già avanzato al Parlamento europeo la richiesta per la decadenza di Junqueras, che si produrrebbe come effetto penale della condanna secondo la legislazione spagnola.
La pronuncia in questione segna un piccolo punto di svolta nel Diritto parlamentare europeo. Anzitutto la Corte di Giustizia ha smentito diversi precedenti nei quali, in estrema sintesi, ha costantemente ribadito che l’Europarlamento doveva limitarsi a prendere atto della proclamazione degli eletti svolta negli Stati nazionali (cfr., in particolare, cause riunite C-393/07 e C-9/08; T-353/00). In secondo luogo, secondo la Corte il voto espresso dai cittadini europei prevale sulla normativa nazionale, in quanto lo status di eurodeputato dipende dalla sola pubblicazione dei risultati elettorali, a prescindere da qualsiasi altro adempimento imposto dagli Stati membri: questi ultimi non potranno più richiedere condizioni per l’accesso alla carica di eurodeputato ulteriori – e, come nel caso del giuramento sulla Costituzione spagnola, probabilmente irragionevoli e discriminatori – rispetto alla mera elezione.
L’orientamento recentemente inaugurato dalla Corte di Giustizia rappresenta un primo passo, sia pure graduale, nella direzione di una normativa elettorale uniforme dal punto di vista dell’acquisizione dello status di eurodeputato e delle relative prerogative parlamentari da un lato e, dall’altro, verso la costruzione di una rappresentanza politica autenticamente europea.
Seguo molto da vicino la politica spagnola, essendo madre italiana di due madrileni, ma è presto per cantare vittoria. Oriol Junqueras è stato condannato anche per appropriazione indebita di denaro pubblico, e per il momento rimane in carcere. Vi lascio qui un recentissimo articolo, non credo che avrete difficoltà nella lettura data la somiglianza tra l’idioma italiano e quello spagnolo. https://www.libertaddigital.com/espana/2020-01-24/malversacion-junqueras-sedicion-1-o-1276651245/