Se gli Stati riconoscono di sbagliare sul clima

Print Friendly, PDF & Email

di Luciana Cardelli

L’8 settembre 2023 è stato pubblicato il Global Stocktake (Bilancio Globale) da parte del Segretariato dell’UNFCCC, la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico.

È stato redatto in adempimento dell’art. 14 dell’Accordo di Parigi del 2015, con cui si è disposto che «La Conferenza delle Parti che funge da riunione delle Parti del presente Accordo [ai sensi dell’art. 2 UNFCCC, ndr] verifica periodicamente l’attuazione del presente Accordo al fine di valutare i progressi collettivi compiuti verso la realizzazione dello scopo per cui esso è inteso e dei suoi obiettivi a lungo termine («Global Stocktake»). Tale verifica considera mitigazione, adattamento e mezzi di attuazione e sostegno, e tiene altresì conto dell’equità e delle migliori conoscenze scientifiche adisposizione. La Conferenza delle Parti che funge da riunione delle Parti del presente accordo tiene il suo primo Global Stocktake nel 2023 e periodicamente ogni cinque anni».

In estrema sintesi, quello pubblicato è una sorta di rendiconto periodico dell’attuazione o meno, da parte degli Stati, dei contenuti concordati a Parigi nella lotta al cambiamento climatico; il primo di una serie quinquennale.

Il bilancio al 2023 è, come immaginabile, negativo. Le emissioni di gas serra continuano ad aumentare e gli sforzi comuni degli Stati permangono manifestamente inadeguati. Di conseguenza, sia l’obiettivo qualitativo dell’art. 2 UNFCCC («…stabilizzare, in conformità delle pertinenti disposizioni della Convenzione, le concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera a un livello tale che sia esclusa qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico») sia quelli quantitativi dell’art. 2 dell’Accordo di Parigi («…a) mantenendo l’aumento della temperatura media mondiale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e proseguendo l’azione volta a limitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, riconoscendo che ciò potrebbe ridurre in modo significativo i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici; b) aumentando la capacità di adattamentoc) aumentando i flussi finanziari…») restano disattesi e incombono sull’orlo del fallimento.

Il mondo viaggia fuori strada rispetto agli impegni climatici e serve un’azione urgente e rapida «su tutti i fronti» per riuscire a centrare gli obiettivi di contenimento dell’aumento della temperatura media,

– realizzando il c.d. phase out (abbandono definitivo) di tutte le risorse fossili e l’eliminazione dei sussidi pubblici ambientalmente dannosi che, al contrario, continuano paradossalmente ad aumentare,

– abbattendo le emissioni in base al Carbon Budget restante, ossia la quantità di gas serra antropogenici ancora disponibili, da qui al 2030, per non sforare gli 1,5°C (in pratica, 20 massimo 24 miliardi di tonnellate di CO2),

– ma distribuendo questo abbattimento in base all’equity ovvero alla responsabilità storica degli Stati industrializzati, nel provocare e alimentare l’emergenza climatica, rispetto ai paesi in via di sviluppo, che, di quell’emergenza, subiscono i danni peggiori,

– e utilizzando metodi e indicazioni fornite dalle scienze sul sistema Terra, come raccolte dall’IPCC (il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’ONU, che fornisce gli aggiornamenti su problemi e soluzioni),

– per agire prioritariamente a livello statale e locale.

In assenza di questi passaggi, da concretizzare in massimo un decennio secondo le indicazioni dell’IPCC, sarà impossibile adempiere agli impegni e realizzare la neutralità climatica.

Insomma, il messaggio è chiaro: gli Stati stanno sbagliando; non fanno il dovuto e necessario per eliminare l’emergenza climatica. Tutti, nessuno escluso.

La novità, tuttavia, non è questa. Che si faccia poco è ormai risaputo (tra i tanti, si v. Hamburg Climate Futures Outlook 2023; Emissions Gap Report 2022 dell’UNEP; Synthesis Report 2023 dell’IPCC).

La novità giuridica, invece, risiede nel mittente del messaggio: gli Stati stessi. È opportuno chiarirlo.

Come accennato, il Global Stocktake è il primo rendiconto dopo l’Accordo di Parigi del 2015. Di esso, la dottrina italiana si è scarsamente occupata (per un’eccezione cfr. Carducci, Cambiamento climatico), a differenza di quella straniera (cfr. The Global Stocktake and International Law Paradigm, Process and Ambition Conference), sottovalutandone il valore giuridico, che invece è significativo.

Il documento, infatti, non solo corrisponde a una previsione esplicita dell’Accordo di Parigi, ma formalizza pure il conseguimento del consensus interstatale su metodi e contenuti che lo contraddistinguono. Questo consensus deriva dal mandato conferito dagli Stati in occasione della Conferenza delle Parti di Katowice del 2018, operante come CMA (Conference as Meeting of the Parties to the Paris Agreement) ovvero intesa integrativa, espressa per consensus e non per voto, dell’Accordo di Parigi.

Per tale motivo, il valore giuridico del rendiconto è ricondotto dalla dottrina internazionalistica all’art. 31 n. 3 della Convenzione di Vienna sui trattati del 1969, nella parte in cui si precisa che, ai fini dell’interpretazione, «verrà tenuto conto, oltre che del contesto: a) di ogni accordo ulteriore intervenuto tra le parti circa l’interpretazione del trattato o l’attuazione delle disposizioni in esso contenute».

Il Global Stocktake manifesta, per l’appunto, l’«accordo ulteriore intervenuto tra le parti [sotto forma di consensus] circa l’interpretazione … e l’attuazione» delle disposizioni di Parigi.

Non è cosa da poco. Siamo di fronte praticamente alla prima autocertificazione degli Stati sull’efficacia del loro operato nella “interpretazione autentica” (se così può dirsi, per il fatto di provenire dalle stesse parti) dell’Accordo di Parigi.

Quale peso giuridico possa avere questa inedita forma di rendicontazione dipenderà dai singoli ordinamenti giuridici. Certo è che essa, nel costante aumento dei contenziosi climatici sia nazionali che internazionali (cfr. UNEP, Global Climate Litigation Report: 2023 Status Review), non passerà inosservata e servirà soprattutto a inchiodare gli Stati nelle loro contraddizioni tra il dire (anche davanti ai giudici) e il (non) fare concretamente contro l’emergenza climatica.

Solo per restare in Italia (le cui emissioni, per dati ISPRA, si sono ridotte appena del 17% in trent’anni, 1990-2018,  dovendo adesso drasticamente diminuire di oltre la metà in un decennio), si pensi all’utilità di un simile documento per le regole processuali sugli obblighi di verità e completezza (cfr. Caureo, Il dovere di verità e completezza nel processo civile) dello Stato convenuto in giudizio oppure in tema di c.d. “confessione stragiudiziale” (art. 2735 Cod. civ.).

Ma le ricadute non finiscono qui. Si potrebbe discutere del Global Stocktake nel quadro del sistema tracciato dall’art. 117 comma 1 della Costituzione, trattandosi pur sempre di un accordo interstatale riguardante l’attuazione di obblighi internazionali nella loro interpretazione autentica non eludibile per “buona fede” oggettiva (contemplata anch’essa dalla citata Convenzione di Vienna oltre che dalla Risoluzione dell’Assemblea generale ONU 2625 (XXV) del 24 ottobre 1970, nella sua matrice di norma generalmente riconosciuta).

Inoltre, l’autocertificazione del Global Stocktake rappresenta pur sempre un riconoscimento di mancata attuazione, ad oggi, delle obbligazioni climatiche statali poste a tutela anche dei diritti umani (come richiesto dal Preambolo dell’Accordo di Parigi e ribadito proprio in diversi paragrafi dello stesso rendiconto); il che implica conseguenze sulla qualificazione della condotta statale nelle situazioni di danno o pericolo, da cui originano i contenziosi climatici (per esempio, in termini di antigiuridicità o violazione del neminem laedere).

Infine, ogni singolo contenuto del Global Stocktake, investendo questioni, beni o interessi disciplinati da altre fonti internazionali, rafforza anche il ricorso alla c.d. “clausola anti-frammentazione” del diritto internazionale (McLachlan, The Principle of Systemic Integration and Article 31(3)(C) of the Vienna Convention), rappresentata dall’art. 31 n. 3 lett c), secondo cui si deve tener conto «di ogni norma pertinente di diritto internazionale, applicabile alle relazioni fra le parti». Elemento spendibile anch’esso nelle argomentazioni giudiziali.

Insomma, il documento Global Stocktake sembra poter valere come interpretazione autentica in tema di (mancata) attuazione dell’Accordo di Parigi da parte degli Stati e di attestata (in)adeguatezza delle misure e dei tempi da essi programmati, in un sistema integrato di obbligazioni utili alla lotta all’emergenza climatica.

Se la “buona fede” nell’intepretazione e applicazione del diritto internazionale (anche climatico) riflette persino uno dei «principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili» (art. 38 c. 1 Statuto della Corte Internazionale di Giustizia: cfr. O’Connor, Good Faith in International Law), il grado di civiltà e responsabilità degli Stati, nel farsi carico risolutivamente del riscaldamento globale, sarà misurabile anche dai modi di utilizzo o disconoscimento dell’inedito strumento del Global Stocktake.

Please follow and like us:
Pin Share
Condividi!

1 commento su “Se gli Stati riconoscono di sbagliare sul clima”

  1. Gentile Signora Cardelli, dei cambiamenti climatici ho già scritto anche in questo sito alcune sintetiche considerazioni (si vedano art. su Contenziosi climatici e la doppia verità dell’avvocatura dello stato, final warning…,); quanto a questo a Sua firma avrei usato nel titolo il condizionale poiché non mi risultano ad oggi ammissioni di sbagli perciò mi permetto un modesto approfondimento tecnico:
    Nella troposfera il gas diossido di carbonio, principale imputato climalterante, ha iterazioni fisiche piuttosto inerziali coi restanti componenti e con la sua minima frazione molare influisce in modo trascurabile nel bilancio termodinamico mentre l’acqua nelle fluttuazioni termomeccaniche può reversibilmente cambiare di stato: solidoliquido vapore con enormi implicazioni entalpiche; Le ricordo che un chilogrammo d’acqua liquida nel passaggio a vapore (o viceversa) comporta assorbimento (o rilascio) di oltre cinque volte l’energia termica che serve per portare la stessa massa da zero a cento °C e che tale processo accade in condizioni isoterme laddove anche isobare (cd. calore latente di vaporizzazione/condensazione) estrapolandosi a tutta la massa del contorno planetario cointeressando per alcuni Km anche la terza dimensione cosi che i fenomeni ed i valori di tutte le grandezze interessate vengono continuamente rimodulati secondo ineluttabili leggi fisiche.
    Dvnque la serra che avvolge questo sferoide errante è coordinata dal Sole, che per massa ed energia somma oltre 99% del sistema locale, e dalla prevalente acqua nello stato fisico imposto dai gradienti termici zonali, governo naturale che il recente tumultuoso carico antropico ha alterato per contaminazioni chimiche e fisiche; ho già scritto in altra mia nota e riconfermo che anche sostituendo le fonti fossili con quelle nucleari NON cambierebbero tali dinamiche anzi….
    Le Leggi dei fenomeni biofisici Universali, di cvi il regno animale è minima e provvisoria frazione locale, sono connaturate ai sistemi energetici dominanti dal piccolo Solare alle immensurabilità Galattiche per inesorabile ciclicità e tali immanenti Leggi non possono decidersi per alzate di mani o per dogmatici proclami, l’umana specie può solo prenderne atto: osservarLe, studiarLe, verificarLe e possibilmente applicarle a miglioria e, quando incorresse in errori, …umilmente ammendarLi!.
    Saluti e cordialità, santarcangelo di romagna 27 ottobre 2023 enzo Bargellini.

    Rispondi

Lascia un commento

Utilizziamo cookie (tecnici, statistici e di profilazione) per consentire e migliorare l’esperienza di navigazione. Proseguendo con la navigazione acconsenti al loro uso in conformità alla nostra cookie policy.  Sei libero di disabilitare i cookie statistici e di profilazione (non quelli tecnici). Abilitandone l’uso, ci aiuti a offrirti una migliore esperienza di navigazione. Cookie policy

Alcuni contenuti non sono disponibili per via delle due preferenze sui cookie!

Questo accade perché la funzionalità/contenuto “%SERVICE_NAME%” impiega cookie che hai scelto di disabilitare. Per porter visualizzare questo contenuto è necessario che tu modifichi le tue preferenze sui cookie: clicca qui per modificare le tue preferenze sui cookie.