Riforma: tempi e modi di attuazione

Print Friendly, PDF & Email

image

di Massimo Cavino

Quali sono i modi e i tempi di attuazione della riforma costituzionale, una volta varata dopo il referendum popolare? Ecco una analisi delle differenti velocità di attuazione.

1. Le differenti velocità di attuazione.
Occorre da subito chiarire cosa si intende quando si ragiona intorno ai tempi di attuazione di una riforma costituzionale che incide in modo significativo sulle istituzioni della Repubblica.
Il tema implica infatti una riflessione che può essere condotta su due livelli distinti: quello formale della applicazione delle nuove disposizioni costituzionali e quello materiale dei rapporti tra i poteri dello Stato e tra le istituzioni statali, regionali e locali che, consolidandosi passeranno dalla instaurazione di prassi alla produzione di fonti fatto (consuetudini e convenzioni).
Benché sia del tutto evidente che i due livelli, pur distinti, sono fittamente intrecciati, concentreremo le nostre rapide considerazioni sugli aspetti essenzialmente formali della questione.
E dal punto di vista formale il punto di partenza non può che essere l’articolo 41 del d.d.l costituzionale che dispone l’entrata in vigore il giorno dopo la pubblicazione della legge costituzionale successiva alla promulgazione e che l’applicazione delle nuove disposizioni sia differita alla legislatura successiva allo scioglimento di entrambe le Camere, ad eccezione di quelle di cui agli articoli 28, 35, 39, commi 3, 7 e 11, e 40, commi 1, 2, 3 e 4.
Ove si consideri che alcune delle nuove disposizioni costituzionali saranno applicate gradualmente (assistite da un regime transitorio), e che la maggior parte di esse richiede una integrazione normativa, è possibile distinguere differenti velocità nella attuazione della riforma: vi sono disposizioni applicabili immediatamente dopo la pubblicazione della legge costituzionale, altre applicabili immediatamente o gradualmente dopo l’avvio della nuova legislatura, e altre la cui piena applicazione è subordinata ad una integrazione normativa. Molte di queste ultime sono assistite da un regime transitorio stabilito direttamente dalla legge costituzionale.

2. Le norme immediatamente applicabili all’entrata in vigore della legge costituzionale.
Immediatamente applicabili sono le norme relative alla soppressione del CNEL (artt. 28 e 40, comma 1, della d.d.l. cost.) in forza delle quali entro trenta giorni dalla entrata in vigore della legge costituzionale deve essere nominato un commissario straordinario affidandogli la gestione provvisoria del CNEL, per le attività relative al patrimonio, compreso quello immobiliare, nonché per la riallocazione delle risorse umane e strumentali presso la Corte dei conti e per gli altri adempimenti conseguenti alla soppressione; all’atto dell’insediamento del commissario straordinario decadono dall’incarico gli organi del CNEL e i suoi componenti per ogni funzione di istituto, compresa quella di rappresentanza.
Parimenti è di immediata applicazione la prima parte della novella introdotta dall’art.35 della legge costituzionale al primo comma dell’articolo 122 Cost. che impone un tetto agli emolumenti degli organi regionali nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei comuni capoluogo di regione.
L’immediata applicabilità di queste disposizioni costituzionali non è giustificata da finalità di sistema. Essa risponde piuttosto all’esigenza, più affermata nel dibattito pubblico che reale, del contenimento dei costi della politica. Le azioni connesse alla soppressione del CNEL non possono risolversi in una mera liquidazione; quanto invece al tetto agli emolumenti regionali si deve sottolineare che esso dovrà comunque essere disposto da una legge regionale per l’approvazione della quale non è stato stabilito alcun termine.
Nello stesso senso si deve leggere l’applicazione immediata del secondo comma dell’articolo 40 del d.d.l costituzionale in forza del quale non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali. Questa disposizione è evidentemente orientata a fornire una risposta politica allo sdegno diffuso presso l’opinione pubblica per lo scandaloso abuso dei rimborsi da parte di consiglieri di tutte le regioni italiane. Essa tuttavia non pare destinata a produrre effetti significativi. Né potrebbe essere diversamente: il finanziamento dei gruppi consiliari è funzionale alla autonomia organizzativa del Consiglio regionale e non può pertanto essere eliminato. I consigli potranno finanziare i propri gruppi operando trasferimenti di denaro che non abbiano natura di rimborso e che non presentino analogie con i rimborsi: assisteremo a vicende – sia pure in una direzione interpretativa esattamente contraria – del tutto simili a quella determinata dalla abrogazione referendaria del finanziamento pubblico ai partiti nel 1993, sostituito dal legislatore con il meccanismo dei rimborsi elettorali.
Finalità di sistema giustificano invece l’immediata applicabilità di altre disposizioni della legge costituzionale.
Ciò vale in relazione alla riforma della struttura del Parlamento per l’articolo 39, comma 3, che, coerentemente col nuovo assetto bicamerale, dispone che nella legislatura in corso alla entrata in vigore della legge costituzionale non si procede, dopo lo scioglimento delle Camere, alla convocazione dei comizi elettorali per il Senato. E per il successivo comma 7 dello stesso articolo che dispone transitoriamente (sul tema torneremo al paragrafo successivo) che i senatori a vita in carica al momento della entrata in vigore della legge permangono nella stessa carica. E ancora per l’articolo 40, comma 3, ove dispone che entro la legislatura in corso alla data della entrata in vigore della legge costituzionale, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica provvedono alla integrazione funzionale delle amministrazioni parlamentari, istituendo il ruolo unico dei dipendenti del Parlamento e definendo le norme che regolano i contratti di lavoro alle dipendenze delle formazioni organizzate dei membri del Parlamento, previste dai regolamenti.
In relazione alla riforma della struttura del sistema delle autonomie finalità di sistema giustificano l’immediata applicabilità del comma 4 dell’articolo 40 della legge costituzionale, relativo alla disciplina degli enti di area vasta, dopo la soppressione delle province quali enti costituzionalmente necessari, e al mutamento delle circoscrizioni delle aree metropolitane.
La disciplina costituzionale degli enti di area vasta rappresenta il completamento del disegno riformatore avviato con la legge n.56 del 2014, cosiddetta legge Delrio che, tanto rispetto alle città metropolitane (art. 1, comma 5) quanto rispetto alle province (art.1, comma 50) dispone «in attesa della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione». L’immediata applicabilità del comma 4 dell’articolo 40 della legge costituzionale è pertanto coerente col modello riformatore di cui anche la legge n.56 del 2014 è parte.
La disposizione di cui all’articolo 39, comma 11, del d.d.l. costituzionale, risponde invece ad esigenze differenti. Essa prevede che, durante la legislatura nel corso della quale è stata approvata la riforma, la Corte costituzionale possa essere chiamata a pronunciarsi, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei deputati o un terzo dei senatori, sulla legittimità costituzionale delle leggi per l’elezione di Camera e Senato approvate nella medesima legislatura.
La disposizione introduce un nuovo tipo di controllo di legittimità costituzionale dal momento che il ricorso parlamentare può essere rivolto, diversamente da quanto previsto per le stesse leggi elettorali dal nuovo secondo comma dell’art. 73 Cost. (ispirato al modello francese), contro una legge già promulgata: vale a dire la legge n.52 del 2015 per l’elezione della Camera dei deputati, cosiddetto italicum.
La ratio della norma dovrebbe essere ricercata nella tutela delle opposizioni parlamentari cui viene concesso di chiedere il controllo di costituzionalità su una legge che, accanto alla revisione costituzionale, rappresenta il secondo elemento di un’unica strategia di riforma avviata dal governo Letta, all’inizio della XVII legislatura e definita nei primi due anni del governo Renzi. Non è però secondaria la sua giustificazione “strategica”. Proprio perché la legge elettorale per la Camera costituisce un elemento centrale nel complessivo disegno di riforma, la possibilità di sottoporla ad un controllo preventivo della Corte costituzionale può essere visto come una concessione a quella parte della maggioranza parlamentare che, pur votando la legge di revisione costituzionale, manteneva rispetto ad esso posizioni di perplessità.

3. Le norme ad attuazione graduale.
Una riforma costituzionale di grande impatto non può che attuarsi gradualmente: anche le norme di immediata applicazione sono inserite in una trama normativa che ne condizionerà inevitabilmente l’efficacia. Il corpo del testo costituzionale reagisce nel suo complesso alla riforma e ne assorbe le innovazioni con una velocità inversamente proporzionale alla densità delle prassi interpretative e delle consuetudini che si erano su di esso instaurate o lo avevano integrato.
Ma poiché ci siamo ripromessi di restringere il campo delle nostre riflessioni in una prospettiva il più possibile formale, dobbiamo prendere in considerazione le sole norme per le quali lo stesso d.d.l. costituzionale prevede una attuazione graduale.
E non sono poi molte.
Graduale sarà l’attuazione delle norme costituzionali sul riparto della potestà legislativa tra lo Stato e le regioni ordinarie.
L’articolo 39, comma 12, del d.d.l. costituzionale dispone infatti che le leggi regionali adottate ai sensi dell’articolo 117, terzo e quarto comma, Cost., nel testo vigente prima della riforma continuino ad essere applicate fino all’entrata in vigore delle leggi, statali e regionali, approvate secondo il nuovo riparto di competenze. Questa norma stabilisce un regime transitorio che salva la validità delle leggi regionali in vigore prima della riforma mettendole al riparo dal vizio di illegittimità costituzionale sopravvenuta.
Pertanto i tempi di attuazione delle norme sul riparto di competenze dipenderanno da quelli di esercizio del potere legislativo statale e regionale che condurrà alla abrogazione delle leggi regionali previgenti.
Graduale sarà poi l’attuazione del primo comma dell’articolo 135 Cost. nella parte in cui esso dispone che tre giudici della Corte costituzionale siano nominati dalla Camera dei deputati e due dal Senato. L’applicazione di tale norma deve tenere conto dei termini di mandato dei giudici in carica al momento dell’apertura della legislatura successiva a quella di approvazione della riforma. Un regime transitorio è stabilito dall’articolo 39, comma 10 del d.d.l. costituzionale che prevede che, in sede di prima applicazione, alla cessazione della carica dei giudici della Corte costituzionale nominati dal Parlamento in seduta comune, le nuove nomine sono attribuite alternativamente alla Camera dei deputati e al Senato.
Analoghe considerazioni valgono per l’applicazione dell’articolo 59, comma 2, Cost. che attribuisce al presidente della Repubblica il potere di nominare senatori, per la durata di sette anni, cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Secondo quanto dispone l’articolo 40, comma 5, del d.d.l. costituzionale tali senatori non possono eccedere il numero di cinque, tenuto conto della permanenza in carica dei senatori a vita nominati prima della riforma. Dalla lettura dell’articolo 59, comma 2, Cost. riformato e dell’articolo 40, comma 5, del d.d.l. legge costituzionale si evince quindi che il Capo dello Stato potrà nominare fino a cinque senatori ma che tale prerogativa potrà essere pienamente esercitata solo dopo la morte dell’ultimo senatore a vita nominato prima della riforma.

4. Le norme che richiedono una successiva integrazione.
Molte sono le norme che richiedono una successiva integrazione.
Uno spazio significativo sarà occupato dai regolamenti parlamentari, sia rispetto alla organizzazione interna delle Camere, sia rispetto alle loro funzioni (si pensi in particolare alla disciplina del procedimento legislativo).
Singole disposizioni costituzionali istituiscono riserve di regolamento parlamentare con espliciti rinvii. Ma, ovviamente, il ruolo integrativo della fonte regolamentare avrà una portata di carattere generale.
Sarà in sede di approvazione del regolamento del Senato che molti dei dubbi sulla sua reale natura potranno trovare una iniziale risposta.
E sarà in sede di approvazione del regolamento della Camera che inizieranno ad essere definiti con chiarezza le dinamiche relative ai rapporti tra Governo e maggioranza e lo statuto dell’opposizione (art. 64, comma 2 Cost.).
Rispetto ai tempi necessari per procedere alla revisione dei regolamenti parlamentari non è possibile formulare ipotesi: essi saranno stabiliti da scelte refrattarie ad alcun tipo di controllo in ragione della loro natura politica e della autonomia costituzionale delle Camere di cui restano espressione.
In tale prospettiva l’articolo 39, comma 8, del d.d.l. costituzionale, stabilisce un regime transitorio per il quale continuano ad applicarsi i regolamenti parlamentari vigenti alla entrata in vigore della riforma «in quanto compatibili». Regime transitorio connotato da una certa ambiguità che attribuisce ampia discrezionalità agli organi parlamentari abilitati ad interpretare i regolamenti e a valutarne la compatibilità col nuovo quadro costituzionale.
Restando sempre nell’ambito delle norme relative alla riforma del sistema bicamerale la disciplina costituzionale sulla attribuzione dei seggi e sulla elezione del Senato (art. 57, comma 6 Cost.) dovrà essere integrata da una legge ordinaria approvata (paritariamente da entrambe le Camere) entro sei mesi dall’avvio della legislatura successiva alla entrata in vigore della riforma (art.39, comma 6, d.d.l. costituzionale).
In questo caso i tempi di attuazione sono dettati da un termine che, tuttavia, non può che essere ordinatorio. Si consideri poi che la legge potrà essere applicata, a sua volta, solo dopo le elezioni regionali successive alla sua entrata in vigore.
Anche l’attuazione di queste norme costituzionali è assistita da un regime transitorio disposto dal d.d.l. costituzionale (art. 39, commi 1 e 4).
Un doppio regime di integrazione è poi previsto per le norme costituzionali relative ai referendum popolari propositivi e di indirizzo e alle altre forme di consultazione (art. 71, comma 4, Cost.) che dovranno essere integrate con legge costituzionale, successivamente attuata da una legge ordinaria approvata da entrambe le Camere.
Giova poi ricordare che il comma 13 dell’articolo 39 del d.d.l. costituzionale dispone un regime transitorio per il riparto della potestà legislativa tra lo Stato, le regioni e province speciali vigente fino alla revisione dei rispettivi statuti; regime transitorio che, vista la storia dell’autonomia speciale, rischia di aspirare alla definitività.

Massimo Cavino

Please follow and like us:
Pin Share
Condividi!

Lascia un commento

Utilizziamo cookie (tecnici, statistici e di profilazione) per consentire e migliorare l’esperienza di navigazione. Proseguendo con la navigazione acconsenti al loro uso in conformità alla nostra cookie policy.  Sei libero di disabilitare i cookie statistici e di profilazione (non quelli tecnici). Abilitandone l’uso, ci aiuti a offrirti una migliore esperienza di navigazione. Cookie policy

Alcuni contenuti non sono disponibili per via delle due preferenze sui cookie!

Questo accade perché la funzionalità/contenuto “%SERVICE_NAME%” impiega cookie che hai scelto di disabilitare. Per porter visualizzare questo contenuto è necessario che tu modifichi le tue preferenze sui cookie: clicca qui per modificare le tue preferenze sui cookie.