Preparativi all’intesa con l’Islam?

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di Marco Croce

È stato firmato al Viminale, l’1 febbraio scorso, dal Ministro Minniti e da nove associazioni rappresentative dei fedeli di religione islamica in Italia, il Patto nazionale per un Islam italiano: tale patto è il frutto del lavoro svolto dal Consiglio per i rapporti con l’Islam italiano istituito presso il Ministero dell’Interno e dalle stesse associazioni religiose.

Il documento si struttura come un doppio decalogo: dieci impegni delle comunità religiose e dieci impegni dello Stato italiano.

Il preambolo vede i rappresentanti delle associazioni richiamare dapprima i valori costituzionali in materia (laicità, diritti inviolabili del singolo anche nelle formazioni sociali, libertà religiosa ed eguaglianza senza distinzione di religione, pluralismo confessionale), passare poi a considerazioni di contesto socio-politico, prendendo atto dell’esistenza di un nuovo pluralismo religioso e di aumento della presenza dell’Islam nel contesto italiano, infine rendersi strumento di collaborazione coi pubblici poteri per combattere il radicalismo religioso (“Ritenuto di dover contribuire a favorire la convivenza armoniosa e costruttiva tra le diverse comunità religiose per consolidare la coesione sociale e promuovere processi di integrazione; Considerato il ruolo rilevante che le associazioni islamiche svolgono nell’azione di contrasto a ogni espressione di radicalismo religioso”).

Seguono a questo punto i dieci impegni dell’Islam italiano rappresentato da queste associazioni fra cui spiccano la volontà di creare un dialogo permanente con il Viminale, di promuovere un processo di organizzazione giuridica delle associazioni islamiche in armonia con la normativa vigente, di formare imam e guide religiose in maniera da far loro svolgere anche il ruolo di mediatori culturali ed educatori ai princìpi costituzionali, di aprire i luoghi di culto islamico alla cittadinanza tutta e di tenere il sermone del venerdì in lingua italiana o comunque con traduzione, nonché di garantire massima trasparenza rispetto alla provenienza dei fondi utilizzati per l’edilizia di culto. Il senso complessivo di questi impegni è il tentativo di favorire il dialogo interculturale e, attraverso lo stesso, generare processi di integrazione che tendano a limitare le fughe, soprattutto delle nuove generazioni, verso esiti terroristici.

Da parte sua il Ministero dell’Interno si impegna a supportare queste attività delle organizzazioni islamiche, collaborando con loro, promuovendo eventi pubblici atti a rafforzare il dialogo e l’integrazione, valorizzando i programmi e le azioni già avviate tramite il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per gli Affari dei Culti (è imminente la partenza di un corso di formazione per rappresentanti stranieri delle confessioni prive di intesa a Ravenna a cura della Fondazione Flaminia e delle università di Firenze, Pisa, Bologna, Salerno, Cosenza e Palermo) soprattutto in tema di formazione dei ministri di culto, favorendo l’evoluzione dell’Islam italiano verso modelli di organizzazione giuridica compatibili con la normativa del settore in vista di una futura intesa, supportando iniziative coerenti da parte degli enti locali in maniera da decentrare su tutto il territorio nazionale le azioni di formazione e integrazione, e, infine, promuovendo “una conferenza con l’ANCI dedicata al tema dei luoghi di culto islamici in cui richiamare il diritto alla libertà religiosa che si esprime anche nella disponibilità di sedi adeguate e quindi di aree destinate all’apertura o alla costruzione di luoghi di culto nel rispetto delle normative in materia urbanistica di sicurezza igiene e sanità, dei principi costituzionali e delle linee guida europee in materia di libertà religiosa”.

In definitiva si tratta dunque di una sorta di alleanza tra “trono e altare”, il tentativo di strutturare un Islam italiano affidabile, capace di svolgere le funzioni di mediatore tra i pubblici poteri, la società italiana e la realtà islamica, cui affidare anche funzioni sostanzialmente pubbliche come, ad esempio, la lotta contro la radicalizzazione islamista nelle carceri attraverso l’azione di Imam.

Nulla di nuovo sotto il sole peraltro: questa linea del Ministero dell’Interno va avanti dagli anni in cui Giuliano Amato ricopriva il ruolo di Ministro e nei quali si era elaborata la Carta dei valori e della cittadinanza come primo momento di apprendimento dei valori costituzionali. Di diverso rispetto ad allora pare esserci però la disponibilità delle diverse sigle dell’Islam italiano a farsi raggruppare, pur nel rispetto della diversità, sotto un’unica forma organizzativa capace poi di ottenere quell’intesa che a oggi pare essere ancora un miraggio che è nella piena disponibilità della volontà del Governo, dopo che la sentenza n. 52 del 2016 della Corte costituzionale ha deciso che gli atti dell’esecutivo in materia di intesa con le confessioni religiose sono giurisdizionalmente insindacabili.

La ragion pratica che spinge in queste delicato periodo a intraprendere politiche di questo tipo è sicuramente comprensibile. Residua però il rischio di un certo paternalismo dei toni e delle azioni, nonché il rischio di rendere più gravoso il percorso dell’Islam italiano verso assetti giuridici che lo stesso avrebbe diritto di ottenere in virtù dei princìpi costituzionali, a prescindere dal dover fornire patenti di affidabilità, quasi che la presunzione fosse di segno opposto, e senza dover per forza ridurre a unità un mondo così variegato.

Le associazioni che hanno firmato il Patto pare siano rappresentative di un buon 70% dell’Islam italiano. Residua comunque un 30% che potrebbe in questa maniera sentirsi escluso e inclinare verso una ghettizzazione e radicalizzazione sicuramente non auspicabile. Forse per questo sarebbe bene che gli impegni dello Stato italiano fossero radicati, prima che in patti di questo tipo, direttamente nei princìpi costituzionali in materia di eguaglianza e libertà religiosa che attendono ancora piena realizzazione, e fossero portati avanti attraverso una legislazione unilaterale tesa a favorire l’esplicarsi del sentire religioso (o irreligioso) di tutti a prescindere dalle contingenti alleanze tra i troni e gli altari.

http://www.interno.gov.it/sites/default/files/patto_nazionale_per_un_islam_italiano.pdf

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