Premetto che non conosco Sergio Venturi, assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna, e neppure Giancarlo Pizza, presidente dell’Ordine dei medici di Bologna. Leggo dai giornali che l’Ordine, su iniziativa del suo presidente, ha decretato la radiazione di un suo iscritto, Sergio Venturi, colpevole di aver concorso a formare la delibera regionale del maggio 2016, con cui si regolava la composizione del personale sanitario che deve essere presente sulle ambulanze, ovvero consentiva la presenza a bordo dei soli infermieri specializzati, senza i medici. Ma non entro nel merito del provvedimento, che può essere discutibile.
Quello che mi pare davvero abnorme è il comportamento del Consiglio dell’Ordine professionale. L’Ordine è un ente pubblico (disciplinato per legge) che ha il compito di tutelare la professionalità degli iscritti a protezione degli utenti: i professionisti si iscrivono obbligatoriamente all’Albo per esercitare la professione, superando appositi esami di Stato gestiti dall’Ordine stesso, e ne sono radiati quando siano ritenuti colpevoli – a seguito di un procedimento disciplinare che ha forme e garanzie simili a quelli di un procedimento davanti al giudice ordinario – di aver violato il Codice deontologico. Il Codice deontologico dei medici disciplina l’esercizio della professione del medico, i suoi doveri, i limiti dell’attività professionale, intervenendo in tutti gli aspetti più delicati della professione (tutela dei dati, consenso dei pazienti, limiti ai trattamenti, test genetici, sperimentazione ecc.).
Nei 79 articoli si trovano tutte le regole di comportamento sul cui rispetto l’Ordine deve vigilare. Tra queste non c’è certo quella di tutelare gli interessi corporativi dei medici. L’art. 70 dice che “il medico che svolge funzioni di direzione o di dirigenza sanitaria nelle strutture pubbliche o private deve garantire, nell’espletamento della sua attività, il rispetto delle norme del Codice di Deontologia Medica e la difesa dell’autonomia e della dignità professionale all’interno della struttura in cui opera”. A parte il fatto che il ruolo coperto da Venturi non è quello di dirigenza sanitaria, essendo un ruolo di direzione politica di un ramo dell’amministrazione regionale, in che modo la disciplina delle ambulanze può incidere sulla “dignità professionale” del medico?
Il provvedimento assunto dall’Ordine è abnorme e non consono al ruolo e alla funzione dell’Ordine. Che non è una loggia massonica che può punire il fratello se viola la Promessa solenne (e segreta) che vincola i Fratelli alla solidarietà, “a prestargli aiuto e assistenza in ogni occasione”. Nel suo ruolo politico Venturi ha interpretato l’interesse pubblico, come è compito di chi riveste un ruolo politico, e non può essere punito come se con ciò avesse violato i doveri del medico: salvo non pensare che tra tali doveri vi sia anche quello di fare sempre e comunque gli interessi della corporazione, come è richiesto al fra’ massone. Tutto questo sembrano ignorare i membri del Consiglio dell’Ordine e il suo presidente: amministrano un ente pubblico e non ne conoscono i fondamenti normativi.
Capisco, sono medici e non giuristi: per questo il presidente Pizza, intervenendo nel dibattito sull’obbligo vaccinale, è giunto ad affermare con ogni sicumera che esso viola «il diritto costituzionale garantito… di decidere se essere sottoposti a un trattamento sanitario o meno, è un diritto che non può essere alienato». Basterebbe la lettura del secondo comma dell’art. 32 Cost. (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”) per comprendere che esistono trattamenti sanitari obbligatori quando lo richieda l’interesse pubblico. Forse è lui che meriterebbe un provvedimento disciplinare?