Mentre l’attenzione della politica già si sposta su altri oggetti di polemica quotidiana, è bene dire qualcosa sulla legge di bilancio 2020 da poco approvata. Non sui contenuti, ma sul ruolo che hanno svolto durante la procedura i vari attori in campo: Parlamento, Governo, maggioranza e opposizione.
Su questo tema c’è il precedente dell’anno scorso, quando il Governo gialloverde ha imposto tempi di approvazione che al Senato hanno di fatto impedito il dibattito parlamentare sulla legge di bilancio 2019. Ne è sortito un ricorso alla Corte costituzionale da parte del gruppo parlamentare dei senatori PD, allora all’opposizione. La Corte ha riconosciuto che le forzature procedimentali volute dal Governo hanno «determinato una compressione dell’esame parlamentare»; tuttavia, i giudici costituzionali non si sono spinti a sanzionare questa grave lesione; si sono limitati a formulare un monito per il futuro, affermando che «in altre situazioni una simile compressione della funzione costituzionale dei parlamentari potrebbe portare a esiti differenti» (ord. 17/2019).
È passato un anno e la situazione non è cambiata significativamente. Anche il nuovo Governo e la nuova maggioranza giallorossa che lo sostiene hanno limitato le prerogative parlamentari ma con modalità diverse. Di nuovo la molla principale è stata la ristrettezza dei tempi: mentre l’anno scorso vi fu una faticosa interlocuzione con le istituzioni europee, quest’anno si è arrivati lunghi a causa dei contrasti interni alla maggioranza. E così, un atto tanto articolato e complesso come la legge di bilancio è stato approvato in una sola lettura nell’arco di pochi giorni di effettivo lavoro d’aula. A questo scopo, durante l’esame al Senato, il Governo ha posto la fiducia su un maxiemendamento che ha ripreso in larga parte il lavoro della commissione.
Più problematico ciò che è successo nel successivo esame alla Camera quando il Governo ha posto la fiducia sull’identico testo approvato dal Senato. La conseguenza di questa seconda mossa è stata che i deputati non hanno potuto emendarlo e quindi che il Parlamento ha in sostanza operato come un’assemblea monocamerale; solo una camera ha realmente deciso, l’altra si è limitata a confermare la sua decisione.
Gentile professor Di Cosimo,
mi permetto di segnalare che, per quando riguarda l’esame del Senato, il maxiemendamento oggetto dell’apposiziome della questione di fiducia era, nella sostanza, quasi interamente riproduttivo del testo della legge come risultante dell’esame della Commissione bilancio.
Ne consegue che, almeno per quanto riguarda il Senato, non risulta corretto affermare che i contenuti della manovra siano stati decisi e scritti dal Governo.
A seguito dell’osservazione di Michele Magrini, l’A., riconoscendo l’errore materiale, ripropone corretto il testo del suo contributo.