La sottoscrizione delle liste: i radicali hanno ragione, ma la colpa è della legge

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di Roberto Bin

È scoppiata da poco la questione della raccolta delle firme a cui sono tenuti i partiti che non erano già rappresentati in parlamento e che vogliono aderire ad una coalizione: è la questione sollevata da Emma Bonino, la cui lista, +Europa, avrebbe dovuto entrare nella coalizione di centro-sinistra.

Il problema nasce dalla legge elettorale da poco entrata in vigore, il c.d. Rosatellum, approvato in fretta e furia in un clima da arena o da circo: approvato all’ultimo momento, dopo che due sentenze della Corte costituzionale avevano smantellato le leggi elettorali in vigore.

La confusione normativa è enorme. Non ci sarebbe da meravigliarsene, perché la confusione è ormai un tratto distintivo della legislazione italiana da molti anni in qua: e questa confusione, che mina uno dei fondamenti classici dello Stato di diritto – la certezza e la prevedibilità delle leggi – diventa pericolosissima se intacca anche la disciplina dei delicatissimi meccanismi elettorali, dal cui funzionamento dipende la legittimazione degli organi politici. Più le leggi sono confuse, più potere si trasferisce da chi le leggi le fa – il parlamento democraticamente eletto – a chi le leggi le interpreta e applica – le burocrazie amministrative e i giudici – organi politicamente non responsabili.

Ma nel caso delle liste che aderiscono a una coalizione la legge è sin troppo chiara (anche se, bisogna avvertire i lettori, la legge va letta nel suo testo ufficiale e non nel Testo unico pubblicato in siti istituzionali, come quello della Camera e del Senato, che non è stato aggiornato!). Il nuovo primo comma dell’art. 18 bis del Testo unico dice:

«La dichiarazione  di  presentazione  delle  liste   di   candidati   per l’attribuzione   dei   seggi   nel   collegio   plurinominale,    con l’indicazione dei  candidati  della  lista  nei  collegi  uninominali compresi nel collegio  plurinominale,  deve  essere  sottoscritta  da almeno 1.500 e da non più di 2.000  elettori  iscritti  nelle  liste elettorali di comuni compresi nel medesimo collegio plurinominale  o, in caso di  collegio  plurinominale  compreso  in  un  unico  comune, iscritti nelle sezioni elettorali  di  tale  collegio  plurinominale

C’è poco da interpretare (sempreché io sia riuscito a capire correttamente la legge in vigore), e per una volta non è giusto prendersela con le burocrazie ministeriali. L’assurdità è contenuta nella legge: chi presenta la lista dovrebbe indicare i candidati di ogni collegio uninominale prima che la stessa coalizione decida, dopo sanguinosa lotta, quale esso sarà! Bisognerebbe prendersela con il “tecnico” che questa norma l’ha scritta e inserita nella legge, nonché con i parlamentari che, invece di discutere nel merito ogni disposizione come previsto dalla Costituzione, hanno fatto spettacolo e ostruzionismo, costringendo il Governo a porre la fiducia per blindare il testo (senza il quale saremmo andati alle elezioni con due leggi diverse, diversamente “emendate” dalla Corte costituzionale!).

La buona notizia è che queste camere sono finalmente sciolte; la notizia cattiva è che le nuove camere nascono già con il condizionamento di regole illogiche e contestate. Incrociamo le dita.

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