UNIONE EUROPEA
Il Parlamento e la Commissione divisi sul glifosato

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di Giovanni Di Cosimo

Sulla pericolosità per la salute del glifosato, un pesticida molto diffuso, i pareri sono discordi. Se ne parliamo qui, è perché la questione è finita all’attenzione della complessa macchina dell’Unione europea. Le decisioni di autorizzare l’uso di sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana si fondano necessariamente su basi scientifiche. Ma come si procede quando i dati scientifici sono contraddittori?

Il Parlamento europeo si è espresso l’ultima volta il 24 ottobre scorso con una risoluzione che boccia la proposta della Commissione di rinnovare per altri dieci anni, fino al 2027, l’autorizzazione relativa alla sostanza (va precisato che comunque la decisione ultima spetta agli Stati membri). Il Parlamento ritiene che la proposta “non garantisca un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell’ambiente”. La risoluzione “invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che la valutazione scientifica dei pesticidi per l’approvazione regolamentare dell’UE si basi unicamente su studi soggetti a revisione paritetica e su studi indipendenti pubblicati, che siano commissionati dalle autorità pubbliche competenti”.

Una posizione analoga è espressa da un’iniziativa dei cittadini europei (ICE) mirante a vietare l’uso del glifosato. Prevista dall’art. 11 del Trattato, l’iniziativa legislativa è in concreto un invito alla Commissione a presentare proposte legislative su determinati temi (l’iniziativa deve provenire da almeno un milione di cittadini di almeno sette Paesi membri).

Invece la Commissione ha rinnovato per cinque anni l’autorizzazione per il glifosato. La decisione è stata presa il 27 novembre a maggioranza (l’Italia è fra gli Stati che si sono opposti). Secondo la Commissione “Al momento il divieto del glifosato non sarebbe giustificabile né dal punto di vista giuridico, né da quello scientifico. Dopo un esame scientifico esauriente e trasparente, durante il quale sono state rese pubbliche oltre 6 000 pagine di valutazioni scientifiche, la valutazione del rischio effettuata dall’UE ha concluso che il glifosato non provoca il cancro e, se usato seguendo le buone pratiche agricole, non costituisce un rischio inaccettabile per l’ambiente”.

La contromossa del Parlamento, che chiedeva di eliminare gradualmente il commercio e l’utilizzo del glifosato entro la fine del 2022, è arrivata il 18 gennaio scorso con la decisione di istituire una commissione speciale per esaminare le procedure di autorizzazione (la decisione è stata presa dalla conferenza dei presidenti e a febbraio dovrà essere ratificata dall’assemblea). Il sospetto, esplicitato da alcuni rappresentati politici, è che l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) abbiano subito pressioni dalla ditta produttrice della sostanza.

Questo ci riporta alla questione della trasparenza dei processi decisionali. Al riguardo, la Commissione si è impegnata a dar seguito alla richiesta del Parlamento e dei cittadini di basare la valutazione dei pesticidi su studi pubblicati e commissionati dalle autorità pubbliche anziché dall’industria. Si è perciò impegnata a modificare le regole attuali allo scopo di garantire una maggiore trasparenza delle procedure di autorizzazione. Di fronte a studi contraddittori (in questo caso l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro classifica il glifosato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”, mentre l’Efsa e l’Echa sostengono che è improbabile che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo), sono necessarie regole apposite per verificarne l’attendibilità.

In realtà, in attesa delle nuove regole, l’Ue avrebbe potuto applicare il principio di precauzione, che di fronte all’incertezza dei dati scientifici suggerisce di non autorizzare l’utilizzo della sostanza, ma la Commissione l’ha colpevolmente trascurato.

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