ELEZIONI 2018: come si vota e cosa succede dopo

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di Roberto Bin

La scheda non rappresenta nulla di strano: all’elettore verranno date una scheda per la Camera e una per il Senato, che sono sostanzialmente eguali.
Ogni LISTA (che può essere di un partito che si presenta da solo o forma una coalizione) occupa uno spazio in cui viene indicato:
a) il COGNOME E NOME del candidato al seggio uninominale
b) la lista dei candidati, indicati con COGNOME E NOME e inseriti secondo un ordine di precedenza che determinerà l’ordine in cui vengono scelti gli eletti (è obbligatorio alternare uomini e donne nella lista)
Se la LISTA è compresa in una COALIZIONE, ci sarà:
a) il COGNOME E NOME del candidato al seggio uninominale dell’intera coalizione
b) le liste dei candidati (come sopra) di ogni partito che compone la coalizione, con relativo simbolo.
Se l’elettore barra solo il nome del CANDIDATO ALL’UNINOMINALE, il suo voto andrà alla lista ma non ne beneficerà in particolare nessuno dei partiti che formano l’eventuale coalizione, perché i voti acquisiti dal candidato uninominale saranno distribuiti tra le liste che lo hanno sostenuto in proporzione ai voti che esse hanno acquisito nelle sezioni plurinominali comprese nel suo collegio.
Se l’elettore barra solo il SIMBOLO DEL PARTITO che forma la coalizione, il suo voto va al partito ed anche alla lista e al suo candidato all’uninominale.
Non si possono esprimere preferenze per i singoli candidati. Non si possono votare candidati uninominali diversi da quello proposto dalla lista per cui si esprime il voto.

I seggi uninominali sono distribuiti secondo il sistema inglese: chi prende più voti viene eletto. Un candidato può presentarsi in un solo collegio uninominale, per cui rischia molto nel confronto con il candidato degli altri partiti; ma può beneficiare di un «paracadute», presentandosi anche in (non più di) 5 listini plurinominali. Tradotto: i «bocciati» nei collegi uninominali poi possono essere recuperati nella quota proporzionale (sono eletti nel collegio ove la propria lista ha ottenuto la percentuale minore di voti).

Nei collegi plurinominali invece le operazioni sono più complicate, perché bisogna calcolare quanti seggi vanno assegnati alle varie liste e ai partiti che formano la coalizione, ovviamente in proporzione ai voti conquistati. Ci vorrà un po’ di tempo.

Dopo l’elezione i partiti dovranno contare i propri eletti e formare i GRUPPI PARLAMENTARI, che non possono costituirsi se non hanno almeno 20 deputati (alla Camera) e 10 senatori (al Senato).

Quando si tratterrà di formare il Governo, il Presidente della Repubblica inizierà le consultazioni, non dei partiti (che sono semplici associazioni private), ma dei capi dei gruppi parlamentari: per cui molto importante è se le coalizioni, che si sono presentate in un’unica lista alle elezioni, formeranno anche un unico gruppo parlamentare. Per tradizione si incomincia dal più piccolo e si finisce con il più grande. In genere è a quest’ultimo che il Presidente chiede di designare l’esponente che potrebbe ottenere una maggioranza alle Camere.

E qui si apre il fantastico e magico mondo delle trattative politiche!
Tutto quello che noi elettori possiamo fare è votare pensando a quello che facciamo: e incrociare le dita.

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2 commenti su “ELEZIONI 2018: come si vota e cosa succede dopo”

  1. E’ stato molto chiaro e la ringrazio.
    Mi chiedevo, e spero lei possa darmi un’indicazione: essendo questa formula elettorale in buona parte proporzionale, per la ripartizione dei seggi tra le liste concorrenti in proporzione ai voti conseguiti, qual è il metodo utilizzato?

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  2. Come in tutte le leggi elettorali, il metodo di ripartizione dei seggi è estremamente complicato da descrivere, anche perché bisogna tener conto del fatto che Camera e Senato hanno discipline diverse e poi che vanno calcolati gli effetti delle clausole di sbarramento. In via di massima semplificazione diciamo che a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato bisogna calcolare quanti deputati/senatori spettano a ciascuna lista per il voto uninominale (e questo è semplice) e quanti per il voto plurinominale (per questi si procede con il sistema dei resti più alti); poi si procede a distribuirli nei diversi collegi… Pagine e pagine di spiegazione si possono trovare nella legge 165/2017. Ecco come sintetizza il sistema Antonio Floridia in un articolo pubblicato tempo fa su questo giornale (http://www.lacostituzione.info/index.php/2017/09/24/ingegneria-istituzionale-o-bricolage-elettorale/): “g) Nei 231 collegi uninominali viene immediatamente eletto il candidato che arriva primo. Per gli altri seggi, si fanno le somme dei voti nazionali ad una lista, si stabilisce un quoziente semplice, e si stabilisce quanti dei 386 seggi spettano a ciascuna lista. Poi c’è un meccanismo “top-down” che porta alla distribuzione territoriale di questi seggi nelle circoscrizioni e poi nei vari collegi plurinominali all’interno della circoscrizione”.

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