Alcuni leader degli indipendentisti catalani risultano tra gli eletti al Parlamento europeo che si insedierà il prossimo 2 luglio. E qualche problema ora si porrà.
Come noto, le elezioni europee si svolgono tuttora sulla base delle regole dettate dai singoli Stati membri, essendo fissate a livello eurounitario soltanto alcune disposizioni di principio, quali l’opzione a favore di un sistema elettorale proporzionale e la presenza di una soglia di sbarramento compresa tra il 3 ed il 5% dei voti validi espressi.
La disciplina spagnola prevede, come ultima fase del procedimento elettorale, che gli eletti al Parlamento europeo, al momento dell’accettazione del mandato, debbano giurare sulla Costituzione presso la Giunta elettorale nazionale in seno al Congresso dei deputati di Madrid. Qui sorge il problema: Carles Puigdemont, ex presidente catalano in esilio in Belgio e neoeletto al Parlamento europeo, qualora rientrasse in territorio spagnolo verrebbe con ogni probabilità arrestato, in quanto tuttora accusato di ribellione e sedizione per i fatti accaduti in Catalogna alla fine del 2017, culminati con la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Oltre a Puigdemont, sono stati eletti anche l’ex Ministro della Salute Antoni Comìn, anch’egli in esilio in Belgio, e l’ex vicepresidente catalano Oriol Junqueras, attualmente in stato di custodia cautelare in Spagna e imputato dinanzi al Tribunal Supremo.
Nei giorni immediatamente successivi all’elezione, l’ex presidente Puigdemont tentò invano di entrare nella sede del Parlamento europeo, in quanto sprovvisto delle necessarie credenziali, poiché, come sembra, le competenti autorità nazionali non avevano inviato l’elenco definitivo degli eletti, determinando la sospensione dell’assunzione della carica per tutti gli eurodeputati spagnoli.
Il giuramento di fronte alla Giunta elettorale nazionale si è svolto il 17 giugno, in assenza dei tre aspiranti eurodeputati citati: in ragione di ciò, la Giunta ha comunicato al Parlamento europeo la lista definitiva degli eletti, con i tre seggi in questione attualmente vacanti.
A questo punto, si aprono prospettive diverse a seconda dell’angolo visuale da cui esaminare questa vicenda:
- Anzitutto, è da chiedersi quale sarà la decisione del Parlamento europeo nel momento in cui svolgerà la verifica dei poteri degli eletti: si limiterà a recepire la decisione delle autorità spagnole o, al contrario, assumerà una propria determinazione facendo leva sul principio di autonomia che caratterizza ogni assemblea parlamentare? E’ pur vero l’esperienza comparata dimostra come la verifica dei poteri sia stata progressivamente esternalizzata dai Parlamenti nazionali, prevedendo, nelle forme più varie, il concorso dell’autorità giudiziaria; tuttavia sarebbe del tutto inedito che un’assemblea parlamentare si limitasse a recepire la convalida degli eletti svolta – ed è fondamentale ricordarlo – in un ordinamento diverso.
- Per quanto riguarda il versante spagnolo, occorre comprendere quali rimedi abbiano a disposizione i tre eurodeputati non convalidati. Potrebbero, ad esempio, ricorrere al Tribunal Supremo (sezione del contenzioso amministrativo) impugnando la mancata convalida della elezione? Non va trascurato che ben due organi giurisdizionali, il Tribunal Supremo ed il Juzgados de lo Contencioso-Administrativo de Madrid, si erano pronunciati poche settimane fa a favore della candidabilità di Puigdemont e degli altri leader dei movimenti indipendentisti, motivando la decisione in virtù della natura fondamentale del diritto di elettorato passivo e sottolineando come le cause di incandidabilità ed ineleggibilità vadano interpretate restrittivamente, chiarendo che i reati di cui sono accusati non rientrano in tale ambito. Alla luce di ciò, qual è il senso di assicurare il diritto di candidarsi se dall’esercizio concreto di tale diritto, che si sostanzia nell’accettazione del mandato parlamentare, discende la privazione della libertà personale dell’eletto? Peraltro, Puigdemont e Comìn hanno tentato di completare il procedimento elettorale giurando sulla Costituzione spagnola in Belgio e conferendo un mandato ai rispettivi legali affinché li rappresentassero dinanzi alla Giunta elettorale, soluzione ritenuta inammissibile. Il Tribunal Supremo, invece, non ha concesso a Junqueras il permesso di comparire temporaneamente dinanzi alla Giunta elettorale, pur avendo accordato al medesimo tale beneficio in occasione delle elezioni politiche spagnole del 28 aprile, a seguito delle quali è risultato validamente eletto al Congresso dei deputati, anche se sospeso dall’Ufficio di Presidenza a causa dello stato di detenzione in cui versa. Resta poi lo sullo sfondo la possibilità di adire il Tribunale costituzionale, impugnando la disciplina elettorale interna che prevede oneri forse irragionevoli, quali il giuramento e la necessaria presenza fisica all’atto di accettazione della elezione per il Parlamento europeo.
- La terza prospettiva attraverso cui leggere questa vicenda è quella dei giudici sovranazionali, ossia Corte di Giustizia dell’Unione europea e Corte europea dei diritti dell’uomo. Anzitutto, nelle scorse settimane il Tribunal Supremo, nel processo che vede imputato Oriol Junqueras, ha sollevato un rinvio pregiudiziale di interpretazione affinché la Corte di Giustizia chiarisca i limiti dell’immunità di cui godrebbero i parlamentari europei.
Qualora, poi, il Parlamento europeo dovesse limitarsi a recepire quanto stabilito dalle autorità spagnole, senza svolgere un’autonoma verifica dei titoli di elezione dei propri componenti e, quindi, escludendo i tre eletti indipendentisti, questi ultimi potrebbero impugnare l’atto del Parlamento europeo dinanzi alla Corte di Giustizia. Tuttavia, la giurisprudenza comunitaria ha sempre sostenuto che il Parlamento europeo debba esclusivamente prendere atto della proclamazione degli eletti svolta dalle autorità competenti nei singoli Stati membri, come avvenuto nei casi Le Pen (Tribunale di Primo Grado, V sez., nella causa T-353/00) e Donnici vs. Occhetto (Corte di Giustizia dell’Unione europea, cause riunite C-393/07 e C-9/08).
Tuttavia, in questo caso vengono in considerazione profili di esercizio uniforme del diritto di elettorato passivo sul territorio dell’Unione europea: è ragionevole imporre ai deputati spagnoli eletti al Parlamento europeo di giurare sulla Costituzione, richiedendo al contempo la presenza fisica dell’eletto di fronte alla Giunta elettorale nazionale? Ciò non rappresenta un ostacolo all’esercizio di un diritto fondamentale tutelato dai Trattati europei? La Corte di Giustizia potrebbe cambiare il proprio orientamento di fronte alla violazione del diritto di elettorato passivo, consento al Parlamento europeo di svolgere – finalmente – un’autonoma verifica dei poteri?
Oltre alla Corte di Giustizia, anche la Corte europea dei diritti dell’uomo può essere chiamata in causa in questa vicenda: qualora i deputati catalani venissero privati del seggio, sarebbe possibile adire la Corte di Strasburgo per violazione dell’art. 3 del Protocollo n. 1 della CEDU. In questo modo, verrebbe a realizzarsi un doppio binario per la tutela del diritto di elettorato passivo: di fronte alla Corte di Giustizia per gli atti compiuti dal Parlamento europeo, qualora si limitasse a recepire quanto statuito dalle autorità nazionali; e dinanzi alla Corte EDU contro gli atti compiuti nei singoli Stati membri.