Nota sulla irrazionale situazione post-elettorale negli Stati Uniti

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di Luigi Ventura

Non richiamerò in questa nota i miei studi sul diritto di resistenza (per cui basterebbe citare molte Costituzioni degli Stati della Federazione U.S.A.), né sul tirannicidio, che probabilmente mi sono costati cari in gioventù, ed anche per questo recentemente rieditate; nemmeno varrebbe la mia alta considerazione, dal punto di vista storico, di Robespierre, compresa, per contrappasso, la sua fine fisica, ma anche dei Giacobini, nella formazione dello Stato borghese di diritto, semplicemente poiché l’argomento e il soggetto di cui riferirò non ne sono degni anche se, immagino, quest’ultimo non saprebbe assolutamente di che si discorre.

Si noti, tra l’altro, che nella storia degli Stati Uniti hanno perso la vita in modo violento Abramo Lincoln, John Kennedy, Robert Kennedy, Martin Luther King, che non erano certo, si fa per dire, dei “tiranni” o degli estremisti di destra. E taccio su ciò che penso da sempre sulle responsabilità delle istituzioni statali, al di là delle ricostruzioni ufficiali, come potrei dire se ne avessi voglia.

Né mi interessa la imago mortis del costituzionalismo negli Stati Uniti, per quattro anni in default, che probabilmente sarà presto ripristinato, assieme alle regole dello Stato di diritto. Anche perché, sbagliando, gli Stati Uniti sono stati considerati un modello di democrazia costituzionale. E, tuttavia, non è tipica del sistema nordamericano l’elezione di un uomo che fa della cattiveria – di cui parla in alcune registrazioni pubblicate dal Washington Post anche la sorella: «… crudele, bugiardo, privo di principi e pertanto “inaffidabile”») – la sua cifra; che non governa la complessità con il rispetto degli altri, ma con la durezza egocentrica che non tiene conto della competenza persino umile che richiede il governo. Un uomo al comando, per caso dico, alla guida della prima (o seconda?) potenza mondiale, carico della consapevolezza di essere un tycoon (con tutto quel che segue) e della sua mancata e non voluta conoscenza dei modi di esercizio del potere politico-costituzionale, non political correct e senza mai un gesto positivo, anche ipocrita. Solo una smorfia con la bocca e gesti ripetuti e prevedibilmente ripetitivi.

L’antropologia è una scienza che andrebbe applicata innanzitutto alla politica. assieme ad indagini psico-attitudinali, soprattutto per cariche così importanti ed apicali (con annessa valigetta rossa). E sì, perché si è scritto che la sua “cifra” è fondata non sulla progettualità ideale ma sul corpo, sulla presenza corporea. Il che, in generale, ma soprattutto nel caso di specie, mi pare immondo. E sto pensando all’improbabile pancake per ciuffo con riporto che, come scrive Aldo Cazzullo sul Corriere della sera, ha un colore inesistente in natura.

Ma vogliamo dire di scelte politiche, per titoli, però? Bene, che dire della uscita dall’OMS?; della uscita dal trattato sull’ambiente?; della rottura, che sta avendo degli effetti potenzialmente pericolosissimi, degli accordi con l’Iran, sulla limitazione dell’acquisizione di uranio arricchito? Che dire del deterioramento dei rapporti politico-economici con la Repubblica popolare cinese (che tra l’altro detiene circa la metà del debito pubblico statunitense)? E che dire dei rapporti ridotti ai minimi termini con i Paesi della Unione Europea (facendo la tara politica su unilaterali simpatie di politici britannici ed italiani)? Rimane l’incompiuta, fortunatamente, della costruzione del muro con il Messico, cavallo di battaglia della campagna elettorale del 2016 e dei primi mesi di presidenza. Potrei continuare, compulsando la mia memoria e le Gazzette. E, tuttavia, è del 19 novembre 2020 la notizia che il numero di decessi per corona virus, negli USA, ha superato la cifra di 250.000 (duecentocinquantamila). Qualcuno dovrebbe calcolare quanti americani, in tutte le guerre combattute in due secoli, hanno perso la vita e si comprenderebbe quanto l’azione di quel governo, ma soprattutto del comandante in capo abbia determinato un disastro di tal natura. Sul tema non aggiungerò alcunché, dato il rispetto che bisogna avere dinanzi ad un genocidio che in qualsiasi democrazia costituzionale avrebbe determinato la fine politica tombale del responsabile. Dirò soltanto che sono convinto che l’infezione del numero uno non ci sia mai stata. Secondo me è stata una sceneggiata mediatico-elettorale.

Basterebbe tutto quanto accennato, per comprendere la realtà di un fenomeno epocale del ventunesimo secolo, spero irripetibile, anche se non è certo, poiché i media discorrono di possibilità di un tentativo di ripercorrere la strada elettorale nel 2024. La qual cosa è immaginabile, pur se razionalmente improbabile negli Stati Uniti. Spero che, se non altro, il decorso naturale impedisca un ulteriore scempio della politica USA. Ma insorge lo spirito di un disinteressato costituzionalista che ha osservato una “strage” di ministri e dirigenti federali, licenziati magari via twitter, perché non conformi alle esigenze del capo, perché non esprimenti consenso incondizionato alla sua linea. Ma una cosa è ciò che riguardava il decorso del mandato, altra è ciò che riguarda chi non ha condiviso l’idea, la folle accusa di brogli elettorali (preannunciati mesi prima dell’evento elettorale), non provati dinanzi ai giudici, e verosimilmente del tutto improbabili e che impediscono una naturale, normale transizione che pare ineluttabile. Mi riferisco innanzi tutto, cominciando dalla coda, al capo della cyber-security per le elezioni, Chris Kreb, che ha affermato che quelle di cui si parla sono state le più sicure di sempre e per questo licenziato in tronco, via twitter, come al solito.

La democrazia americana, che ha conferito 70 milioni di voti a chi contesta (e su questo dato si dovrebbe riflettere con attenzione), a fronte dei 75 milioni a chi ha vinto, meriterebbe altro rispetto.

Ma passiamo alla del tutto folle mole di licenziamenti di ministri e funzionari di Stato, con la premessa metodologica che le responsabilità sono di due tipi: o culpa in eligendo (rectius: errori nelle scelte) ovvero, come sarebbe dimostrabile, l’intolleranza del dissenso, dell’autonomia di pensiero e della naturale dialettica in qualsiasi formazione democratica.

2017: Kristjen Nielsen, ministro degli interni; Jim Mattis, capo del Pentagono; Jeff Session, ministro della Giustizia; ma prima Sally Yates, ministro della giustizia ad interim; Michael Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale; Preet Bharara, procuratore di New York; Sean Spicer, capo della comunicazione del Presidente; Reince Priebus, capo della comunicazione e finalmente il ridimensionato Steve Bannon, su cui ritengo di dover tacere; Omarosa Manigault Newman, assistente e direttrice delle comunicazioni (con un passato televisivo con il Presidente).

2018: Gary Cohn, direttore del Consiglio economico nazionale, seguito, dopo una settimana, dal Segretario di Stato Rex Tillerson, sostituito da Mike Pompeo; Hebert Raymon MacMaster, consigliere presso l’Agenzia per la sicurezza nazionale, sostituito da John Bolton; Scott Pruit, protagonista di scandali, sostituito da Andrew Wheeler; Nikki Haley ambasciatrice all’ONU (fonte, fin qui, oltre alla memoria di chi scrive, tg24.sky.it). John McEntee, assistente personale del Presidente; Josh Raffael, vicedirettore della comunicazione; Hope Hicks, direttore delle comunicazioni; Rachel Brand, procuratore generale associato; Rob Porter, segretario del personale; Brenda Fitzgerald, direttore del Centers for Disease Control; Andrew McCabe, vicedirettore dell’Fbi, quarantotto ore prima che andasse in pensione; Rick Dearborn, vice capo dello staff; Dina Powell, vice consigliere per la sicurezza nazionale; Tom Price, segretario alla salute, a causa di scandali; Sebastian Gorka, vice del presidente sulla sicurezza nazionale e il terrorismo; Carl Icahn, accusato di conflitto di interesse; Anthony Scaramucci, licenziato dopo dieci giorni dall’inizio del suo servizio; Walter Shaub, direttore dell’ufficio sulle questioni etiche del governo; James Comey direttore dell’Fbi; Michael Dubke, direttore delle comunicazioni; Katie Walsh, vice-capo dello staff  della Casa bianca; K.T. McFarland, vice consigliere per la sicurezza nazionale (fonte: www.Tpi.it.).

Ed allora, come si diceva, quali sono le cause di tale sfascio? Le mie idee, credo, sono chiare, ma non è detto che siano esatte o condivisibili, riguardo ad un soggetto impolitico – se la politica ha un senso ed un sistema di valori –, disinvoltamente divisivo nell’interpretazione del suo ruolo, antropologicamente, secondo canoni ragionevoli, inadeguato alla guida di una democrazia costituzionale, che tuttavia raccoglie un consenso affatto indifferente nell’elettorato americano, non credo creando, come si afferma, una coalizione di elettori sotto il suo nome (si parla di …ismo), ma coagulando la parte (inconsapevolmente peggiore) che, al di là dei numeri attuali, c’è sempre stata in quel Paese. Mi riferisco al suprematismo bianco, al razzismo ed al culto esasperato delle diseguaglianze, con forme di violenza inconcepibili in società democratiche.

Mi chiedo soltanto cosa avverrà nel caso in cui il soggetto non lasciasse il posto che non ha tenuto con onore. C’è la ragion di Stato; c’è l’interesse nazionale; c’è un evidente colpo di stato strisciante. Ci sono istituzioni che in passato si sono distinte, si fa per dire, per modificare la storia, come da sempre fermamente credo, degli Stati Uniti e del mondo. Basta, se occorre, cacciare questo soggetto (che continua ad affermare, contro ogni evidenza legale: «Ho vinto io») anche con la forza dello Stato di diritto dalla residenza che non gli spetta per volere della maggioranza degli americani e che il 20 gennaio 2021 occuperebbe indebitamente, da usurpatore. Non vorrei che fosse indispensabile, e non solo filosoficamente, l’“appello al Cielo”.

Ricordo un’America puritana e bacchettona, che stroncò la carriera politica di Gary Hart per una questione sessuale. Ricordo il tentativo di impeachment di Bill Clinton a causa di una stagista che aveva conservato per anni un vestito che costituiva una prova materiale evidente di un atto sessuale. Ricordo la vicenda di Richard Nixon che, pur avendo a suo tempo condiviso in tutto, mi sembra un fatto grave ma di minore impatto rispetto ai problemi che ha avuto l’inquilino della Casa Bianca, con la legge. E tuttavia, evidentemente, la società americana è cambiata e non tiene conto dei 250.000 morti da corona virus. O forse sono cambiato io.

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