Dov’è il Parlamento?

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di Giovanni di Cosimo

«La mia lunga esperienza di membro del Parlamento ha consolidato le mie convinzioni sulla insostituibile centralità della funzione parlamentare nello sviluppo di una società nazionale e nella capacità di trasmettere una dimensione di partecipazione democratica negli organismi multilaterali in cui sempre più la comunità internazionale è destinata a organizzarsi». Queste parole di Mattarella, pronunciate il 17 novembre davanti alle Cortes spagnole, esprimono bene quale dovrebbe essere il ruolo del Parlamento nelle democrazie liberali. Il problema è che la realtà appare piuttosto lontana dalla convinzione del Presidente della Repubblica.

L’Assemblea rappresentativa non è più davvero centrale proprio sul piano normativo, dove subisce una concorrenza sempre più forte di altri soggetti. Da un lato, del Governo che, dati alla mano, da tempo è divenuto il legislatore principale. Dall’altro, del legislatore europeo che dispiega una vasta e sempre più pervasiva regolazione per moltissime attività economiche e sociali.

Il punto è che il Parlamento sembra quasi rassegnato a questo stato di cose. In primo luogo, quando omette di decidere alcune delle questioni che sfuggono alla sfera di influenza del Governo e dell’Ue. Sono temi di cui larga parte della società invoca la disciplina, come la questione del fine vita, per la quale anche la Corte costituzionale ha vanamente sollecitato un intervento legislativo, e la questione delle discriminazioni e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità.

In secondo luogo, quando non affronta le ragioni della sua debolezza. Rientra fra queste l’adozione di meccanismi come le liste bloccate che i capi dei partiti utilizzano per selezionare persone più inclini alla fedeltà (ai capi medesimi) che alla indipendenza di giudizio e alla saldezza morale. Dopo che la Corte costituzionale ha censurato le lunghe liste bloccate della legge Calderoli, l’attuale legge continua a prevederle, sia pure nella versione corta, e quindi meno impresentabile.

Per evitare la definitiva marginalità del Parlamento, e per avere una classe parlamentare all’altezza delle complesse sfide che caratterizzano il nostro tempo, occorre rivedere simili meccanismi. E magari non saremo più costretti ad assistere, solo per fare due esempi recenti, a parlamentari che offrono consulenze agli autocrati di paesi stranieri, o che chiedono il privilegio di non esibire il green pass per entrare alla Camera.

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