Pensioni e diritti: meglio riflettere bene prima di metterci le mani

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di Glauco Nori

Su alcuni aspetti delle modifiche, che si vorrebbero portare al sistema pensionistico, sarebbe utile qualche verifica.

Quando si è intervenuti sul trattamento tributario, colpendo solo le pensioni, redditi come qualsiasi altro, si sarebbero potuti risparmiare l’intervento della Corte costituzione e qualche anno di tempo solo che ci si fosse domandato se si stesse violando il principio di uguaglianza.

Sulla possibilità di intervenire sul sistema pensionistico la Corte costituzionale con la sentenza n. 170 del 2016 ha individuato dei limiti. Vanno seguiti “criteri di ragionevolezza e proporzionalità, tenendo conto dell’esigenza di bilanciare la garanzia del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica con altri valori costituzionalmente rilevanti” attraverso “uno scrutinio ‘stretto’ di costituzionalità, che impone un grado di ragionevolezza complessiva ben più elevato di quello che, di norma, è affidato alla mancanza di arbitrarietà”. “Un contributo di solidarietà non può essere ripetitivo e tradursi in un meccanismo di alimentazione del sistema di previdenza”

La riforma del sistema pensionistico del 1995, la c. d. riforma Dini, ha portato a normative diverse, fondate sull’elemento temporale: per chi al 31 dicembre 1995 aveva una anzianità contributiva superiore ai diciotto anni era mantenuto il criterio contributivo; per gli altri il sistema era misto.

Sui rapporti, in corso da tempo, si è ritenuto che si fosse consolidato un affidamento degli interessati che avrebbe potuto provocare dubbi sulla legittimità di una modifica in peggio. Ci si è attenuti ad un principio, enunciato ugualmente dalla Corte costituzionale: “nel nostro sistema costituzionale non è interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti”, purché non si incida irrazionalmente e arbitrariamente sulle situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti “frustrando così anche l’affidamento del cittadino sulla sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto” (sentenza n.349/1985).

Ogni tanto si riparla di diritti quesiti. Secondo la Corte costituzionale, esclusa la materia penale, ci sono solo situazioni tutelate con un rigore particolare. Uno di questi è il diritto alla pensione che, più conserva nel tempo la sua fisionomia, più si consolida. Con gli anni aumenta la capacità di resistenza di un diritto, come quello alla pensione, la cui utilità a sua volta aumenta mano a mano che il titolare invecchia. La Corte costituzionale lo ha confermato sempre nella sentenza n.341/1985: “In particolare non potrebbe dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo in una fase avanzata del rapporto di lavoro, ovvero quando addirittura è subentrato lo stato di quiescenza, peggiorasse senza un’inderogabile esigenza, in misura e in maniera definitiva un  trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente, irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione delle propria attività”.

Con la legge Dini si è ritenuto, dunque, che dopo diciotto anni di servizio non si potesse cambiare la struttura di una pensione sulla quale si era ormai consolidato l’affidamento.

Sembrerebbe (il condizionale è indispensabile) che si vogliano ridurre i benefici dovuti all’applicazione, in tutto o in parte, del sistema retributivo. Si dovrebbe, pertanto, confrontare la pensione percepita con quella calcolata col criterio contributivo per applicare una riduzione sulla differenza, ma solo per le pensioni al di sopra di un certo importo.

Se la riduzione non sarà fissa, ma progressiva con l’aumentare del beneficio, la verifica andrà fatta pensionato per pensionato. Se la riduzione fosse in proporzione fissa, potrebbe rientrare in discussione il principio di uguaglianza perché si toglierebbe la stessa percentuale di risorse a chi ha avuto benefici diversi.  La Corte costituzionale, rilevandone la natura di prestazione imposta dalla legge (art. 23 Cost,) non tributaria, ha escluso l’applicabilità dell’art. 53 Cost. (“Il sistema tributario è informato a criteri di progressivita”), ma con la garanzia della proporzionalità oltre che della ragionevolezza. Sulla proporzionalità potrebbe sorgere qualche dubbio. Se, per esempio, si riduce del 10% una pensione di 5.000 euro, se ne perdono 500; se ne perdono 800 se la pensione è di 8.000. Sul tenore di vita gli effetti non sono gli stessi perché i 500 perduti consentono di soddisfare esigenze più modeste. Il criterio progressivo potrebbe essere richiesto dalla natura del diritto inciso.

Alcuni dipendenti statali, per i quali il limite di età è stato di 75 anni, hanno avuto la pensione liquidata sulla base di quaranta anni di anzianità contributiva anche se quelli effettivi erano di più. Per individuare il beneficio reale nel calcolo della pensione si dovrebbe tenere conto di tutto il periodo lavorativo, compresi gli anni oltre i quaranta. Non si dovrebbe dubitare, stando all’obiettivo dato alla legge, che la riduzione non possa essere applicata, in ragione della pensione corrisposta, nella stessa misura a chi aveva una anzianità contributiva di quarantadue anni ed a chi l’aveva di quarantacinque. Lasciando da parte altri aspetti, non solo il beneficio ricevuto da ciascuno è diverso ma non si potrò trascurare che entrambi, anche se per importi diversi, hanno già dato il loro contributo al sistema pensionistico.

In quella categoria ci sono pensionati con anzianità contributiva anche superiore ai cinquanta anni. Se risultasse che la pensione, calcolata con il criterio contributivo per tutto il periodo, fosse superiore a quella retributiva, rapportata a solo quaranta anni, che succederà? Stando al criterio al quale si ispira la riforma, andrebbe corrisposta la contributiva perché, come spesso si sente dire, se la sono pagata. È prevedibile che la legge non lo consentirà.

La riduzione sarà ancora un contributo di solidarietà. Chi, per il limite degli anni computabili, ha avuto fino ad oggi una pensione inferiore a quella calcolata col sistema contributivo, ha già dato il suo contributo di solidarietà senza interruzione. Il nuovo contributo sarà anche a loro carico? In caso affermativo la nuova disciplina potrebbe non avere la ragionevolezza richiesta dalla Corte costituzionale.

Un contributo di solidarietà è stato già imposto dall’art. 1, comma 486, della legge 27 dicembre 2013, n.147. Il nuovo contributo sarà richiesto anche a chi ha già dato il precedente? Il contributo potrebbe diventare “ripetitivo”, come la Corte ha detto che non può essere.

Di questo non si sente discutere. Non ci si potrà poi sorprendere se si finirà alla Corte costituzionale. Quando si incide su di un sistema radicato da tempo, le difficoltà vanno messe in preventivo soprattutto nella fase transitoria. Per assicurare la ragionevolezza non si potrà essere approssimativi come, per ragioni varie, in materie complesse, si finisce con l’essere.

Un punto andrebbe chiarito, sul quale ogni tanto si ritorna. Il sistema pensionistico statale è a ripartizione, non a capitalizzazione.  I contributi, sia dello Stato che del dipendente, non sono cumulati in un fondo apposito, al quale poi attingere per pagare la pensione, pagata, invece, utilizzando anno per anno i contributi versati. Creare un fondo separato con i contributi dello Stato fu considerato a suo tempo un aggravio inutile. Si disse che lo Stato sarebbe stato comunque in grado di pagare le pensioni e che non si giustificava che si vincolassero riserve di ammontare così elevato. In pratica la ripartizione fu vista come beneficio in favore dello Stato e la tesi fu ribadita quando la questione riemerse al tempo della legge Dini. Vale la pena di tenerlo presente perché, da quello che ogni tanto si risente, il sistema a ripartizione sembrerebbe un beneficio a favore dei pensionati.

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1 commento su “Pensioni e diritti: meglio riflettere bene prima di metterci le mani”

  1. Non mi è chiaro se l’intervento di cui si discute riguarderà solo le pensioni AGO e non anche quelle sostitutive dell’AGO. In altri termini tutte o solo una parte, ancorché cospicua, delle pensioni sarà tenuta alla solidarietà?

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