Casa Pound vs. Facebook: un’ordinanza che farà discutere

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di Roberto Bin

Facebook aveva disabilitato la pagina di Casa Pound e del suo amministratore, senza preavviso e senza motivazione. Casa Pound ricorreva al Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di impresa, chiedendo un provvedimento cautelare, indicando quanto al fumus boni iuris, la violazione delle regole contrattuali da parte di Facebook e, con riferimento al periculum in mora, il grave ed irreparabile pregiudizio anche in termini di danno all’immagine.

L’ordinanza del Tribunale dà ragione a Casa Pound, essenzialmente per questi motivi: (a) “il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri social network ad esso collegati) con riferimento all’attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento”; (b) “il rapporto tra Facebook e l’utente… non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto Facebook, ricopre una speciale posizione”, che le impone di “strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finché non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dell’utente”.

Il punto è questo: si tratta di un giudizio cautelare, in cui non si procede alla “cognizione piena” della questione e, in particolare, della violazione da parte di Casa Pound dei principi e delle regole costituzionali. In via cautelare si è data la precedenza alle ragioni del pluralismo politico su ogni altra considerazione, pur accennata da Facebook in giudizio, che ha denunciato “una serie di episodi connotati da atteggiamenti di odio contro le minoranze o violenza”. Di tutto ciò dovrebbe occuparsi un giudizio di merito che non si sa se e quando si celebrerà. Ma può essere invece che questa ordinanza venga impugnata in tempi brevi.

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