E’ uscito e già entrato in vigore il decreto-legge 5 ottobre 2023, n. 133, “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale, nonché per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del Ministero dell’interno“. Incuriosito, e un po’ allarmato dati i tempi, l’ho subito letto. Ecco però, sin dall’inizio, il primo ostacolo. Così inizia:
1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 9: 1) al comma 4, al secondo periodo, le parole «nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646» sono sostituite dalle seguenti «negli articoli 1, 4 e 16, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.»;
Non è un mirabile esempio di ottimo drafting? Che cosa cambia nella disciplina vigente di un tema così delicato, cioè nel TU sull’immigrazione? Non si capisce nulla, è una norma criptata. Ma soprattutto è una norma sbagliata!
Infatti l’art. 9 del TU (letto su Normattiva.it), che riguarda il permesso di soggiorno per i soggiornanti di lungo periodo, non contiene le parole sostituite nell’art. 4, ma nell’art. 5: parole che, benché citate tra virgolette, contengono una “o” disgiuntiva che appare assai curiosa e che ha attratto la mia attenzione: una legge che fa un rinvio alternativo a disposizioni diverse non si era mai vista, in effetti. Infatti nel testo unico c’è un “ovvero” che forse non migliora del tutto la chiarezza della disposizione, di cui però si capisce il senso solo perché nel contesto si avverte che si stanno elencando i motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale che consentono l’espulsione. “O” o “ovvero” non sono affatto equivalenti.
Possibile che tra i tanti tecnici di cui dispone il Ministero, il Governo e la Presidenza della Repubblica nessuno si sia accorto di questo errore? Sì, è possibile, ma solo perché si accetta che si continui a legiferare – oltretutto in materia di diritti fondamentali delle persone – ricorrendo a tecniche legislative del tutto inaccettabili. Ma le leggi non dovrebbero essere chiare?Come ha detto la Corte, anche di recente, “disposizioni irrimediabilmente oscure, e pertanto foriere di intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta, si pongano in contrasto con il canone di ragionevolezza della legge di cui all’art. 3 Cost.” (sent. 110/2023). Forse il Presidente della Repubblica dovrebbe mettere un fermo a questo modo dissennato di legiferare.
giustissimo!!!!
Caro Roberto,
a mio modo di vedere, la 110/2023 è stata fin troppo indulgente, qualificando come irragionevole un disposto normativo “irrimediabilmente oscuro”, come tale suscettibile di annullamento da parte della Corte cost. Di contro, a parer mio, se esso è veramente, radicalmente oscuro, non può (e non deve) farsene applicazione alcuna e va, dunque, considerato come affetto da radicale nullità-inesistenza, rilevabile da chiunque senza bisogno di investire della sua cognizione la Corte. Chissà che questa indicazione teorica non possa valere anche per il caso nostro?
Tutti ci aspetteremmo che il Presidente della Repubblica rifiutasse l’emanazione di decreti-legge scritti male. Penso che molti presidenti, Mattarella compreso, abbiano voluto evitare bracci di ferro con il governo e con il parlamento (art. 74), passando la parola, eventualmente, alla Corte costituzionale