Giudici e balneari: tra Consiglio di Stato e Cassazione

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di Pierluigi Mascaro

Le due associazioni di categoria rappresentanti dei concessionari balneari SIB ed ASSONAT, insieme alla Regione Abruzzo, lamentano che la sentenza dell’Adunanza Plenari (in seguito AP) del Consiglio di Stato n. 18/2021 abbia dichiarato in radice inammissibili i loro interventi in giudizio: non è ammessa l’iniziativa giurisdizionale da parte di  associazioni rappresentative di interessi collettivi che non ricada direttamente sugli interessi istituzionalmente previsti dall’associazione medesima, ma sia sorretta dal mero interesse al corretto esercizio del potere amministrativo o da semplici finalità di giustizia.

La Cassazione, nel condividere le tesi fatte proprie dagli enti estromessi, ritiene configurabile un diniego o rifiuto di giurisdizione da parte della menzionata pronuncia dell’AP, per aver impedito agli enti ricorrenti d’intervenire in giudizio sulla base di valutazioni che «negano, in astratto, la titolarità in capo agli stessi di posizioni soggettive differenziate qualificabili come interessi legittimi».

Il Collegio scorge difatti un collegamento tra la legittimazione processuale attiva e la situazione sostanziale fatta valere in giudizio, ritenendo l’autonomia tra la posizione sostanziale e la pretesa processuale soltanto relativa, poiché è la situazione sostanziale a svolgere la funzione di individuazione degli interessi meritevoli di essere tutelati in sede giudiziale.

In un ambito diverso, quello ambientale, la giurisprudenza dell’AP (come nella recente pronuncia n. 392/2020) è risultata storicamente più incline a riconoscere la legittimazione processuale delle associazioni esponenziali di categoria sulla base di requisiti, appunto, individuati dalla stessa giurisprudenza amministrativa, che sono:

  • il perseguimento, in via statutaria e non occasionale, di obiettivi di natura ambientale;
  • la sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività;
  • un collegamento concreto con il valore ambientale posto a rischio dal provvedimento contestato.

Non si scorge, al momento, la logica sottesa ad una simile differenziazione di trattamento delle due situazioni giuridiche sopra descritte.

Difatti, il punto di equilibrio raggiunto dal Consiglio di Stato sembra, in una materia delicata e ad alto contenzioso come quella ambientale, un giusto bilanciamento tra il libero accesso alla tutela giurisdizionale e l’individuazione dei soggetti qualificati a proporla, anche a favore del pluralismo rappresentativo-democratico che può essere definito, in campo ambientale, cittadinanza ecologica.

Passando ad altri aspetti controversi, la sentenza dell’AP n. 18/2021 invade illegittimamente i poteri propri del Legislatore, creando, nell’enucleare i principi di diritto, un vuoto normativo e colmandolo con le proprie determinazioni, in materia di affidamento delle concessioni balneari.

La menzionata AP n. 18 sconfina altresì sia nei poteri della Corte costituzionale, poiché non le consente, a causa del mancato sollevamento della questione di legittimità costituzionale di quelle norme interne che imporrebbero la disapplicazione indiscriminata delle disposizioni nazionali sui balneari, di valutare la sussistenza dei c.d. “controlimiti”, i quali, se sussistenti, impedirebbero la disapplicazione medesima, sia in quelli della CGUE: infatti ad essa sola spetta la uniforme interpretazione del diritto dell’Unione, quando sia investita da un Tribunale interno di massimo grado, avverso le cui pronunce non è ammesso ricorso giurisdizionale avverso alcun giudice nazionale, come stabilito all’art. 267, comma 3, TFUE (si veda, sul punto, la giurisprudenza “Cilfit” della Corte di Giustizia dell’UE).

In conclusione, la Suprema Corte cassa l’AP n. 18/2021 con rinvio al Consiglio di Stato, con il monito di «pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti».

Con questo inciso, la Cassazione tenta di porre definitivamente una pezza sull’abbaglio giuridico dell’AP n. 18, ristabilendo i rapporti e gli equilibri tra gli organi dello Stato e tra questi e le Istituzioni europee, per come disegnati dalla Costituzione e dai Trattati UE.

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