A colpi di norme transitorie: lo strano caso dell’integrazione del Consiglio di Presidenza del Senato

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di Marco Melpignano

Le riforme regolamentari di Palazzo Madama del luglio del 2022 stanno già mostrando le prime crepe.

Emblematica, sotto questo profilo, è stata la separazione (consensuale?) del gruppo Azione- Italia Viva- Renew Europe, risolta in Giunta per il Regolamento dal «lodo La Russa» (Lupo – Bartolucci) che, però, ha mostrato l’aleatorietà di regole inutilmente cavillose e rigide per la formazione dei gruppi parlamentari.

In quest’occasione, tra l’altro, sono emerse anche le criticità applicative della disposizione finale contenuta nell’art.7 della riforma del 2022 che interveniva sulla quota proporzionale e variabile del contributo annuale spettante ai gruppi parlamentari ai sensi dell’art. 16 comma 1.

Tale disposizione, animata dalla volontà di disincentivare la mobilità parlamentare, prescrive che il Consiglio di Presidenza provveda alla riduzione del 50% del detto contributo proporzionale nei confronti del Gruppo di cui il senatore cessa di far parte, attribuendo solo una quota pari al 30% di detto contributo al Gruppo di approdo.

A proposito, il Presidente, nella seduta della Giunta per il Regolamento dello scorso 7 novembre, esprimeva delle comprensibili perplessità sull’applicazione della detta disposizione alla fattispecie in esame, dal momento che i senatori di Azione erano stati «pressoché obbligati ad abbandonare il proprio gruppo a seguito di decisioni assunte dalla maggioranza di quel Gruppo, quali appunto in mutamento di denominazione, volto ad escludere uno degli originari partiti di riferimento, ovvero la comunicazione di modifiche nella ripartizione dei propri senatori nelle varie commissioni». Contestualmente, preannunciava una rapida convocazione del Consiglio di Presidenza per la risoluzione della questione economica, ritenendo necessaria una sua deliberazione e rigettando, per l’effetto, l’interpretazione per cui la decurtazione fosse operata ipso iure.

Ad ogni modo, passando a quanto qui di interesse, si volgerà l’attenzione sulla conseguenza forse meno appariscente della vicenda, ma di notevole importanza per la composizione del «Consiglio di amministrazione» (Lasorella) di questo ramo del Parlamento, ovvero le consequenziali variazioni in seno al Consiglio di Presidenza.

Prima di sviscerare la questione – che specificatamente ha riguardato i Segretari d’Aula – occorre ripercorrere pedissequamente l’insieme di riforme che hanno investito il tema.

Già nella scorsa legislatura, sempre nell’ampia cornice delle c.d. «norme antitransfughiste», intervenendo sull’art. 13 del R.S., si era prevista la decadenza dei segretari d’Aula ( e dei Vice – Presidenti) che avessero abbandonato il Gruppo di appartenenza; le modifiche del 2022 hanno completato questo impulso riformatore non solo estendendo tale «sanzione» indistintamente a tutti i membri del Consiglio di Presidenza, ma anche abrogando le disposizioni (art. 5 cc. 2-bis, 2-ter e quater) che contemplavano la possibilità di elezione di Segretari suppletivi.

Tanto detto, dopo la costituzione del Consiglio di Presidenza per la XIX legislatura, i Gruppi di «Azione – Italia Viva – Renew Europe» e «Per le Autonomie (SVP – PATT, Campobase)  risultavano privi di un loro rappresentante.

Contrariamente allo spirito della riforma, per rimediare al contingente problema di rappresentatività, il 1 febbraio 2023 il Senato approvava una disposizione transitoria valevole per la sola XIX legislatura, per cui, su richiesta dei Gruppi non rappresentati, il Consiglio poteva deliberare la propria integrazione con l’elezione di non più di due Senatori Segretari; al contempo, si stabiliva che nel caso in cui la suddetta elezione avesse alterato il rapporto numerico tra maggioranza ed opposizione in seno al Consiglio, si sarebbe proceduto all’elezione di un ulteriore segretario di maggioranza.

Di conseguenza, venivano eletti Segretari d’Aula il senatore Durnwalder (Autonomie), la senatrice Versace (Az- IV- RE) e, in quota maggioranza, la senatrice Ternullo.

In seguito alla rottura dei gruppi, e al passaggio dei senatori di Azione nel Gruppo Misto, in applicazione del menzionato art. 13 comma 1-bis R.S., la senatrice Versace decadeva dalla carica di Segretario d’Aula; tuttavia, tanto per l’accordo politico raggiunto nella seduta della Giunta per il Regolamento del 7 dicembre, quanto per soddisfare l’esigenza di dotare anche il Gruppo Misto di un Segretario d’aula, la senatrice Versace veniva immediatamente rieletta nella seduta del Senato del 12 dicembre.

Residuava ancora un problema: il gruppo di Italia Viva, ora denominato «Italia Viva – Il Centro – Renew Europe» rimaneva l’unico Gruppo ad essere sprovvisto di un Segretario d’Aula.

Pertanto, lo scorso 10 gennaio, il Senato deliberava un’ulteriore disposizione transitoria – valida solo per la XIX legislatura – che abrogava la precedente delibera del 1 febbraio e stabiliva che tutti i gruppi costituitisi ad inizio legislatura dovessero essere rappresentati nel Consiglio di Presidenza: trattasi, ovviamente, di una norma ad hoc per il gruppo di Italia Viva che, formalmente, seppure con diversa denominazione e composizione, era stato costituito all’ inizio della legislatura.

Nella disposizione si replicava pedissequamente anche la previsione relativa all’elezione di un ulteriore Segretario di maggioranza nell’ipotesi in cui si fosse alterato l’equilibrio maggioranza opposizione nella strutturazione del Consiglio: in sostanza, si recepiva la preoccupazione del Presidente del Senato che, nella seduta della Giunta per il Regolamento del 9 gennaio, sottolineava come l’elezione di un Segretario di Italia Viva avrebbe assottigliato lo scarto tra membri di maggioranza ed opposizione a solo un’unità, dimezzando la proporzione dell’attuale rapporto (da 10 a 8 si sarebbe passati a 10 a 9).

In limine, sembra lampante come questa particolare modifica del 2022 non abbia affatto funzionato, al punto tale da condurre all’adozione di ben due norme transitorie : la novella regolamentare, motivata dall’esigenza di limitare la proliferazione dei gruppi, ha dovuto giustamente cedere il passo all’ indifferibile necessità di assicurare la rappresentatività di tutti i Gruppi in seno al Consiglio.

Si auspica, dunque, un’inversione di marcia e una riflessione complessiva su una modifica definitiva dell’articolato regolamentare sul punto affinché, in tal caso, il precedente insegni e non indigni (Piccione).

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