I vaccini tra Costituzione e propaganda elettorale. La lezione di Pinocchio

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di Roberto Bin

È uscita finalmente la sentenza (n. 5 del 2018) che spiega perché già il 22 novembre dell’anno scorso la Corte costituzionale abbia deciso di rigettare il ricorso della Regione Veneto contro il decreto-legge sull’obbligatorietà dei vaccini. È una motivazione (redatta dal giudice Cartabia) molto attenta e articolata, che ripercorre tutta la storia della legislazione italiana (e non solo) relativa alla vaccinazione obbligatoria. Merita di essere letta, anche se sicuramente non è una lettura agevole, data la sua complessità.

Dovrebbero leggerla anzitutto gli onorevoli Di Maio e Salvini, che hanno avuto la bella idea di porre i vaccini al centro del loro programma elettorale. Di Maio, in particolare, ha annunciato che, una volta al Governo, avrebbero fatto una legge per tornare alla situazione pre-decreto Lorenzin, ossia con una obbligatorietà limitata ai quattro vaccini di sempre (difterite, il tetano, la poliomielite e l’epatite virale di tipo B), mentre per gli altri avrebbe preferito porre solo una raccomandazione.

Siccome non spetta alla legge “raccomandare” comportamenti ai cittadini, ma semmai vietarli, imporli o incentivarli, è chiaro che la “riforma Di Maio” punterebbe semplicemente ad abrogare l’obbligo, trasferendo ai genitori la responsabilità della scelta pro o contro la vaccinazione.

Una rivoluzione liberale? No, un ritorno indietro. Questa era la situazione precedente al decreto Lorenzin. Come ricorda la sentenza della Corte, quella però non era una situazione splendida: negli ultimi anni, grazie anche alle fake news che inquinano l’informazione fornita ai genitori (poco propensi a capire che la vaccinazione non serve soltanto a proteggere i propri pargoli, ma anche a debellare i virus e quindi ad abbattere il rischio di tutti di restarne infetti), le coperture vaccinali mostrano una a tendenza al declino, soprattutto per morbillo, parotite e rosolia; e questo ha favorito l’insorgere di un’epidemia di morbillo, che ha avuto il suo picco nella primavera 2017, “con caratteristiche particolari – ricorda la Corte – anche per il numero dei casi (4.885, con 4 decessi, secondo il bollettino pubblicato settimanalmente dell’Istituto superiore di sanità, ISS, aggiornato al 12 dicembre 2017), l’età mediana dei pazienti (27 anni) e il tasso di complicanze e ospedalizzazione”. Dobbiamo aspettare che i genitori siano sensibilizzati dalle raccomandazioni del Governo e si decidano a ritornare a vaccinare i figli per sperare che l’epidemia lentamente rientri?

È molto bella l’idea (che ha un certo successo negli Stati uniti) che lo Stato non imponga comportamenti ai cittadini, ma si limiti a dare consigli e raccomandazioni. Infatti c’è anche chi pensa che lo schema possa funzionare bene pure per la tassazione: perché obbligare le persone a versare le imposte quando si può semplicemente invogliarle a farlo ponendo un livello basso di tassazione eguale per tutti?

Ma il Gatto e la Volpe e il Paese dei balocchi non rientrano più nei programmi scolastici, magari non come obbligo, ma almeno come raccomandazione?

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