Di seguito, la lettera che avrei voluto che i Presidenti delle Camere avessero spedito al Presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
Gentile Presidente,
le delicate questioni poste da Lei nella Sua del 23 febbraio scorso, nonché dai Presidenti dei Gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia nella Loro dello scorso 8 marzo, circa le eventuali conseguenze prodotte dai mutati equilibri parlamentari conseguenti alla formazione del nuovo Governo sulla composizione e sulla Presidenza della Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica meritano la massima attenzione e un’articolata risposta.
Com’è noto, l’articolo 30 della legge n. 124 del 2007, che ha dato un nuovo assetto al Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, istituisce il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica cui attribuisce il compito di verificare “in modo sistematico e continuativo”, che l’attività di tale Sistema “si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni” (comma 2).
A tal fine, il legislatore ha previsto che tale Comitato sia “composto da cinque deputati e cinque senatori, [da noi] nominati entro venti giorni dall’inizio di ogni legislatura (…) in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni e tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato” (comma 1). Infine, il Presidente di tale Comitato è eletto a maggioranza assoluta dei componenti “tra i componenti appartenenti ai gruppi di opposizione” (comma 3).
Ancor prima che al criterio di proporzionalità, la composizione di tale Comitato deve quindi corrispondere a quello della rappresentanza paritaria dei parlamentari di maggioranza ed opposizione, annoverandosi tra questi quanti non abbiano votato la fiducia al Governo.
La ratio sottesa a tali disposizioni è chiara: consentire al Parlamento di esercitare la sua attività di controllo e di garanzia su un settore delicato, strategico ed estremamente riservato dell’attività di Governo (il che spiega il numero ristretto dei componenti del Comitato) – come sono i c.d. Servizi segreti – attraverso un apposito organo bicamerale composto in modo da evitare che la maggioranza profitti della sua prevalenza numerica per respingere o vanificare le iniziative dell’opposizione.
È infatti primario interesse più dell’opposizione che della maggioranza di governo sottoporre a controllo e stretta vigilanza l’attività dei c.d. servizi segreti, ad esempio: procedendo a periodiche audizioni del Presidente del Consiglio, dei ministri facenti parte del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, del direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e dei direttori dell’Agenzia informazioni e sicurezza sia esterna (AISE) che interna (AISI); ottenendo dall’autorità giudiziaria copia di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso o dagli uffici della pubblica amministrazione copia di documenti in loro possesso, eventualmente insistendo presso il Presidente del Consiglio qualora non coperti dal segreto di Stato; disponendo, infine, indagini sulla rispondenza del comportamento di appartenenti dei servizi di informazione per la sicurezza ai compiti istituzionali previsti dalla legge
Tale ratio trova ulteriore conferma, come detto, nell’attribuzione della Presidenza di tale Comitato ad un esponente di un gruppo di opposizione di modo che, nell’esercizio dei poteri di direzione che sono propri di tale carica, egli abbia tutto l’interesse ad imprimere il massimo impulso alle sue attività ispettive e di controllo sull’operato del Governo e del sottostante Sistema di informazione.
In definitiva, quindi, tanto la rappresentanza paritaria della maggioranza e dell’opposizione quanto l’attribuzione della presidenza ad un esponente di quest’ultima hanno una solida e razionale giustificazione perché tendono a potenziare il controllo parlamentare sui servizi d’informazione, sottraendolo al rapporto di solidarietà politica, e alla conseguente disciplina di partito, esistente tra la maggioranza e il Governo.
È alla luce di tali considerazioni che vanno pertanto affrontate e risolve le delicate questioni da Lei poste circa, come detto, la composizione e la Presidenza della Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica in considerazione del nuovo scenario politico che vede i gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia essere gli unici ad aver votato contro la mozione di fiducia all’attuale Governo.
Riguardo alla composizione del Comitato, la conseguenza di tale nuovo scenario politico dovrebbe essere duplice: da un lato, la sovra-rappresentazione del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia che, come unica opposizione, con appena 33 deputati (pari al 5,23% del totale) e 19 senatori (5,91%) avrebbe diritto al 50% dei suoi componenti; dall’altro, rovesciando i termini del problema, la sotto-rappresentazione e financo l’assenza di tutti i gruppi della ampia maggioranza parlamentare che sostiene il governo Draghi. È verosimile, infatti, che i cinque seggi spettanti alla maggioranza potrebbero rilevarsi insufficienti.
Dal punto di vista della maggioranza il problema è chiaramente irrisolvibile, come confermano i precedenti. Chiamata a pronunciarsi sulla composizione del Comitato, la Giunta per il regolamento della Camera, nella seduta del 21 maggio 2008, pur dichiarandosi incompetente a pronunciarsi su un organo bicamerale previsto per legge e non dai regolamenti parlamentari, volle comunque per cortesia istituzionale nei confronti del gruppo richiedente (l’Udc) precisare che tutte le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, non hanno diritto ad essere rappresentati in tale organo. Tale problema, del resto, si è posto in maniera particolarmente esigente nella XVII legislatura quando, a seguito del passaggio del senatore Esposito da Forza Italia al Nuovo centro destra, la prima restò senza rappresentanti nel Comitato per ben due anni. A nulla, allora, valsero le due apposite riunioni congiunte della Conferenza dei capigruppo di Camera e Senato convocate per trovare un accordo per cui alla fine fu necessario approvare un’apposita disposizione legislativa per ampliare di due unità la composizione di tale organo solo per la XVII legislatura (v. art. 20 l. 145/2016 recante “Disposizioni concernenti la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali”).
Piuttosto, è dal lato dell’opposizione, anziché della maggioranza, che il problema andrebbe risolto. È evidente, infatti, che la sovra-rappresentazione della prima sarebbe concausa della sotto-rappresentazione della seconda. Una situazione che pare esito imprevisto e irragionevole di disposizioni che, nel prevedere una rappresentanza paritaria tra maggioranza ed opposizione, evidentemente presupponevano rapporti di forza non così sensibilmente squilibrati, come gli attuali, con una maggioranza parlamentare numericamente superiore al novanta per cento a fronte di un unico gruppo di opposizione, come detto, con una consistenza numerica corrispondente a poco meno del 6 per cento dei seggi complessivi delle due camere. Del resto, non pare inutile qui ricordare che la citata legge n. 124/2007 fu approvata mentre era in vigore la legge elettorale n. 270/2005 che, fissando il premio di maggioranza nel 54% dei seggi (almeno alla Camera a livello nazionale), di contro riservata il restante 46% alle minoranze e, quindi, con tutta probabilità, alle opposizioni.
Sotto questo profilo, dunque, riteniamo che la composizione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica non vada mutata perché il criterio della pariteticità tra maggioranza e opposizioni non può, nell’attuale situazione politica, giustificare una così sensibile alterazione del criterio di rappresentanza proporzionale tra le forze politiche, determinando una palese sovradimensionamento dell’unico Gruppo di opposizione.
Del resto, l’aver il legislatore, nel citato articolo 30, comma 1, previsto che i membri del CO.PA.SIR. debbano essere nominati “in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni”, induce a ritenere che il criterio di pariteticità non sia alternativo a quello di proporzionalità ma piuttosto vi si innesti, attenuandone gli effetti maggioritari. Di conseguenza, una composizione del Comitato interamente basata sulla pariteticità tra maggioranza ed opposizione (elevando a cinque il numero di esponenti di Fratelli d’Italia) finirebbe per negare del tutto, anziché semplicemente correggere, il criterio di proporzionalità.
Ciò posto, è vivo nostro auspicio che il Presidente del Comitato eserciti i propri poteri affinché le eventuali richieste e iniziative degli esponenti di Fratelli d’Italia siano considerate dal Comitato con la massima e responsabile attenzione perché giustappunto provenienti dall’unico gruppo di opposizione e siano quindi sottratte ad una logica di mera prevalenza numerica.
Riguardo invece alla Presidenza del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, riteniamo che essa vada attribuita ad un esponente dei gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia, quale unica opposizione.
A favore di tale conclusione depone innanzi tutto la chiara lettera e la ratio della disposizione che, come detto, nell’ottica di una moderna traduzione ed applicazione del principio della separazione dei poteri, attribuisce all’opposizione le presidenze degli organi di controllo sull’operato della maggioranza e di garanzia del corretto funzionamento dell’attività parlamentare.
In tal senso depone, inoltre, l’unico precedente che si può richiamare al riguardo. Per quanto assolutamente eccezionale, l’attuale situazione politico-parlamentare non è infatti nuova. Dopo la nascita del governo Monti (16 novembre 2011) si pose infatti il problema, analogo all’attuale, se alla Lega Nord – quale unica forza politica ad aver votato contro la fiducia – dovesse spettare anche la presidenza del CO.PA.SIR.
Ebbene, in quell’occasione l’allora suo Presidente, l’on. D’Alema (il quale peraltro era subentrato all’on. Rutelli che aveva avvertito il dovere di dimettersi dalla carica dopo aver abbandonato il Partito democratico, pur rimanendo egli all’opposizione) avvertì per apprezzabile senso di correttezza e responsabilità istituzionale il dovere di rimettere il proprio mandato ai Presidenti delle Camere, dopo che il gruppo parlamentare del Partito democratico cui apparteneva aveva deciso di votare la fiducia al governo Monti.
Fu solo per decisione unanime dei gruppi parlamentari – ed in specie della Lega Nord che, pur potendolo per legge, non volle rivendicare per sé tale Presidenza – che l’on. D’Alema rimase in carica fino al termine della legislatura, forte evidentemente della correttezza e dell’imparzialità che gli furono allora riconosciute da tutte le forze politiche, indipendentemente dal suo essere diventato esponente di un gruppo di maggioranza.
La mancata applicazione, in quell’occasione, della disposizione che vuole il Presidente del Comitato appartenere ad un gruppo d’opposizione, con conseguente mancata decadenza del Presidente D’Alema, fu quindi dovuta al raggiungimento tra le forze politiche di quel consenso unanime che permette loro di poter, giustappunto nemine contradicente, derogare alle norme di natura parlamentare.
La disponibilità della disposizione normativa da parte delle forze politiche che ne sono beneficiarie, in nome dell’autonomia delle camere, non toglie nulla alla sua forza precettiva qualora esse volessero azionarla.
In secondo luogo, contro la conclusione cui siamo pervenuti non vale opporre l’argomento secondo cui, ai sensi del citato articolo 30, comma 3, legge 124 del 2007 il Presidente deve appartenere ai gruppi di opposizione solo al momento dell’elezione per cui, in mancanza di una espressa clausola di decadenza, l’eventuale passaggio dall’opposizione alla maggioranza suo o del suo gruppo sarebbero irrilevanti ai fini della sua permanenza in carica.
Ci pare evidente, infatti, che una simile interpretazione, strettamente e rigidamente letterale, della disposizione in questione ne vanificherebbe radicalmente la ratio che – vale la pena ribadire – è quella di sottrarre la presidenza di tali organi di garanzia e di controllo a chi, appartenendo alla maggioranza, potrebbe avere l’interesse (magari anche episodico) a non dare alla loro attività il massimo e tempestivo impulso, “tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato”, come opportunamente evidenziato dal citato art. 30, comma 1.
È proprio in ragione delle sue funzioni di garanzia che la carica di Presidente del Comitato, ai fini del buon andamento dei relativi lavori, deve essere sempre ricoperta da un esponente di un gruppo di opposizione.
Il voler confinare l’appartenenza all’opposizione del Presidente del CO.PA.SIR. al solo momento della sua elezione, quasi come se fosse uno stigma indelebile per l’intera legislatura, prescindendo del tutto dalle possibili e, in certo senso, nel nostro sistema parlamentare ampiamente prevedibili mutamenti del quadro politico (se non financo legate alle scelte politiche personali), significherebbe tradire il senso ed il significato di regole il cui rispetto – speriamo vorrà convenire – dovrebbe essere superiore interesse di tutte le forze politiche, nel loro ciclico alternarsi nei ruoli di maggioranza ed opposizione.
Per tutto quanto sopra, gentile Presidente, La invitiamo fermamente a voler prendere in seria considerazione l’opportunità che Ella rassegni le sue dimissioni onde permettere la pronta Sua sostituzione con esponente dell’attuale unico gruppo di opposizione e permettere così la regolare prosecuzione dei lavori del Comitato nella pienezza e regolarità delle sue funzioni.
Con i migliori saluti
Vorrei fare i miei complimenti al prof. Curreri per l’intervento preciso e coraggioso: fa un po’ di luce nella giungla della normativa relativa alla formazione degli organismi parlamentari, all’occorrenza del comitato bicamerale per la sicurezza nazionale; e andando oltre l’analisi delle disposizioni positive propone una soluzione di buon senso. Detto ciò, penso che con la sovra-normazione in materia di organismi parlamentari si sia perso il controllo; ormai siamo lontano dalla razionalità (coerenza e efficienza) delle disposizioni costituzionali originali (esplicite e sottintese): i principi generali della democrazia rappresentativa (art. 67, libertà ed uguaglianza dei parlamentari, principio di maggioranza) e le regole costituzionali per commissioni parlamentari (art. 72 e 82 C.). Alcune leggi (bicamerali) e i regolamenti camerali hanno creato delle costrizioni non sempre necessarie, spesso opportuniste e poco lungimiranti, a volte incoerenti. L’art. 30 della L n. 124 del 2007 è scritto davvero male: i componenti del comitato sono “nominati entro venti giorni dall’inizio di ogni legislatura (…) in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni e tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato.” L’avverbio “comunque” indica inequivocabilmente una condizione generale (anzi: una “garanzia”, la rappresentanza paritaria, cioè 5e 5, di maggioranza e opposizioni) che vale a prescindere da quanto disposto specificamente (la proporzionalità dei gruppi parlamentari un’approssimazione difficile da tarare senz’altro sulla composizone bicamerale dei gruppi). Contrariamente alla soluzione saggia suggerita dal prof. Curreri la L impone formalmente una rappresentanza paritaria della maggioranza e di tutte le opposizioni, senza considerare che la maggioranza può essere ampia e composita e che le opposizioni possono esigue e relativamente omogenee. Mai i costituenti del 1947 avrebbero concepito un’assurdità del genere! La L n. 124 del 2007 è figlia dell’idea folle (se mi è concesso il termine) di una maggioranza rigida del 55% circa, preconfenzionata dalla L elettorale, riflesso del pensiero dominante dal 2005 (anzi da prima, nel discorso pubblico) in avanti e non ancora superato.
Non capisco perché dopo 15 giorni il mio commento, meno critico del solito, non è stato pubblicato. L’unica critica è rivolta alla produzione legislativa in genere, spesso di pessima qualità, incoerente e eccessiva. Tutta la normativa elettorale, fondamentale per la democrazia, risponde da vent’anni perfettamente a questa critica.