Sistemi elettorali, istruzioni per l’uso

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thdi Fabio Ferrari

I sistemi elettorali vigenti nelle democrazie contemporanee sono assai numerosi, ma con qualche semplificazione possono essere tutti ricompresi all’interno di due grandi famiglie: proporzionale e maggioritario.

Il modo in cui questi due modelli traducono i voti in seggi è molto diverso; per comprenderlo, basta fare un piccolo esempio: supponiamo di vivere nella RI (Repubblica Immaginaria); in essa vi è un piccolo parlamento (monocamerale) composto da quaranta seggi. Lo staterello è suddiviso in quattro circoscrizioni elettorali, ciascuna delle quali assegna dieci voti. Per semplicità, i partiti sono soltanto due, i bianchi e i neri.

I risultati elettorali dell’ultima elezione politica sono i seguenti:

Circoscrizione

1

  Circoscrizione

2

 

Circoscrizione

3

 

Circoscrizione

4

Bianchi (%) 60 60 60 0
Neri (%) 40 40 40 100

Non conoscendo il sistema elettorale vigente, non possiamo sapere come saranno ripartiti i quaranta seggi (dieci per circoscrizione) del Parlamento.

È necessario dunque iniziare la simulazione: partiamo con il sistema proporzionale puro, tale cioè da assegnare seggi in perfetta proporzione ai voti espressi. Il risultato sarà:

Circoscrizione

1

 

Circoscrizione

2

 

Circoscrizione

3

 

Circoscrizione

4

 

Bianchi (%) 60 60 60 0
Neri (%) 40 40 40 100
Sistema elettorale Proporzionale
Bianchi (seggi) 6 6 6 0
Neri (seggi) 4 4 4 10

Totale Seggi assegnati

Bianchi = 18

Neri = 22

 Comprendere l’esito è tutt’alto che difficile: il partito dei neri ha guadagnato, nel complesso, più voti dei bianchi; siccome nel proporzionale ciò che conta è il numero dei voti (tradotto “pari pari” in seggi), i neri guadagnano la maggioranza in parlamento.

Ma cosa succederebbe se, con gli identici risultati, fosse applicato il sistema maggioritario? Vediamo:

Circoscrizione

1

 

Circoscrizione

2

 

Circoscrizione

3

 

Circoscrizione

4

 

Bianchi (%) 60 60 60 0
Neri (%) 40 40 40 100
Sistema elettorale Maggioritario
Bianchi (seggi) 10 10 10 0
Neri (seggi) 0 0 0 10

Totale Seggi assegnati

Bianchi = 30

Neri = 10

Come si vede la differenza è sorprendente: il sistema maggioritario, nella sua formulazione canonica (First Past The Post), assegna tutti i voti al primo arrivato, anche qualora questi vinca di un solo voto in più rispetto all’avversario. Nell’esempio proposto i bianchi, pur avendo nel complesso meno voti dei neri, la spuntano in tre circoscrizioni su quattro, garantendosi così ben trenta seggi su quaranta, ossia una schiacciante maggioranza parlamentare.

In questo banale esempio appare già chiaro l’eterno nodo dei sistemi elettorali: il rapporto tra rappresentanza e governabilità (sent. 1/2014 Corte cost.). Una democrazia, per essere tale, necessita siano garantiti entrambi: sfortunatamente, si escludono a vicenda. Più si aprono le maglie della rappresentanza – al giusto fine di garantire voce a tutti – più diventa complesso governare; più si agisce in senso contrario – tentando di salvaguardare la stabilità dei governi e delle loro maggioranze – più è necessario sacrificare la partecipazione.

Il problema è tremendamente serio: pensare però che i sistemi proporzionali garantiscano la rappresentanza a danno della governabilità (e che, al contrario, quelli maggioritari tutelino la seconda sacrificando la prima) è scorretto: si tratta di una “massima” che può valere solo per un’iniziale, superficiale, comprensione del problema; la realtà è molto più complessa.

Anzi tutto, i sistemi elettorali sono raramente proporzionali o maggioritari in toto: ciascun paese adotta delle notevoli correzioni che stemperano la purezza del modello, senza l’analisi delle quali è praticamente impossibile comprendere il vero funzionamento del sistema.

In quanti turni si vota? Vi è una soglia di sbarramento? Quanto sono grandi (o piccole) le circoscrizioni?

Pensiamo, per esempio, ad un sistema proporzionale “puro”, operante però in circoscrizioni molto piccole (che assegnano, cioè, pochissimi seggi, magari uno o due). Ebbene, in un tale contesto possono presentarsi anche decine di liste alle elezioni, ma il sistema subirà un pesante effetto maggioritario, posto che attribuendo solo uno o due seggi per circoscrizione trionferanno solo i partiti più grandi; ai medio-piccoli, semplicemente, non rimarranno seggi da vincere (in Spagna, con ulteriori correzioni, vige un sistema analogo).

Come si vede, dunque, l’“etichetta” proporzionale è corretta da una sostanza fortemente maggioritaria.

Peraltro, un sistema di questo tipo premia i partiti forti “territorialmente”. Si pensi di applicarlo in Italia: nelle regioni settentrionali la Lega Nord trionferebbe quasi ovunque, lasciando le briciole agli avversari. Al contrario, con un sistema proporzionale “puro” e circoscrizioni più ampie (cioè con più seggi da assegnare) la Lega vincerebbe comunque ma in modo ben meno netto, dovendo spartire un po’ di scranni parlamentari con i concorrenti.

Ancor più rilevante degli accorgimenti tecnici, però, è il sistema dei partiti. Ce ne siamo accorti in Italia all’inizio degli anni novanta quando, per ridurre la frammentazione partitica, è stato introdotto un sistema maggioritario (per il 75% dei seggi). Al contrario delle aspettative, il numero dei partiti si è quintuplicato. Giovanni Sartori ha spiegato chiaramente la ragione: il maggioritario semplifica il sistema partitico se, già in partenza, quest’ultimo è poco frammentato; se, invece, i partiti sono numerosi, il maggioritario tende ad aumentarne esponenzialmente il numero: difatti, nessun partito è abbastanza grande da correre “da solo”, rischiando di perdere e rimanere a zero (come si è visto chi vince piglia tutto, ma chi perde non prende nulla). Ne deriva che partiti piccoli, anche piccolissimi, in questo contesto diventano importantissimi, poiché anche i loro pochi punti percentuali si rivelano fondamentali per spuntarla sugli avversari. Da qui improbabili alleanze, armate Brancaleone e ricatti estenuanti: fondare una micro lista “cespuglio” può dunque essere estremamente vantaggioso (come dimenticare il “mitico” campanile di Mastella?), perché qualche partito medio-grande assetato dello “zero-virgola” lo si trova senz’altro.

Morale? La materia dei sistemi elettorali è complicatissima. L’“ingegneria costituzionale”, cioè lo studio a tavolino dei modelli teorici (proporzionale, maggioritario etc.) è senz’altro fondamentale per comprendere le coordinate essenziali del tema, ma si rivela del tutto inappagante se disancorato dalla nuda e cruda realtà politica del sistema preso in esame.

 

 

 

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