Il senso di Fontana per l’autonomia

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di Roberto Bin  

Ora Fontana, il Presidente della Lombardia, “chiede un protocollo uguale per tutti per la riapertura. Non ci sta a rimanere indietro“. Ma non era lui a battersi per l’autonomia differenziata della sua regione?Mi sono sempre pronunciato a favore dell’autonomia differenziata, ritenendo che l’autonomia serva a rispecchiare le differenze di fatto esistenti tra i territori e ciò comporta necessariamente che i territori abbiano discipline diverse. Se non c’è differenza l’autonomia non serve. Lombardia e Veneto hanno sempre vantato una loro superiorità e preteso quindi un’autonomia più estesa, con un’enfasi che ha superato la richiesta di qualsiasi altra regione, Emilia-Romagna inclusa. A cosa era attribuibile tale superiorità? All’efficienza della macchina amministrativa – dicevano – all’eccellenza dei servizi pubblici erogati, sanità in primo luogo; e alla ricchezza dei loro territori (non anche alla superiorità morale, visto che due loro ex presidenti, Formigoni e Galan, hanno conosciuto le durezze del carcere). Ora si scopre che in Lombardia le “eccellenze” non erano così meravigliose, le prestazioni dell’organizzazione socio-sanitaria hanno rivelato falle impressionanti, che il modello organizzativo – il mix pubblico-privato tutto spostato sugli ospedali privati – andrebbe profondamente riconsiderato. Si parla di istituire una commissione d’inchesta; ma, senza spettacolizzare le tristissime vicende recenti, certo sarà necessario discutere finalmente di come diversi modelli organizzativi dei servizi sanitari hanno prodotto risultati molto diversi. Se fossimo un paese serio dovremmo organizzare i dati utili per fare un confronto e imparare dall’esperienza. Passata l’urgenza imposta dalla pandemia, bisognerà riflettere sugli errori compiuti e sulle soluzioni che si sono rivelate invece fortunate.

Ma per il momento i dati che si conoscono non parlano certo a favore dell’organizzazione sanitaria lombarda. La Lombardia è il centro della pandemia in Italia. I dati sono i peggiori del paese. Essere i peggiori non piace a nessuno. Non piaceva ai presidenti delle regioni del Sud quando i colleghi del Nord vantavano la loro eccellenza. E allora fecero esattamente quello che Fontana fa oggi. Invocarono il freno, chiesero di bloccare le fughe in avanti, di mantenere l’omogeneità e la parità di trattamento tra le regioni. Calpestare le ragioni dell’autonomia, cioè la differenza, è una risposta istintiva. Mai commendevole, però. L’eguaglianza non va assicurata nel trattamento degli enti, ma nel godimento dei diritti delle persone. Pretendere che nelle regioni “virtuose” (o fortunate: ma virtù e fortuna vanno assieme sosteneva Sant’Agostino) si applichino le stesse misure restrittive che vanno imposte in Lombardia, per preservare la salute dei cittadini lombardi, non ha molto senso: serve solo a far intendere ai cittadini lombardi che i sacrifici loro richiesti non sono causati dal cattivo funzionamento del sistema sanitario regionale, ma da esigenze “oggettive”. Più o meno quello che hanno spesso sostenuto i presidenti delle regioni del Sud di fronte all’evidenza delle carenze prestazionali delle loro strutture. L’eguaglianza diventa un pretesto: nella parificazione naufraga la responsabilità, che è sempre individuale.

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1 commento su “Il senso di Fontana per l’autonomia”

  1. Parole vere: non ho le sue conoscenze giuridiche (pulisco le gabbie dei cani in difficoltà) ma quello che ha scritto in merito è quello che penso anch”io
    Buon lavoro e sempre avanti restando SEMPRE VERDI

    Rispondi

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