Per quanto (pare) destinato a non aver seguito, il tentativo della Presidente del Senato di autorizzare la costituzione del gruppo parlamentare Costituzione, Ambiente e Lavoro, grazie al contrassegno elettorale dell’Italia dei Valori, non merita proprio di passare inosservato per molteplici ragioni.
Innanzi tutto non sfuggirà – ed in effetti non è sfuggita ai più attenti giornalisti parlamentari – l’assoluta inopportunità (a voler essere indulgenti) di un’iniziativa comunicata nella riunione della Conferenza dei presidenti dei Gruppi parlamentari convocata il 28 gennaio 2022 alle ore 10, un’ora prima dell’inizio della quinta votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica nella quale, com’è noto, la stessa Presidente del Senato era candidata per il centro destra. Senza voler necessariamente aderire al sommo pensiero del divo Giulio (“a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”), basterà qui ricordare che, costituendosi in gruppo parlamentare autonomo, i dieci senatori in questione – tutti già aderenti al MoVimento 5 Stelle e capeggiati da Elio Lannutti, titolare del simbolo elettorale dell’Italia dei Valori – avrebbero conseguito visibilità politica, vantaggi procedurali e, non da ultimo, finanziamenti alla loro attività. Lascio quindi all’intelligenza del lettore valutare se il timing della decisione (ora a quanto pare rientrata a seguito della richiesta di revoca formulata dallo stesso Lannutti dopo le polemiche suscitate) sia una sfortunata coincidenza oppure possa essere rubricata alla voce captatio benevolentiae in vista (in funzione?) dello scrutinio presidenziale che da lì a poco si sarebbe svolto.
Oltreché inopportuna, la pretesa costituzione di tale gruppo parlamentare solleva più di un motivo di perplessità sotto il profilo strettamente regolamentare. In primo luogo, non può non evidenziarsi come la sede più opportuna per simili comunicazioni sarebbe stata la Giunta per il regolamento e non la Conferenza dei Presidenti dei gruppi parlamentari, peraltro sembra – la formula dubitativa è d’obbligo in mancanza di documenti ufficiali – riunitasi in via informale a margine della Conferenza unificata dei presidenti dei Gruppi di Camera e Senato. È infatti la Giunta per il regolamento l’organo designato ad esprimere il proprio “parere su questioni di interpretazione del Regolamento ad essa sottoposte dal Presidente del Senato” (art. 18.3 reg. Sen.). Il non aver voluto convocare tale Giunta – forse per le ragioni di timing sopra accennate – non toglie nulla al fatto che la decisione della Presidente avrebbe voluto assumere (anzi che aveva assunto, salvo doverla revocare come detto nel breve volgere di 48 ore) era e rimane ampiamente controvertibile sotto il profilo regolamentare.
Com’è noto, infatti, dal 2017 per costituire un gruppo parlamentare al Senato non occorre soltanto che vi aderiscano almeno dieci senatori (requisito numerico) ma anche che questi rappresenti “un partito o movimento politico, anche risultante dall’aggregazione di più partiti o movimenti politici, che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l’elezione di Senatori”. Inoltre, i partiti o movimenti politici che hanno presentato alle elezioni congiuntamente liste di candidati con il medesimo contrassegno possono costituire un solo gruppo oppure più gruppi autonomi (art. 18.4 reg. Sen.).
Ebbene nelle ultime elezioni politiche del 4 marzo 2018 l’Italia dei Valori si è presentata con il proprio simbolo elettorale con altri quattro partiti (Alternativa Popolare, Centristi per l’Europa, Unione per il Trentino-Democrazia Solidale e L’Italia è Popolare) all’interno del comune contrassegno elettorale di Civica Popolare Lorenzin che non ha ottenuto alcun seggio nella quota proporzionale (con 157.282 voti, pari allo 0,52%) ed ottenendo un solo eletto in quella uninominale (il sen. Casini nel collegio uninominale di Bologna), dove – è bene precisare – i candidati non si presentano con un contrassegno elettorale.
Il fatto che, quindi, l’Italia dei Valori non abbia ottenuto alcun proprio candidato eletto vale a marcare la differenza rispetto al precedente costituito dal gruppo parlamentare di Italia Viva – Partito socialista italiano che si è potuto costituire (ne abbiamo scritto qui), nonostante Italia Viva non si era presentata alle ultime elezioni politiche, grazie giustappunto al decisivo sostegno del Partito socialista guidato dal sen. Nencini (proveniente dal gruppo misto), eletto nel collegio uninominale Toscana – 04 (Arezzo – Siena) per l’intero centro sinistra con il simbolo Italia Europa Insieme, di cui il Partito socialista italiano era solo una delle tre componenti (con la Federazione dei Verdi di Bonelli e Area civica di Santagata). Peraltro, anche in quel caso si fece riferimento ad un eletto nella quota maggioritaria anziché proporzionale, e quindi non presentatosi agli elettori con un proprio contrassegno elettorale. In quel caso, però, l’elezione del sen. Nencini fu ricondotta al Partito socialista in virtù della carica di presidenza ivi ricoperta. Nulla di tutto ciò, invece, può analogamente invocarsi per l’Italia dei Valori, cui non appartiene (e, senza timore di smentita, mai apparterrà) il sen. Casini.
È evidente, quindi, che la costituzione in gruppo parlamentare autonomo dei deputati ex pentastellati sfruttando il simbolo elettorale di una forza politica che, presentatasi alle elezioni con altri partiti senza ottenervi alcun seggio, né proporzionale né maggioritario, avrebbe costituito un gravissimo strappo regolamentare in chiara violazione della lettera e, ancor prima, della ratio della riforma regolamentare del 2017, nata all’insegna della corrispondenza tra gruppi parlamentari e forze politiche che hanno ottenuto propri eletti nelle ultime elezioni politiche. In tal modo, infatti, si consente a forze politiche, per il sol fatto di essersi presentate alle elezioni, di essere comunque rappresentate nelle assemblee parlamentari da soggetti eletti con altre forze politiche. In tal modo, qualunque gruppo di parlamentari transfughi potrebbe costituirsi in gruppo autonomo sfruttando uno qualsiasi dei contrassegni concessi da soggetti anche extraparlamentari (come accaduto alla Camera con le componenti politiche Cambiamo! 10 Volte Meglio etero-costituita ed etero sciolta e Popolo protagonista – Alternativa popolare), dando vita così ad un indecoroso “mercato dei simboli elettorali”.
Mercato, peraltro, che si è già avuto al Senato per quanto riguarda le componenti politiche del misto, introdotte in virtù del parere “interpretativo” della Giunta per il regolamento del Senato dell’11 maggio 2021; parere che – sia detto per inciso – di interpretativo non ha nulla giacché quella dell’espressa introduzione nel regolamento di simili componenti è questione che, come ebbe a dire la stessa Presidente del Senato, certo “non [può] ritenersi di mera interpretazione in quanto, con riferimento alla disciplina delle componenti politiche del Gruppo Misto, il Regolamento del Senato presenta una vera e propria vacatio, tanto più se raffrontato con l’analitica disciplina prevista dal Regolamento della Camera dei deputati” (Giunta per il regolamento, seduta del 2 dicembre 2020). Da allora, infatti, si sono formate nel misto, quasi sempre su iniziativa di senatori ex pentastellati, componenti politiche che hanno adottato il simbolo di forze politiche che non hanno ottenuto eletti: il 22 giugno 2021 l’Alternativa c’è – Lista del Popolo per la Costituzione (cessata il 9 novembre); il 20 luglio 2021 Potere al popolo e Italia dei Valori da parte rispettivamente dei sen. Mantero e Lannutti, entrambi fuoriusciti dal M5S; il 14 settembre 2021 Italexit per l’Italia-Partito Valore Umano (quest’ultimo presentatosi alle elezioni); l’11 novembre 2021 Partito comunista (sen. Dessì).
Come il lettore più attento avrà notato, Italia dei Valori è già componente politica del misto. Il tentativo, accolto dalla Casellati, era quindi quello di trasferire a livello di gruppi parlamentari il criterio lasco del solo simbolo elettorale già adottato per le componenti politiche. Tentativo però chiaramente contrario, ripeto, al dettato regolamentare che richiede, come detto, al partito o movimento politico non solo di essersi presentato alle elezioni ma anche di aver conseguito l’elezione di senatori.
Per evitare simili stratagemmi sarebbe allora il caso che, in occasione delle prossime necessarie revisioni dei regolamenti parlamentari, si intervenisse espressamente su tale punto specificando che per costituire un gruppo parlamentare non basta che il partito o il movimento politico abbia presentato propri candidati alle ultime elezioni politiche ma che vi abbia conseguito l’elezione di senatori con il proprio contrassegno elettorale.
Solo introducendo simili circostanziati requisiti si eviterà in futuro che la corrispondenza tra consenso elettorale e gruppi parlamentari venga tradita, magari per fini inconfessati e inconfessabili.
“In tal modo … si consente a forze politiche, per il sol fatto di essersi presentate alle elezioni, di essere … rappresentate nelle assemblee parlamentari da soggetti eletti con altre forze politiche.” E se l’errore fosse la regola delle sigle elettorali introdotta nel 2017? Le camere, infatti, non sono composte né di partiti né di sigle elettorali, ma di rappresentanti individuali che si organizzano liberamente (art. 67) in gruppi per godere di certi diritti d’iniziativa nel processo deliberativo dell’assemblea.
Dal resoconto stenografico della seduta del Senato del 2 febbraio 2022.
“Con lettera del 27 gennaio 2022 il senatore Elio Lannutti, in qualità di Capogruppo pro tempore, ha comunicato la costituzione, ai sensi dell’articolo 14, comma 4, del Regolamento, del Gruppo parlamentare denominato “C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro) – Idv”. Del Gruppo fanno parte i senatori Elio Lannutti, Rosa Silvia Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio Di Micco, Bianca Laura Granato, Barbara Lezzi, Cataldo Mininno e Rosellina Sbrana.
Con lettera del 28 gennaio 2022 il senatore Elio Lannutti, in qualità di Capogruppo pro tempore, ha richiesto la revoca della costituzione del Gruppo parlamentare denominato “C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro) – Idv”.