L’inutile che costa: modificare il nome dei ministeri

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di Edmund Burke

Il Governo sta licenziando un decreto-legge (l’ennesimo provvedimento imposto dalla “straordinaria necessità ed urgenza di procedere”!) che non serve proprio a niente*. E’ previsto il cambio di intitolazione di ben cinque ministeri, con l’aggiunta di integrazioni più o meno esotiche. Lo Sviluppo economico diviene “Min. dell’industria e del made in Italy“, l’Agricoltura aggiunge la “sovranità alimentare“, l’Istruzione aggiunge il “merito“, il Ministero della transizione ecologica dopo breve vita torna ad essere il Min. dell’ambiente” ma con l’aggiunta “e della sicurezza energetica“, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili cambia denominazione in “Min. delle infrastrutture e dei trasporti”.

Che cosa cambia? Nei fatti assolutamente niente. Anzi, lo stesso Governo rinvia a dopo l’entrata in vigore della legge di conversione l’emanazione dei regolamenti di organizzazioni dei ministeri: quindi straordinaria, necessaria e urgente è solo la modifica di denominazione! Ma la spesa non sarà indifferente, anche se il decreto riporta la solita clausola della c.d. “invarianza”: “All’attuazione del presente decreto si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica“.

Già, ma le spese ci saranno, e forse non sono neppure semplici da preventivare: devono essere cambiate tutte le targhe in marmo, in ottone e serigrafate sulle vetrate dei ministeri, tutte le intestazioni di buste e carte da lettera, la denominazione delle pagine web, stemmi e logo… Non si possono fare eccezioni: il decreto-legge (che è ancora in bozze, è bene ripeterlo) è preciso nello stabilire che le nuove denominazioni “sostituiscono, a ogni effetto e ovunque presenti” le precedenti. Moltiplicato per cinque ministeri – per non dire degli uffici periferici – costerà qualcosa che non viene indicato, perché manca la predeterminazione della spesa. Il fatto che essa verrà assorbita dai fondi già iscritti nei bilanci dei ministeri – senza produrre nuova passività di bilancio – non risolve il problema. Non è pensabile che fossero quattrini che avanzavano, quindi qualcosa d’altro dovrà restare senza finanziamento. Che cosa verrà sacrificato non lo si sa, alla faccia delle regole costituzionali sulla copertura della spesa. Non è solo l’obbligo di coprire la spesa, ma soprattutto quello di predeterminarla, perché è parte della valutazione politica dell’opportunità di una legge.

Si tratta però solo di una bozza, che deve essere ancora licenziata dal Consiglio dei ministri. Ma, se fosse approvata così, il Presidente della repubblica non dovrebbe rifiutare l’emanazione di decreti-legge così smaccatamente irrispettosi dei requisiti posti dalla Cost.?

* Il decreto-legge è stato emanato e pubblicato l’11.11.2022 (decreto-legge n. 173/2022) ed è entrato in vigore il giorno successivo (n.r.).

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