L’ambiente e i beni culturali dopo la riforma costituzionale 1/2022

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di Pierluigi Mascaro

 Il novellato articolo 9 della Costituzione stabilisce che “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni (…)”.

Per la prima volta dal 1948, assurgono a principio fondante dell’ordinamento sia la tutela dell’ambiente che quella dei beni culturali (per la verità già prevista dal Costituente nella formulazione originaria della Carta). Tale calibrata commistione non è certo di poco conto, considerato che la Penisola contiene 871 aree protette, per un totale di oltre 3 milioni di ettari tutelati a terra, circa 2.850 ettari a mare e 658 chilometri di costa, nonché detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista del patrimonio mondiale Unesco (55 quelli riconosciuti “patrimonio dell’umanità” e 12 quelli iscritti nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale), giusto per cominciare da qualche dato numerico concreto.

Per dare piena attuazione al dettato costituzionale, occorre però approntare una legislazione ed una prassi amministrativa davvero capaci di valorizzarlo: a livello di fonte primaria, uno strumento duttile ed adatto potrebbe essere quello della legge quadro, ovvero una legge che contiene i princìpi fondamentali relativi all’ordinamento di una determinata materia; in questo caso i beni culturali e ambientali. Al suo interno, potrebbero svilupparsi normative di settore ad hoc che si adattino alle peculiarità delle distinte zone d’interesse culturale ed ambientale della Nazione, nonché soprattutto strumenti di azione amministrativa basati, si potrebbe dire “a piramide”, sul principio di sussidiarietà di cui al primo comma dell’art. 118 Cost., non tralasciando strumenti di amministrazione condivisa con i privati, sulla scorta del comma quarto della medesima norma costituzionale.

Si potrebbe prendere l’esempio di un qualunque Comune italiano: per esso, dare attuazione all’art. 9 Cost. significherebbe perseguire obiettivi di rinverdimento urbano con obiettivi anche di arginamento della crisi climatica – come scientificamente provato – rafforzando naturalmente la tutela e la valorizzazione dei siti protetti ove presenti, o tramite l’istituzione di nuovi per i modelli più virtuosi.

Stessa cosa sul versante dei beni culturali: lo strumento della legge quadro potrebbe rafforzare le maglie dell’ormai quasi ventennale d.lgs. n. 42/2004, la normativa primaria ad hoc distinguere tra le varie realtà presenti sul territorio e la buona prassi amministrativa tutelare e valorizzare i singoli beni – come musei, pinacoteche, mostre permanenti ecc. – ove presenti.

Anche in questo caso si potrebbero fare numerosi esempi pratici: ritornando al Comune precedentemente considerato, valorizzare un museo o una mostra potrebbe significare dotarli di percorsi guidati o audioguidati, mappe e carnet illustrativi, nell’ottica di facilitare la fruizione del bene considerato.

Un altro strumento caratteristico e particolarmente adatto a realizzare tutto ciò potrebbe essere quello della finanza di progetto (o Projet Financing), una tecnica finanziaria innovativa volta a rendere possibile il finanziamento di iniziative economiche sulla base della valenza tecnico-economica del progetto stesso piuttosto che sulla autonoma capacità di indebitamento dei soggetti promotori dell’iniziativa. Il progetto è valutato dai finanziatori principalmente per la sua capacità di generare flussi di cassa, che costituiscono la garanzia primaria per il rimborso del debito e per la remunerazione del capitale di rischio, attraverso un’opportuna contrattualizzazione delle obbligazioni delle parti che intervengono nell’operazione. La fase di gestione dell’opera costituisce elemento di primaria importanza, in quanto soltanto una gestione efficiente e qualitativamente elevata consente di generare i flussi di cassa necessari a rimborsare il debito e remunerare gli azionisti: quest’ultima considerazione potrebbe fungere da ulteriore sprone per la migliore tutela e valorizzazione di un dato bene che, grazie all’accostamento operato dal Legislatore costituzionale nella nuova formulazione dell’art. 9, può essere sia ambientale che culturale, un parco verde urbano o una riserva naturale, un museo o una pinacoteca.

Anche l’art. 41 Cost., novellato insieme al 9, prevede non soltanto che la libera iniziativa economica privata non possa svolgersi – in negativo – in contrasto con l’ambiente (comma 2), ma anche che siano determinati – in positivo – “i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali” (comma 3): ciò significa l’inaugurazione di un nuovo paradigma economico, capace di finalizzare, secondo il modello della c.d. blue economy, le attività pubbliche e private alla conservazione, alla promozione e allo sviluppo dell’ambiente e, per via d’interpretazione estensiva, del patrimonio storico e artistico della Nazione.

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