Gli obblighi di trasparenza del parlamentare: a margine del “caso Gasparri”

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di Salvatore Curreri

La vicenda riguardante il sen. Gasparri, accusato da una nota trasmissione televisiva di non aver dichiarato una carica ricoperta in una società privata, costituisce un’utile occasione per fare un po’ di chiarezza sugli obblighi di trasparenza ai quali il parlamentare è soggetto all’atto dell’assunzione della carica. Peraltro si tratta di una materia complessa e delicata, in cui s’intersecano e sovrappongono, in modo non sempre coordinato, fonti di natura diversa e con diverse finalità.

Come accennato, la vicenda in questione riguarda – a quanto pare – la carica di Presidente di una società di cybersicurezza che il sen. Gasparri sostiene non fosse suo obbligo includere tra le dichiarazioni che, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 441/1982, i parlamentari devono rendere circa le loro attività finanziarie e patrimoniali.

Essi, infatti, entro tre mesi dalla loro elezione, devono presentare alla camera di appartenenza:

a) una dichiarazione circa la loro situazione patrimoniale (beni immobili, beni mobili registrati, azioni e quote di partecipazione in società, funzioni di amministratore o sindaco di società esercitate);

b) copia dell’ultima dichiarazione dei redditi;

c) una dichiarazione relativa alle spese sostenute e le obbligazioni assunte per la campagna elettorale e i contributi privati ricevuti superiori a 3.000 euro annui o singolarmente superiori a 500 euro.

Tali dichiarazioni – estese anche al coniuge non separato e figli e parenti entro il secondo grado di parentela, se vi consentono – vanno aggiornate ogni anno e pubblicate in un apposito bollettino cartaceo consultabile presso gli uffici delle rispettive Camere (art. 9 l. cit.) e, dal 2015, anche sui loro siti internet (art. 5.2 d.l. 149/2013). La loro compilazione a mano le rende però talora scarsamente leggibili e riutilizzabili in formato digitale, come denunciato da Openpolis.

Come accennato, il parlamentare deve, tra l’altro, dichiarare “l’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società”. Il significativo riferimento della legge non alla mera titolarità di cariche amministrative ma all’esercizio di funzioni a mio parere vale ad escludere l’obbligo di dichiarazione qualora il parlamentare non svolga funzioni amministrative all’interno della società, come nel caso in cui – come sostiene il senatore – egli ricopra la carica di Presidente senza compiti gestionali o operativi.

Ad ogni modo, anche qualora un senatore, benché diffidato, non adempisse a tali obblighi di trasparenza, egli potrebbe essere passibile solo di sanzioni disciplinari ai sensi dell’articolo 67 del Regolamento interno (censura, esclusione dall’Aula, interdizione a partecipare ai lavori parlamentari). Inoltre di tale inadempienza il Presidente deve dare pubblico annuncio in Assemblea (art. 7 l. 441/1982). Va da sé che il legislatore, nel prevedere tali sanzioni, abbia soprattutto confidato nella loro funzione deterrente. È evidente, infatti, che il risalto pubblico della vicenda determinerebbe una sorta di sanzione morale nei confronti del senatore interessato, inducendolo a dichiarare tali incarichi onde evitare siffatta spiacevole pubblica reprimenda.

Ma quella cui abbiamo appena fatto riferimento è solo una delle comunicazioni cui il senatore è tenuto ad inizio legislatura e, in ogni caso, ad inizio dell’esercizio del proprio mandato. Ogni senatore (come anche ogni deputato), infatti, deve dichiarare ogni incarico o ufficio ricoperto, retribuito o gratuito, esistente all’atto dell’accettazione della candidatura o assunta in corso di legislatura, così da permettere al Senato, tramite la Giunta delle elezioni e delle immunità, di valutarne la compatibilità con l’esercizio del mandato parlamentare. Ciò a prescindere, e dunque ancor prima, che ne venga convalidata l’elezione (v. da ultimo Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, seduta del 26 giugno 2013).

Oltreché sulla base delle cariche e degli uffici segnalati dai senatori, la Giunta può comunque svolgere accertamenti istruttori su quelle di cui comunque le sia pervenuta notizia (v. da ultimo Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, seduta del 20 dicembre 2022). Se, a seguito dell’istruttoria svolta da un apposito comitato, la Giunta dovesse concludere per l’incompatibilità della carica o ufficio ricoperto con il mandato parlamentare, essa invita il senatore ad optare tra le due cariche, entro il termine perentorio assegnato. Se il senatore opta per la carica incompatibile, l’Assemblea prende atto delle sue dimissioni. Diversamente, trascorso inutilmente tale termine, la Giunta apre il procedimento per la dichiarazione di decadenza del senatore dal mandato parlamentare.

In tal caso, il Presidente del Senato deve mettere la proposta della Giunta all’ordine del giorno dell’Assemblea entro sessanta giorni, onde evitare i temporeggiamenti avvenuti in passato (art. 135-ter.1 R.S.). La proposta della Giunta gode di un certo favore perché essa s’intende approvata in caso di mancata approvazione di un ordine del giorno contrario. Se la Giunta ha concluso per l’incompatibilità del senatore, l’approvazione della sua proposta ne determina la decadenza dal mandato parlamentare (artt. 17.2 reg. Giunta delle elezioni Camera e 18 reg. verifica dei poteri del Senato).

Non spetta, dunque, al singolo senatore valutare quali attività finanziare o patrimoniali dichiarare perché la sua comunicazione non risponde a finalità di trasparenza ma alla necessità di valutare l’insussistenza di cariche in contrasto con il libero esercizio del suo mandato parlamentare. Tale valutazione, ovviamente, non spetta al senatore – non foss’altro perché nessuno è buon giudice di sé stesso – ma esclusivamente alla camera d’appartenenza. Di qui l’obbligo di dichiarazione di ogni carica e ufficio a qualunque titolo ricoperto, così da permettere alla Giunta una valutazione completa e approfondita, il cui esito potrebbe come vedremo determinare addirittura determinare la decadenza dal mandato.

Di tali due comunicazioni e delle loro diverse finalità si trova riscontro oggi nel Codice di condotta dei senatori che il Consiglio di Presidenza del Senato ha approvato il 26 aprile 2022 dando attuazione a quanto previsto dall’art. 12.2-bis del Regolamento (approvato il 20 dicembre 2017). Tale Codice, infatti, nello stabilire “principi e norme di condotta ai quali i Senatori devono attenersi nell’esercizio del mandato parlamentare”, impone ai senatori di adempiere ad entrambi gli obblighi di trasparenza sopra trattati (art. 3).

Pertanto, da un lato i senatori sono soggetti agli obblighi di trasparenza in merito alle dichiarazioni delle attività patrimoniali e finanziarie e dei finanziamenti ricevuti previsti e regolati dall’articolo 2 della legge n. 441/1982 (art. 3, commi 1 e 3); dall’altro, ai sensi delle norme regolamentari interne, i senatori devono dichiarare tutte “le cariche e gli uffici ricoperti a qualsiasi titolo, retribuiti e gratuiti, compilando un apposito foglio-notizie” (art. 3, commi 1 e 2).

Il Codice di condotta contiene ulteriori obblighi che i senatori devono osservare nell’esercizio delle loro funzioni: divieto di subire forme di condizionamento derivanti dalla propria condizione patrimoniale o finanziaria o dalle cariche o uffici ricoperti, così da evitare conflitti di interessi (articolo 4); divieto di accettare doni non conformi alle consuetudini di cortesia (articolo 5); divieto di utilizzare il logo del Senato in modo non conforme al Disciplinare approvato dal Consiglio di Presidenza (articolo 6); divieto di comportamenti contrari al buon costume e lesivi del prestigio del Senato (articolo 7).

Sull’osservanza di tali obblighi – inclusi quelli di trasparenza – vigila il Consiglio di Presidenza del Senato che, su richiesta del Presidente, svolge gli accertamenti istruttori necessari, in contraddittorio con il senatore interessato. Al loro esito – fatto salvo l’obbligo di denuncia in presenza d’ipotesi di reato (art. 331 c.p.p.) – il Presidente potrebbe proporre al Consiglio dei Presidenza l’irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti del senatore interessato qualora fossero emersi fatti di particolare gravità in grado di determinare una alterazione del principio della libertà di mandato ovvero di compromettere il prestigio del Senato. Contro le decisioni assunte si può ricorrere alla Commissione Contenziosa interna. Alla Camera, invece, in tali casi, è previsto l’annuncio in Assemblea e la pubblicità sul sito internet (art. VII Codice di condotta approvato il 12 aprile 2016). Al pari di quanto previsto in caso d’inosservanza degli obblighi di trasparenza previsti dalla legge n. 441/1982, la efficacia della sanzione è affidata alla sua funzione preventiva, così da dissuadere il parlamentare da comportamenti che potrebbero esporlo alla pubblica riprovazione.

Ai sensi della normativa vigente, dunque, la carica societaria ricoperta dal senatore Gasparri, se non denunciata a fini di trasparenza in quanto non operativa ai sensi dell’art. 2 della legge 441/1982, avrebbe comunque dovuto esserlo sia ai medesimi fini di trasparenza sulla base di quanto previsto dal Codice di condotta dei senatori, sia ai fini d’incompatibilità alla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentare, unico organo chiamato a valutare se essa possa incidere così negativamente sul libero esercizio del mandato parlamentare fino al punto da poter proporre la decadenza del senatore che non vi abbia espressamente rinunciato.

Tutto ciò al netto dei noti dubbi che la dottrina nutre da tempo circa l’imparzialità del giudizio di un’assemblea politica in materia di verifica dei poteri ex art. 66 Cost., in cui talora prevale in modo ferreo la massima giolittiana per cui le leggi s’interpretano per gli amici e si applicano per i nemici, facendo così prevalere la ragione della forza sulla forza della ragione.

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2 commenti su “Gli obblighi di trasparenza del parlamentare: a margine del “caso Gasparri””

  1. Ricevuto da cristianmil@libero.it il 14/12/2023: Riferendomi alla vicenda Gasparri, ho letto oggi sul Corriere della Sera che il Senato ha deliberato, con i voti dei gruppi di maggioranza, di negare la comunicazione alla trasmissione televisiva di quanto dichiarato da Gasparri a inizio legislatura. Quasi a confermare i dubbi circa l’ imparzialità di giudizio di un’ assemblea politica come sottolineato dall’ articolo in commento. Cordiali saluti.

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    • Avevo notato, grazie. Continuerò a seguire la vicenda che presenta molti lati oscuri, per fare luce sui quali l’assenza di trasparenza dimostrata dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato certamente non giova,

      Rispondi

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