L’inverno del nostro scontento

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di Roberto Bin

Il romanzo di Steinbeck, che prende a titolo il verso iniziale del Riccardo III di Shakespeare, narra del discendente di una famiglia di balenieri, che perde ricchezza e prestigio sociale a causa della “crisi del settore”. E’ una vicenda allegorica che mi viene in mente in questi giorni, di fronte alla stretta anticovid voluta dal Governo.

Che c’entrano i balenieri? E’ una metafora per indicare i tanti che oggi vedono la crisi colpire il loro settore di attività e privarli delle risorse necessarie. La differenza però c’è: i balenieri sono stati vittime del mercato, chi oggi protesta ha invece un “colpevole” facilmente individuabile, il Governo.

Ma c’è anche una seconda differenza: ai balenieri non restò che retrocedere nella scala sociale e finire con impiegarsi come commesso – per di più di un “cattolico terrone” (cioè di un italiano) – ai settori in crisi invece verranno assicurate dal Governo delle provvidenze. Quante e come lo si deciderà oggi, i tavoli di confronto sono già imbanditi. Speriamo siano decisi canali rapidi di erogazione dei contributi, anche se questo significherà poca attività istruttoria e quindi alto rischio di abuso, com’è accaduto la volta scorsa. Bisognerebbe attivare controlli ex post e prevedere sanzioni pesanti. Il meccanismo può funzionare solo così, fidandosi di chi chiede e assicurando la punizione di chi abusa (colpevolmente) della fiducia.

Il problema è come raggiungere la vasta area di coloro che svolgono lavoro non strutturato, e che a Napoli sono tanti, come si è visto: loro non hanno un’associazione, un tavolo che li rappresenti, sono nell’ombra e senza protezione. Spetta ai Comuni raggiungerli e invitarli a far domanda di sussidio. Almeno questo lo devono fare, e lo dico non senza polemica dopo la pessima figura che hanno fatto rifiutando di accollarsi una competenza che per altro già hanno e esercitano, quello di chiudere piazze e vie della “movida” (di questo si è già discusso in questo giornale). Spetta ai prefetti vigilare sulla loro efficienza, sino al punto di provocare il controllo sostitutivo del Governo.

Che la gente sia irritata a causa della nuova stretta è più che comprensibile: i disagi sono evidenti, e per alcuni davvero eccezionalmente pesanti. Ma possiamo prendercela con il Governo? Incolparlo dell’inerzia dei mesi scorsi ignora alcuni dati. In primo luogo, l’inerzia deriverebbe da non aver affrontato il nodo dei trasporti: è chiaro che la metropolitana di Milano e Roma generano nell’ora di punta più possibilità di contagio di piscine o teatri: ma questi possono essere bloccati, quelle no. E non spetta al Governo potenziare i trasporti locali, che sono di competenza comunale e regionale e sono gestiti da apposite Aziende. Se sono inefficienti non è colpa del Governo, ma di chi governa in periferia: che Salvini incolpi il Governo (ma come, non era lui a profetizzare quest’estate che “non ci sarà una seconda ondata” e che “è inutile continuare e terrorizzare le persone”?) e non ATM (a cui però non mancano argomenti di difesa) o Trenord, nella cui storia il suo partito certo non è stato ininfluente, è veramente scandaloso. E, per carità, non parliamo della Regione e della sanità lombarde! Al Governo può essere chiesto solo di finanziare il potenziamento dei servizi, ma di questi rispondono gli amministratori locali alle loro comunità.

E poi c’è un’altra considerazione. L’Italia non è poi messa così male quanto a diffusione del virus, come mostrano le statistiche pubblicate da Il Sole 24 ore e dal Messaggero. In Italia c’è però una mortalità molto alta, ma su questo incide soprattutto la prima ondata della pandemia, ed è la Lombardia a trainare la statistica.

Quello che si può rimproverare al Governo – e alla stampa che ne diffonde i dati – è la parzialità dei dati comunicati. Ci vorrebbe maggiore trasparenza, in modo che sia dato a tutti capire non solo quanti sono i tamponi e quanti i positivi, quanti i ricoverati e quanti i deceduti. E’ l’andamento di chi entra e chi esce dagli ospedali e dalla terapia intensiva, e come ne esce, che servirebbe sapere, regione per regione, Asl per Asl. Il controllo democratico deve partire dai dati, infatti. Capisco, il Governo deve mantenere buoni rapporti con le regioni e i comuni, e quindi evita di pubblicare dati che smascherino l’inefficienza di alcune amministrazioni. Ma noi dobbiamo essere messi in condizione di sapere.

 

 

 

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1 commento su “L’inverno del nostro scontento”

  1. Ci voleva proprio!!!
    Andrebbe recapitato ai molti PD con il mal di pancia e ai moltissimi giornalisti e commentatori-TV che, con piglio quasi eroico, impugnano la bandiera “governo ladro”.
    Con quale disegno?
    Questo paese rischia di essere preda della malafede e di finir male.

    Rispondi

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