“Paura del tiranno”: una psicopatologia culturale

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di Gladio Gemma

La psicologia ha individuato due tipi di paure. La prima è di natura funzionale (razionale, può dirsi con un ossimoro). Essa si sostanzia nel timore di un evento negativo, probabile e pericoloso ed è utile perché alimenta una reazione onde prevenire o contrastare l’evento stesso:

esempio, la presenza di un fumo denso può far temere un incendio ed indurre all’adozione di misure conseguenti. L’altra paura, irrazionale, consiste nel timore di un evento sfavorevole o impossibile o quanto mai improbabile, con conseguente adozione di comportamenti inutili o pericolosi: un esempio ci è offerto dai rischi, privi di fondamento, alimentati dai dissennati no-vax. La “paura del tiranno” rientra nel secondo tipo e quindi va contrastata perché dannosa.            
In che cosa si sostanzia la paura in oggetto? Con riferimento all’Italia essa si sostanzia nel duplice timore di un ritorno al potere di un partito fascista (o simile) e del rischio di favorire l’avvento di norme limitative dei diritti di libertà, pur se queste siano necessarie per contrastare la criminalità o delle pandemie. Verifichiamo la infondatezza di tale duplice timore. 
Come prova la storia della metà del secolo scorso, per l’avvento di un regime fascista (o simile) occorrono forze politiche organizzate, con seguito notevole nel Paese, ed intenzionate a sopprimere la democrazia: si pensi alle vicende del fascismo, del nazismo, del franchismo in Spagna, ecc. Orbene in Italia non abbiamo questi attori politici. Abbiamo sì gruppuscoli di marca fascista, ma abbastanza emarginati e costituenti, se mai, un problema di ordine pubblico ordinario (come i gruppuscoli di estrema sinistra). C’è inoltre un partito, Fratelli d’Italia, che è il successore del Movimento Sociale Italiano, il quale è sorto con una forte nostalgia del fascismo (e composto, nella fase iniziale, da molti nostalgici del fascismo). Ma dalla fine degli anni ’40 agli anni ’80 c’è stata una trasformazione del MSI in senso di una ridotta nostalgia del fascismo, processo che è poi culminato nella trasformazione di detto partito in Alleanza Nazionale, con l’abbandono esplicito dell’ideologia fascista. Non mancano certo, qua e là, tracce delle origini, ma onestamente non si può attribuire al nuovo partito, FdI, un intento di restaurazione del fascismo. Se mai, se è consentito, la leadership di tale partito è costituita da una demagoga, priva di cultura e del senso dello Stato (come prova la benevolenza verso i no-vax), ben diversa, e sotto questo profilo peggiore, di certi leaders fascisti i quali, con idee ed atteggiamenti certo rigettabili, non avrebbero peraltro mai propugnato la libertà di non vaccinarsi e di favorire la diffusione della pandemia. Al momento, nel sistema politico nel quale ex fascisti o filofascisti dichiarano di condividere i principi scritti nella prima parte della Costituzione, non si scorgono all’orizzonte consistenti forze politiche ed istituzionali intenzionate a ripristinare il regime fascista.  
Il timore di una restaurazione di un regime totalitario eventualmente provocata dall’adozione di norme e misure limitative di libertà costituzionali è anch’esso nettamente infondato per due motivi.      
Il primo motivo è di ordine storico (e politologico). L’ascesa al potere di partiti contrari alla democrazia liberale si è accompagnata alla limitazione non della libertà tout court, bensì delle libertà politiche, cioè quelle relative alla facoltà di formare partiti (anche antigovernativi) e allo svolgimento di una corretta competizione di formazioni partitiche e di esponenti politici di opposte, o comunque, di divergenti opinioni. Riprendendo quanto detto poc’anzi, se c’è un lealismo costituzionale e la condivisione di principi del costituzionalismo, leggi pur limitative di libertà non costituiscono un pericolo. Con una battuta riassuntiva di quanto sostenuto in precedenza, il fascismo, il nazismo, il franchismo, ecc. non si sono affermati a causa di norme volte a contrastare epidemie, così come nessuna persona di buon senso (quindi più saggia di certi giuristi invasati) ha mai temuto che il ricorso del generale De Gaulle ai poteri eccezionali prevista dall’art.16 della Costituzione della V° Repubblica per reprimere il pronunciamento militare dei generali francesi in Algeria nel 1961 (un po’ diverso è stato il caso della ribellione dei medesimi nel 1958, con caduta della IV° Repubblica) costituisse un pericolo per la democrazia francese.    
L’altro motivo, correlato a quello precedente, è di ordine logico. Ci può essere una relazione causale fra avvento di un regime totalitario e legislazione repressiva di libertà, ma ciò non è significativo, poiché occorre stabilire quale entità sia la causa e quale sia l’effetto, e sarebbe illogico scambiare l’una per l’altro. Per richiamare l’originale osservazione di un grande virologo (oltre che politico, intellettuale, ecc.), chiamato Matteo Salvini, questi ha dichiarato che, nel momento in cui si ha la vaccinazione, si delineano le varianti del virus e ciò significa che l’uso dei vaccini può provocare la nascita di varianti del virus, con netta lacuna logica del ragionamento (pare che gli scienziati, aristocratici, non eletti dal popolo, non abbiano apprezzato la geniale intuizione di uno eletto dal popolo!). In sintesi: non sono leggi “liberticide” la causa del fascismo (del nazismo, ecc.), ma è il fascismo (nonché regimi similari) la causa delle leggi “liberticide”!
Attenzione! Quanto scritto in precedenza non esclude né il pericolo che, in futuro, possa essere reintrodotto un regime totalitario (anche simile al fascismo), né il pericolo di una degenerazione del nostro ordinamento in una “democrazia illiberale”. La presenza di leaders illiberali come Trump in USA, o Salvini e Meloni (amici del primo) in Italia non è certo rassicurante. Tuttavia al momento, in Italia non ci sono sintomi preoccupanti (non solo di un ritorno al fascismo, ma anche) di svolte illiberali della nostra democrazia.
La paura del tiranno, a prescindere dalla sua infondatezza, è quanto mai pericolosa e perniciosa per certi effetti che ha provocato e può provocare. Più esattamente, questo timore genera riluttanza ad adottare misure limitative della libertà, quando pure esse siano necessarie per la realizzazione dei valori costituzionali. Infatti questi ultimi ben possono essere violati dalla violenza non statale, ma privata, e quest’ultima, in democrazia, è ben più pericolosa. Un grande costituzionalista, Maestro di tanti di noi (più o meno anziani), ha lasciato un insegnamento (fra gli altri). Si tratta di Vezio Crisafulli, il quale, in un breve denso scritto, recante il titolo: “Di libertà si può anche morire”, ha efficacemente ammonito che “l’eccesso di libertà si ritorce contro sé stesso”. 
Infatti, da un lato, tale eccesso fa “trionfare l’arroganza dei prevaricatori, che, abusando del sacro nome della libertà, finiscono per sopraffare la libertà degli altri, dei buoni e onesti cittadini, che sono ancora, fortunatamente, la grande maggioranza”. Non starò qui a citare i tanti casi, denunciati anche dalla stampa, di aree urbane o di territori, in cui spadroneggia la criminalità organizzata, oppure i tanti episodi di violenza comune operata da gruppi più o meno organizzati (basti pensare alle aggressioni di tifosi in occasione di partite, cosa impensabile ai tempi in cui chi scrive era tifoso). Per venire a tempi assai recenti, si può rilevare la riluttanza della classe politica a vietare manifestazioni che diffondano il contagio del covid o a disporre la vaccinazione obbligatoria, misura che sarebbe ancor più risolutiva dei pur utili procedimenti adottati.
Dall’altro lato, ha rilevato sempre il citato Maestro, che conosceva la storia assai più di vari giuristi di oggi, che la prevaricazione arrogante dei privati può generare una pericolosa aspirazione. L’esigenza di sicurezza e di ordine può indurre la tentazione di favorire l’avvento di un regime antidemocratico, che possa soddisfare detta esigenza. La storia dell’avvento di regimi, quali il fascismo, il nazismo od il franchismo nel periodo intercorso fra le due guerre, comprova che una situazione di anarchia o di debolezza del potere repressivo dello Stato abbia generato una tendenza hobbesiana, cioè una spinta alla soppressione della libertà in nome dell’ordine. In questa ottica lo stato liberale prefascista, le repubbliche di Weimar o quella spagnola hanno la colpa di non aver usato il potere repressivo pubblico nei confronti di coloro che hanno instaurato, poi, un ordine illiberale ed antidemocratico. La paura del tiranno è deleteria perché costituisce una mina vagante (per la democrazia), che oggi non appare pericolosa, ma un domani (sia pur lontano) potrebbe esplodere. Quindi la paura de qua è perniciosa sia perché compromette i valori costituzionali in democrazia, sia perché potrebbe in un più lontano futuro condurre alla caduta del regime democratico stesso.

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