Perché non possiamo non dirci “biofisici”

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di Michele Carducci

Esattamente ottant’anni fa, Benedetto Croce scriveva Perché non possiamo non dirci cristiani: un riferimento ormai classico per riflettere sulla «nuova qualità spirituale» che l’avvento del Cristianesimo ha offerto all’intera umanità, nel bene e nel male.

Gli ha voluto fare eco, nel 2007, il matematico Piergiorgio Odifreddi, pubblicando Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici): una provocazione che, equivocando intenzionalmente il pensiero di Croce, il quale non invitava a “essere cristiani” ma appunto a “sentirsi debitori” verso il Cristianesimo del contributo di arricchimento delle “qualità spirituali” del genere umano, altrettanto intenzionalmente gioca sulle parole “cristiano”-“chrétien”, per concludere che quell’arricchimento servirebbe solo a «letterali cretini» e non invece a coloro che «forse per loro sfortuna, sono stati condannati a non esserlo».

Si può non essere “cretini” e contemporaneamente non conoscere nulla di antropologia e storia, così restando ignoranti sul fatto che anche il diritto, che tutti gli esseri umani – “cretini” e non – producono e rispettano, è frutto di spiritualità, compresa quella cristiana.

Il punto, allora, non è se essere o meno cristiani, per scongiurare lo stigma del “cretino”. La questione importante è un’altra, oggi più che mai significativa nel parlare di futuro della nostra convivenza sul pianeta.

È ormai risaputo, infatti, che qualsiasi spiritualità ha legato e lega l’azione umana, con le sue regole anche giuridiche, alla qualificazione della sua funzione sulla Terra (in tal senso, si v., sul fronte della ricerca antropologica, l’imprescindibile contributo di Philippe Descola Oltre Natura e Cultura, e, su quello della specifica influenza della spiritualità cristiana, l’altrettanto imprescindibile Leo Spitzer, L’armonia del mondo). Le “tradizioni giuridiche” nel mondo sono questo (cfr. H.P. Glenn, Tradizioni giuridiche nel mondo).

In una parola, la spiritualità ha prodotto convivenza giuridicamente regolata attraverso rappresentazioni e spiegazioni condivise della “connessione” del soggetto umano con l’ambiente e la natura, non solo con un Dio (F. Ost, La nature hors la loi).

Oggi, grazie alle straordinarie scoperte della biofisica (la scienza che studia come biologia e fisica interagiscono nel garantire la permanenza della vita dentro i cicli del sistema climatico), sappiamo che questa “connessione” non è solo spirituale, ma reale, effettiva, concreta, terrestre, come tale indefettibile. Tutti noi, come tutte le altre specie viventi, siamo esseri “biofisici”, derivanti e dipendenti dal sistema terrestre e da tutte le componenti del suo sistema climatico (dall’atmosfera alla litosfera).

Sappiamo anche che solo attraverso la riconnessione biofisica delle nostre azioni sulla Terra, possiamo garantire sostenibilità e vivibilità alla nostra specie e all’intera biosfera (cfr., per una rapida sintesi, F.L. Pulselli, I fondamenti biofisici della sostenibilità).

Ecco allora che scoprirci “biofisici” è diventato fondamentale, anche per il diritto e l’economia, a tutt’oggi dissociati dalla conoscenza dell’interazione biologico-fisica del sistema climatico e, per tale motivo, proiettati sulla figurazione (non “cretina”, ma comunque insufficiente) che diritti, interessi, ragioni, valori ecc… siano solo e sempre sociali o, al massimo, biologico-individuali, ma mai, appunto, “biofisici” quindi anche geologici, idrologici, atmosferici, biosferici ecc…  (sull’esistenza di declinazioni socio-giuridiche della connessione biofisica, diverse da quella del diritto ed economia dominanti, si v. M. van Aken, Campati per aria).

Dovremmo allora concludere che, per non essere effettivamente “cretini”, non dovremmo mai dimenticare di dirci “biofisici”, ossia dipendenti dal mondo e connessi a questo unico mondo abitabile e vivibile che abbiamo.

Dovremmo farlo anche come giuristi, impegnandoci a studiare la biofisica, presupposto ormai ineludibile per parlare con cognizione di diritto, economia, ambiente e natura.

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