Il “Giudizio universale” è inammissibile: quali prospettive per la giustizia climatica in Italia?

di Giacomo Palombino 

La prima causa climatica italiana, nota come “Giudizio universale”, si è conclusa, almeno in primo grado, con un nulla di fatto: il Tribunale civile di Roma ha deciso, con sentenza dello scorso 26 febbraio, che la domanda sia da considerarsi inammissibile «per difetto assoluto di giurisdizione» (si veda il commento di Cardelli). Pur evidenziando «la oggettiva complessità e gravità della emergenza a carattere planetario provocata dal cambiamento climatico antropogenico», il Tribunale ha ritenuto di non poter accertare la responsabilità civile dello Stato, ex art. 2043 c.c. e, in subordine, 2051 cc., dinanzi a una domanda «diretta ad ottenere dal Giudice una pronuncia di condanna dello Stato legislatore e del governo ad un facere in una materia tradizionalmente riservata alla “politica”», ovvero «diretta in concreto a chiedere, quale petitum sostanziale, al giudice un sindacato sulle modalità di esercizio delle potestà statali previste dalla Costituzione».

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La sentenza “Giudizio Universale”: una decisione retriva

di Luciana Cardelli

La scorsa settimana è stata pubblicata la Sentenza del Tribunale civile di Roma sul contenzioso climatico “Giudizio Universale” (cfr. Il Tribunale civile di Roma boccia la prima causa contro lo Stato italiano per inazione climatica, dove si legge anche la sentenza). Dopo tre anni di udienze, il primo grado si chiude con una dichiarazione di inammissibilità per “difetto assoluto di giurisdizione”.

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La “leggenda” del “danno non significativo” all’ambiente

di Giorgio Trivi

Sul PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si ripongono grandi speranze per il futuro dell’Italia. Non mancano discussioni sulla fondatezza o meno di questo ottimismo (si v. per esempio, il recente studio di Viesti, Riuscirà il Pnrr a rilanciare l’Italia?, 2023). Nel contempo, l’ultimo Rapporto sullo stato di implementazione di questo dispositivo di ripresa e resilienza, da poco pubblicato dalla Commissione europea, offre non pochi elementi di comparazione fra Italia e altri paesi beneficiari dei finanziamenti.

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Le novità della COP28 tra uso delle parole e Costituzione

di Michele Carducci

 Qualche giorno fa si è chiusa la COP28, la Conferenza delle Parti sul clima, prevista come riunione annuale degli Stati che aderiscono alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC) e riconvertita, dall’art. 4 dell’Accordo di Parigi del 2015, in «decisione pertinente» alla definizione degli obblighi indicati dall’accordo stesso (c.d. CMA), che funge, a sua volta, da «strumento giuridico» dell’UNFCCC, ai sensi dell’art. 2 di quest’ultima.

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«Bilancio di carbonio» e diritti costituzionali

di Luciana Cardelli

Nelle discussioni sulla tutela dei diritti umani di fronte all’emergenza climatica, un tema solitamente trascurato è quello del c.d. “bilancio di carbonio” (o Carbon Budget). La ragione di questa disattenzione si deve probabilmente al fatto che i giuristi, che si occupano di diritto climatico, non necessariamente leggono i Rapporti del Panel Intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (l’IPCC).

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