Contenziosi climatici e la doppia verità dell’Avvocatura dello Stato

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di Ines Bruno

L’Avvocatura dello Stato italiano si trova coinvolta in un’inedita esperienza di rappresentazione dell’interesse pubblico nelle controverse giudiziarie.E’ una funzione che le appartiene (v. P. Pavone 1995, e, in prospettiva comparata, A. Sant’Ana Pedra 2014). Ma questa volta l’Italia deve rispondere contemporaneamente davanti a due giudici differenti, il Tribunale civile di Roma e la Corte europea dei diritti umani, per una medesima condotta: le misure di contrasto all’emergenza climatica in corso. I due procedimenti sono ormai noti: “Giudizio Universale”, la causa climatica radicata da oltre duecento attori nel giugno 2021 presso il giudice romano (per tutti i dettagli, si v. il sito giustiziaclimatica.it); “Duarte Agostinho et al. vs. Portogallo et al.39371/20, noto anche come “caso GLAN” dal Global Legal Action Network che supporta il ricorso “per saltum” alla Corte di Strasburgo da parte dei giovani portoghesi nei confronti di 33 Stati, inclusa appunto anche l’Italia.

Poiché la concomitanza delle due pendenze processuali non è riconducibile alle fattispecie di connessione di diritto interno, la considerazione del ruolo assunto dall’Avvocatura dello Stato in ciascuna di esse si presta a qualche considerazione interessante. Molti elementi di fatto e di diritto, esposti da attori e ricorrenti delle due iniziative, risultano identici: l’emergenza climatica è unanimemente riconosciuta come inedita minaccia esistenziale produttiva di danni irreversibili, presenti e futuri; si rivendica l’esistenza di un’obbligazione positiva dello Stato nel proteggere il sistema climatico al fine di garantire l’effettività dei diritti umani nel tempo; l’inosservanza dell’efficace protezione del sistema climatico è tradotta nella violazione degli artt. 2 e 8 CEDU, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo nelle situazioni di rischio ed emergenza; il tempo utile per scongiurare il fallimento del contenimento del riscaldamento globale è denunciato come scarso e in scadenza (come comprovato dalla c.d. “formula di Lenton et al.”, utilizzata in entrambi gli atti introduttivi del giudizio); le più recenti acquisizioni scientifiche non possono essere ignorate dagli Stati per contrastare efficacemente l’emergenza climatica.

I ricorrenti portoghesi, poi, lamentano anche l’impossibilità del diritto di accesso alla giustizia, negato o comunque ostacolato dagli Stati e, per tale motivo, rimediato dal ricorso “per saltum” a Strasburgo.

Quest’ultimo passaggio è il più significativo di tutti.

Nella causa “Giudizio Universale”, l’Avvocatura dello Stato ha convintamente argomentato l’inammissibilità dell’azione civile, per insindacabilità dello Stato nelle questioni climatiche (per i dettagli, si rinvia a G. Campeggio qui e qui).

Quindi, la tesi della difesa statale a livello nazionale confermerebbe quella dei ricorrenti portoghesi a Strasburgo. Tuttavia, la Grande Camera della Corte europea, alla quale quel ricorso è stato devoluto, ha richiesto espliciti chiarimenti sull’esistenza, all’interno delle giurisdizioni nazionali, di rimedi efficaci, che consentano di controllare gli impegni statali in materia di lotta all’emergenza climatica dal punto di vista degli articoli 2 e 8 CEDU (cfr. Factsheet – Climate change).

Il 31 gennaio 2023, gli Stati hanno risposto congiuntamente (con la sola eccezione dell’Olanda) e l’Avvocatura erariale italiana ha dovuto necessariamente perorare l’accesso alla giustizia in Italia per non dare ragione a controparte. Lo ha fatto evocando il caso “Giudizio Universale”, al fine di dimostrare non solo l’esistenza di un contenzioso nazionale (facilmente conoscibile da chiunque), ma anche l’ammissibilità dell’accesso giudiziale per i ricorrenti portoghesi e la legittimità delle loro eventuali richieste di condanna in forma specifica, ai sensi dell’art. 2058 Cod. civ.

In una parola, l’Avvocatura italiana ha costruito un ordito argomentativo e dimostrativo totalmente contrario a quello esposto nel Tribunale di Roma.

Ne deriva una contraddizione solo apparentemente logica, perché espressiva di difformità costituzionali di notevole spessore, che è importante sintetizzare nei loro tre risvolti più evidenti.

In primo luogo, com’è noto, l’Avvocatura, davanti ai giudici di Strasburgo, opera anche come garante dei diritti umani, riconosciuti dalla CEDU, e della loro inclusione nel sistema costituzionale dello Stato (cfr. M.G. Civinini 2019). La sua funzione, in altre parole, non si riduce alla difesa di un determinato indirizzo politico (come nei giudizi di legittimità costituzionale, sui cui si v. il classico S. Tosi 1963, e ora M. Corvasce 2022) o di una determinata relazione di potere (V. Piergigli 1991). A Strasburgo, l’Avvocatura rappresenta il sistema costituzionale italiano nella sua veste di “Stato positivo” sui diritti (cfr. sul concetto di “Stato positivo”, L. Lavrysen 2016).

In secondo luogo, l’Avvocatura dello Stato è contraddistinta anche dall’immedesimazione organica con lo Stato. Di conseguenza, i titolari dei suoi uffici e delle sue funzioni non solo personificano lo Stato nelle sue responsabilità ex art. 28 Cost., ma soggiacciono pure al secondo comma dell’art. 54 Cost., contenente un dovere qualificato di fedeltà costituzionale, da adempiere in tutte le sedi, non solo a Strasburgo (sul significato dell’art. 54 Cost., si v. B. De Maria 2013).

Infine, lo Stato, rappresentato dall’Avvocatura nel processo, è pur sempre una parte, sia a Strasburgo che davanti al Tribunale civile di Roma. A Roma, però, vale anche l’art. 88 C.p.c., in base al quale “le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità”: “lealtà” processuale e “fedeltà costituzionale” delle immedesimazioni organiche dello Stato, responsabile nei termini dell’art. 28 Cost., si riflettono l’una nell’altra. Tra l’altro, una recente indagine comparativa (M. Gradi 2018) ha desunto dall’art. 88 C.p.c. l’insorgenza di un vero e proprio “dovere di verità” delle parti, estesa ai fatti interni al processo e ai comportamenti esterni, riflessi sul thema decidendum.

Bisognerebbe allora interrogarsi non solo su quale fedeltà costituzionale abbia perseguito l’Avvocatura nelle sue memorie in “Giudizio Universale”, totalmente diverse da quelle formalizzate a Strasburgo, ma anche su quale sia la “verità” che lo Stato intende effettivamente rappresentare come interesse pubblico nei due procedimenti.

I due giudici, nazionale ed europeo, si dovranno comunque esprimere. Se a farlo sarà, per primo, il Tribunale civile di Roma, dichiarando inammissibile “Giudizio Universale” in nome dell’insindacabilità statale rivendicata dall’Avvocatura in quella sede, Strasburgo non potrà non tenerne conto, assumendo come false le tesi italiane ivi manifestate. Se viceversa, a decidere per prima, sarà la Corte europea, accogliendo l’argomento che i rimedi interni italiani esistono in funzione anche degli articoli 2 e 8 CEDU, risulterà difficilmente accettabile, e facilmente censurabile, un rigetto italiano.

Tra l’altro, fra strategie europee e italiane di difesa erariale c’è di mezzo anche la Convenzione di Aarhus, vincolante per l’Italia e per tutti i suoi organi, incluso il giudice romano.

Sarà allora ancor più improbabile sottovalutare questa singolare vicenda di doppio contenzioso climatico, per non offrire agli attori di “Giudizio Universale” anche la via della denuncia dell’Italia al Comitato di controllo di Aarhus.

La fedeltà costituzionale non può essere “una e bina” e anche il giudice italiano è tenuto al rispetto del secondo comma dell’art. 54 Cost. (cR. Rordorf 2022): non potrà dimenticarlo all’atto del decidere, a causa proprio della strategia italiana a Strasburgo.

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1 commento su “Contenziosi climatici e la doppia verità dell’Avvocatura dello Stato”

  1. Un cordiale saluto alla Professoressa ed a Tutti i frequentatori del sito, la termodinamica di qualsiasi sistema è governata da leggi chimico-fisiche sin dalla loro primordiale genesi produttiva, per quanto concerne la CO2 indicata dai più come principale responsabile del cd. “effetto serra” e, di conseguenza, “colpevole” dei rialzi termici di questo pianeta mi permetto qualche considerazione tecnica:
    1°) la combustione “ideale” del Carbonio dei suoi idrati ed idruri prevede come prodotti di reazione CO2 ed H2O, modello stechiometrico teorico cvi s’avvicina molto solo il più semplice degli idrocarburi ossia il metano .
    2°) La crosta Terrestre, dell’imponente insieme astronomico, è paragonabile ad un piccolo reattore chimico-fisico in maggioranza circondato da H2O, ebbene buona parte della CO2 in eccedenza, al netto del ciclo animale e vegetale, viene trasformata in bicarbonati solubili attraverso un equilibrio chimico-fisico in fase eterogenea. Ciò detto ricordo comunqve che la CO2 è un gas asfissiante più pesante dell’aria come ben noto agli ingegnosi, ancorchè analfabeti vinificatori d’un tempo che, prima di scendere nei tini a recuperare le vinacce da torchiare, usavano artifici per estrarla e sostituirla con buone dosi d’aria ricca d’O2 . Non è quindi gas tossico-velenoso e comunqve, benchè aumentato nell’ultimo secolo a causa soprattutto della combustione di idrocarburi, le sue concentrazioni medie in aria sono ancora ben al di sotto dell’un percento, quel che ci deve preoccupare della combustione dei materiali in generale e degli idrocarburi in particolare sono gas vapori e particelle a vario pM che sono spesso sostanze tossico-nocive e/o velenose anche a basse concentrazioni e non solo per la respirazione.
    3°) Nel contesto troposferico i gas sono soggetti a forze Browniane termoconvettive e gravitazionali unitamente a molecole d’acqua allo stato vapore liquido solido secondo i gradienti termodinamici locali,il cd.”effetto serra”, fattore essenziale per la biofisica terrestre, è determinato prevalentemente dall’acqua allo stati solido liquido e vapore; esso s’è particolarmente alterato nell’ultimo secolo a causa delle massicce immissioni dal suolo alla tropopausa e viceversa di gas, vapori e,soprattutto, tanto tanto calore che questo pianeta fatica oramai a smaltire, perciò è inevitabile la transizione a fotovoltaico di scala planetaria con progressiva riconversione dei combustibili fossili cominciando dai più “pesanti”, cosa già attualmente fattibile al suolo mentre ci vorrà più tempo per il sistema aeronautico che spande dall’alto.
    Santarcangelo di Romagna, 8 marzo 2023 Enzo Bargellini.

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