L’emergenza climatica tra “sfera dell’insindacabile” e istituzioni suicide

Print Friendly, PDF & Email

di Gianvito Campeggio

Un recente Editoriale di questa testata (Pericolo di estinzione umana e interpretazioni giuridiche) invita a discutere lo studio intitolato Climate Endgame: Exploring catastrophic climate change scenarios), dove l’emergenza climatica è descritta come situazione non semplicemente di pericolo bensì ultimativa, distruttiva e finale (appunto un “Endgame”), in quanto la sua posta in gioco è la sopravvivenza delle condizioni di vivibilità di tutti e non semplicemente la lesione, contingente o permanente, di alcuni o molti.

Il dovere di interrogarsi, quindi, incombe. L’emergenza climatica, si comprende dalla lettura di quello studio, non è un evento naturale e basta (come un terremoto) o un processo naturale-sociale e basta (come la pandemia). È il prodotto della persistente violazione umana delle fondamentali “leggi della natura” che presidiano il sistema climatico, nella sua dinamica sia geofisica che biofisica, di cui dà conto l’UNFCCC del 1992.

Pertanto, quella emergenza si affaccia alla nostra attenzione non come un fatto, ma come un illecito (un fatto illecito) in senso sì “naturalistico”, ma perché conseguenza della violazione appunto di quelle “leggi di natura”; violazione determinata da misure umane (volute e legittimate dagli Stati) che non solo non hanno evitato gli eventi, ma soprattutto li hanno consapevolmente prodotti, moltiplicati e aggravati, con una consapevolezza per lo meno riconducibile alla sottoscrizione di quell’UNFCCC.

Si dovrebbe, allora, far valere verso gli Stati, nella presenza dell’ “Endgame” emergenziale, il principio di imputazione – baluardo di civiltà giuridica pro homine – secondo cui “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo” (art. 40 cod. pen. italiano).

Sappiamo, invece, che questo non succede; che gli stessi giuristi invocano il principio di separazione dei poteri per rivendicare una “sfera dell’insindacabile” nella gestione dell’emergenza stessa.

È qui che entra in gioco lo spunto riflessivo dell’Editoriale. Esiste la “sfera dell’insindacabile”?

Com’è noto, nelle situazioni di pericolo “normale” (ossia non espressive di un “Endgame”: si pensi, per fare un esempio semplicissimo, alla manutenzione di un manto stradale che provoca danni e morte) si sostiene pacificamente, in giurisprudenza e in dottrina, che l’adozione delle misure pubbliche, volte a farsi carico della cura e utilizzo di risorse della natura (come il manto stradale), rientri nell’ambito dell’insindacabile discrezionalità del titolare del potere.

Dunque, una “sfera dell’insindacabile” esisterebbe. Essa, tuttavia, non sarebbe assoluta. Infatti, già in queste situazioni di pericolo “normale”, essa comunque non esonerebbe il potere dall’osservanza di specifiche norme, riguardanti quelle risorse, o delle comuni regole di diligenza poste a tutela dell’integrità personale e patrimoniale dei terzi, collocandosi, tale tutela, quale limite esterno alla stessa “sfera dell’insindacabile”.

Letto lo studio sull’ “Endgame”, poniamoci allora queste domande. L’osservanza delle “leggi di natura” non è forse una comune regola di diligenza posta a tutela della integrità personale e patrimoniale di tutti (dato che tutti noi dipendiamo dal sistema climatico)? E che dire del fatto che queste “leggi di natura” sono presupposte e richiamate, attraverso le loro definizioni, dalla fonte giuridica UNFCCC?

In conclusione, sembrerebbe che questa evocata “sfera dell’insindacabile” perderebbe di plausibilità già nella situazione di pericolo “normale” del cambiamento climatico antropogenico, come contemplato dall’UNFCCC e derivante dalla consapevole violazione di “leggi di natura”, da quella fonte presupposte e definite.

Che dire, allora, se la situazione non è più di pericolo “normale”, ma è degenerata in “Endgame”? Possiamo davvero accettare l’idea che, in un “Endgame”, uno dei giocatori (lo Stato), per di più consapevolmente responsabile di quel gioco distruttivo e ultimativo, continui a condurre la partita disponendo della sorte degli altri (i suoi cittadini)? Insomma, nell’ “Endgame” c’è posto per la “sfera dell’insindacabile”?

Serve, a questo punto, ricorrere a letture significative sul tema e un utile spunto, secondo me, si trova nel sintetico ma denso saggio di Michelangelo Bovero, intitolato Che cosa non è decidibile. Cinque regioni del coto vedado. Bovero parte dalla nozione di «coto vedado» di Ernesto Garzón Valdés, autore di un celebre saggio intitolato Instituciones suicidas, in cui si spiega in che modo le istituzioni della democrazia rappresentativa e del mercato arrivino al suicidio (e all’omicidio dei loro cittadini) promuovendo la “sfera dell’insindacabile”. Qualsiasi “sfera dell’insindacabile”, quanto meno in una democrazia costituzionale, deve sempre e comunque fare i conti con il «coto vedado», che altro non sarebbe, secondo Bovero, se non la “frontiera” inviolabile dei diritti, di cui parlava Norberto Bobbio, ripresa e approfondita da Luigi Ferrajoli con la nota biforcazione tra “sfera dell’indecidibile” (“frontiera” in cui il riconoscimento delle libertà individuali genera verso lo Stato un dovere di non agire contro) e “sfera dell’indecidibile che non” (“frontiera” in cui le aspettative esistenziali degli individui di vivere dignitosamente producono per lo Stato un dovere di agire, un obbligo di fare).

Se colleghiamo lo scritto di Bovero a quello sull’ “Endgame”, una risposta a tutti gli interrogativi sollecitati la troviamo.

Ed è solo una: al cospetto dell’emergenza climatica non c’è possibilità alcuna di predicare e praticare la “sfera dell’insindacabile”, al netto, ovviamente, di quelle propensioni al suicidio implicite nelle dottrine che, assumendo democrazia, separazione dei poteri, discrezionalità politica e mercato come “primati” da salvaguardare comunque anche nell’emergenza climatica, traducono quelle categorie costituzionali in “istituzioni suicide”, nel risultato denunciato da Garzón Valdés.

Per chiudere, forse un’ulteriore lettura andrebbe condotta a completamento: l’istruttivo libro di Francesco Guala Pensare le istituzioni. Istituzioni che non salvano dalla catastrofe, per restare coerenti con i loro principi ispiratori, non servono a nulla.

Nell’ “Endgame”, la sopravvivenza non è più garantita dai principi, ma dalle “leggi di natura”, da ripristinare e rispettare.“Making Peace With Nature” è il titolo di un autorevole recente Rapporto dell’UNEP sull’emergenza climatica: facciamo pace con la natura, invece di restare fedeli a “insindacabili” principi.

Please follow and like us:
Pin Share
Condividi!

Lascia un commento

Utilizziamo cookie (tecnici, statistici e di profilazione) per consentire e migliorare l’esperienza di navigazione. Proseguendo con la navigazione acconsenti al loro uso in conformità alla nostra cookie policy.  Sei libero di disabilitare i cookie statistici e di profilazione (non quelli tecnici). Abilitandone l’uso, ci aiuti a offrirti una migliore esperienza di navigazione. Cookie policy

Alcuni contenuti non sono disponibili per via delle due preferenze sui cookie!

Questo accade perché la funzionalità/contenuto “%SERVICE_NAME%” impiega cookie che hai scelto di disabilitare. Per porter visualizzare questo contenuto è necessario che tu modifichi le tue preferenze sui cookie: clicca qui per modificare le tue preferenze sui cookie.