Con il voto determinante di popolari e conservatori, una maggioranza che prefigura scenari inediti in vista delle prossime elezioni europee, il Parlamento di Strasburgo ha approvato in prima lettura l’Act in Support of Ammunition Production (ASAP), una proposta di regolamento che mira alla conversione del complessivo sistema economico-industriale europeo alle prioritarie esigenze della guerra russo-ucraina (la base giuridica prescelta è l’art. 173 TFUE).
Secondo autorevoli commentatori si profilerebbe un rilancio dell’Europa della difesa, prima tappa di una più forte integrazione politica. La riscoperta di un’identità comune fondata su valori condivisi tra gli Stati membri, sebbene alcuni di essi (la Polonia) siano ancora sotto procedura d’infrazione per il mancato rispetto di questi stessi valori. La conferma dell’assunto per cui l’eterna inimicizia con la Russia è l’autentico fattore federativo sovranazionale, dalla guerra fredda fino ad oggi. Chi scrive è, invece, propenso a ritenere che si tratti più modestamente dell’ennesimo adattamento camaleontico del funzionalismo comunitario, del paradigma dell’integrazione attraverso il diritto (dei mercati) al nuovo contesto, una sorta di “funzionalismo bellico” (Guazzarotti, 2022) .
Innanzitutto, è bene precisare che il regolamento in oggetto si aggiunge al c.d. European Peace Facility (EPF), un fondo ad hoc, al di fuori del bilancio comunitario, diretto a finanziare le spese delle missioni militari comuni e il sostegno a Stati terzi, come nel caso dell’Ucraina a cui sono stati già erogati circa tre miliardi e mezzo di euro in armamenti ed equipaggi.
Il paradigma mercatista è al centro del regolamento ASAP. Nel linguaggio “edulcorato” della Commissione, l’obiettivo è garantire il buon funzionamento del mercato interno dei “prodotti della difesa” (defence products), munizioni d’artiglieria e missili, in una situazione internazionale contraddistinta da un aumento esponenziale della domanda. Per superare i “colli di bottiglia” (bottlenecks) in questo settore, la Commissione prevede l’istituzione di un nuovo fondo, denominato “Ramp-up Fund”, per incentivare la capacità produttiva degli Stati membri, la modernizzazione delle dotazioni militari, il training e l’aggiornamento continuo del “personale”.
Altrettanto centrale è il paradigma della governance basata sui risultati. Gli Stati membri presentano progetti in competizione tra loro, la Commissione eroga i fondi ai progetti più meritevoli e valuta successivamente il rispetto dei target e milestones prefissati. Il fondo “Ramp-up” dovrebbe operare in sinergia con i programmi di finanziamento già esistenti. In particolare, si riconosce agli Stati membri la possibilità di richiedere alla Commissione una modifica dei rispettivi Piani nazionali di ripresa e resilienza per riallocare parte delle risorse dedicate alla transizione ecologica e digitale e alla ripresa post-pandemia. Il sostegno al complesso militare industriale europeo vale pure qualche sacrificio delle pressanti istanze sociali dei cittadini.
Inoltre, con una misura tipica dell’economia di guerra, il regolamento ASAP conferisce alla Commissione europea il potere straordinario di ordinare alle imprese (con il consenso dello Stato membro di stabilimento) di dare priorità (“priority rated orders”) a determinati “prodotti difensivi”, anche al costo di un sacrificio “proporzionato” della libertà d’impresa e del diritto di proprietà (art. 16 e 17 CDFUE, considerando 33). L’impresa interessata ha la facoltà di proporre le sue obiezioni alla Commissione, ma è obbligata a rispettare le decisioni di quest’ultima, essendo in caso contrario assoggettata a sanzioni pecuniarie gravose.
L’imperativo dell’“economia di guerra” (Losurdo, 2023) è talmente cogente da giustificare deroghe al diritto dell’Unione europea: deroghe alla normativa sugli appalti pubblici con la possibilità di adottare procedure semplificate di aggiudicazione delle commesse; deroghe alla direttiva 2003/88/CE sul tempo massimo di lavoro, consentendo alle aziende di aumentare i turni di lavoro per garantire la continuità produttiva; deroghe, soprattutto, alla normativa a tutela dell’ambiente e della salute (a titolo di esempio viene citata la “direttiva Seveso”, considerando 40).
L’unionismo retorico intravede nella guerra russo-ucraina e, più in generale, nella ri-militarizzazione del mondo l’occasione storica per un inedito protagonismo dell’Europa come potenza geopolitica (Olaf Scholz, discorso del 9 maggio 2023 al Parlamento europeo). In realtà, è la NATO dal punto di vista organizzativo e istituzionale che sta tornando in vita, con gli Usa alla sua guida (cfr. i contributi in Azzariti, 2022). La declamata autonomia strategica europea è un pio desiderio, se i Paesi dell’UE non preservano un potere di valutazione autonoma e si acconciano a diventare i subappaltatori dell’industria della difesa americana, come del resto è già accaduto in occasione dell’emergenza pandemica con il piano di acquisto congiunto dei vaccini.
In definitiva, non si può che concordare con chi ha sostenuto che l’attuale conflitto russo-ucraino, sull’orlo di una nuova terribile escalation, è l’apice di una “seconda guerra freddo/calda” che tenta di mettere fuorigioco il progetto di un’occidente europeo alleato, ma distinto dall’occidente atlantico (Cantaro, 2023).