Comprevendita dei parlamentari: dopo i saldi di fine stagione siamo alle prevendite!

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di Roberto Bin

Scandalizzarsi ormai è difficile, il quadro politico-istituzionale si è degradato a tal punto che non ci si sorprende più di niente. Dopo le legislature (perché il fenomeno non è limitato solo all’ultima, ma è un fenomeno serio risalente nel tempo) in cui il “cambio di casacca” di deputati e senatori è diventata prassi ordinaria che ha consentito a diversi governi di “acquisire” il sostegno necessario in Parlamento, le solite anime belle hanno inserito nei loro programmi elettorali una riforma davvero importante: il superamento del divieto di mandato imperativo. A questo principio costituzionale, erede di una nobile tradizione illuministica iniziata con la stessa Rivoluzione francese, si fa risalire la colpa dei “cambi di casacca” dei parlamentari e del loro disinvolto saltare da un partito o da uno schieramento all’altro, senza badare al fatto che:

  1. a) il divieto di mandato imperativo non dice che i parlamentari possono fregarsene del fatto di essere stati eletti nell’ambito di uno schieramento e passare a quello opposto, ma semplicemente che non sono legati al “mandato” dei loro elettori, liberi essendo di interpretarne gli interessi (e rispondere a loro, al momento della rielezione, di come li hanno interpretati). Consente a loro di esprimersi liberamente sulle singole questioni, non certo di fare tutto quello che a loro piace fare, compreso tradire il voto degli elettori passando allo schieramento opposto;
  2. b) è responsabilità delle leggi elettorali non prevedere la decadenza dal mandato dei rappresentanti eletti in uno schieramento che, dopo le elezioni, vogliono uscire da esso. Questo è stato particolarmente grave con i sistemi elettorali (vedi il c.d. Porcellum, per es.) che conferivano un premio di maggioranza allo schieramento vincente: la dissoluzione di questo ha consentito a certi parlamentari “dati in premio” allo schieramento stesso di uscirne senza problema (vedi la scissione di Fini e suoi seguaci). In un sistema elettorale senza voto di preferenza (che, per altro, è a mio avviso per nulla auspicabile), il voto va ai partiti, alle coalizioni e ai candidati che essi presentano, non direttamente alle persone;
  3. c) il terzo tassello sono ovviamente i regolamenti parlamentari e la disciplina dei gruppi parlamentari: i quali non sono circoli dopolavoristici da cui si può liberamente uscire e entrare, ma sono l’unica “emersione istituzionale” dei partiti politici, sono organi necessari delle Camere su cui si basa tutta l’organizzazione e il lavoro parlamentare, organi che assorbono una dose notevole del bilancio delle Camere. Se i gruppi sono organi fatiscenti ed hanno sponde friabili non dipende però dal divieto di mandato, ma da scelte sciagurate fatte dalle Camere nel gestire la propria autonomia regolamentare. Ci sono stati Presidenti delle Camere (Bertinotti, per esempio) che hanno introdotto deroghe (le chiamano “interpretazioni”) alle regole sui gruppi che hanno prodotto conseguenze sistemiche devastanti (a vantaggio esclusivo della propria formazione politica).

Dire “bisogna superare il divieto di mandato” – come si vede – di per sé non vuole dire niente: se si pensa che basterebbe abrogare l’art. 67 Cost. (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”) si mostra solamente di non aver capito nulla del problema (e neppure della funzione di una Costituzione).

Ora la “compravendita” di parlamentari è un reato, corruzione o concussione che sia (Berlusconi e Lavitola sono stati condannati l’8 luglio 2015 a 3 anni di reclusione per la “compravendita” del senatore De Gregorio: in primo grado, poi è intervenuta Santa Prescrizione). E la “prevendita”, che cos’è?

È di ieri l’invito di Berlusconi ai futuri parlamentari del M5S (ma vedi anche) che si trovassero in contrasto con il loro partito (perché massoni, perché furbacchioni o per qualsiasi altro motivo) a non essere indotti a dimettersi dalla carica (che non sarebbe un processo semplice, perché implicherebbe prima che si sia compiuta la “verifica dei poteri” da parte delle giunte per le elezioni delle Camere, poi che essi presentassero le dimissioni volontarie, e poi ancora che il voto della Camera di appartenenza approvasse le dimissioni stesse: il tutto è molto ben spiegato in questo giornale da Giovanni Piccirilli), perché lo schieramento di cui lui è “capo politico” (così lo designa la legge elettorale in vigore) sarà pronto ad accoglierlo (“basta la firma del programma”!) e ci guadagneranno anche economicamente, perché potranno tenere per sé tutta l’indennità parlamentare (al contrario di quello che richiede il M5S, e non solo lui!). Altri vantaggi economici o politici non sono per il momento promessi esplicitamente (già, sarebbe corruzione infatti!).

Contemporaneamente Berlusconi annuncia che al suo schieramento mancheranno forse pochi seggi per conquistare la maggioranza assoluta alle Camere. Seggi, sia chiaro, non voti! Se non siamo ancora entrati nell’ambito penale (ma se fossi un dirigente del M5S valuterei anche questa ipotesi), siamo però sicuramente ben oltre il limite della decenza.

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2 commenti su “Comprevendita dei parlamentari: dopo i saldi di fine stagione siamo alle prevendite!”

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