La legge elettorale non piace a nessuno. Ma per cambiarla bisogna capire bene quel che ha detto la Corte

di Glauco Nori

La legge elettorale in vigore non piace a nessuno: le ragioni, in buona parte poco chiare, non sono le stesse per tutti. Al fatto che avesse consentito di superare la normativa di risulta dalla sentenza n.35 del 2017 non è stato dato alcun rilievo. Secondo le norme impugnate, se non fosse scattato il premio di maggioranza, si sarebbe dovuto procedere al ballottaggio.

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Meglio un governo del ritorno alle urne (che non risolverebbe nulla)

Dopo il risultato elettorale del 4 marzo sarebbe meglio un governo o un ritorno alle urne con elezioni anticipate? A questa domanda il 70,1% ha risposto meglio un governo, per il 29,9% sarebbe meglio tornare a elezioni anticipate.

Questo è il risultato di un sondaggio per l’Agenzia Italia eseguito da Quorum su un campione di 1000 cittadini.

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Commissioni speciali: sarà il caso anche della XVIII Legislatura? Serviranno a superare l’impasse politico

di Paola De Luca*
Le elezioni del 4 marzo 2018, data anche la combinazione di un sistema partitico fluido e di una legge elettorale senza premio di maggioranza, hanno prodotto un profondo mutamento del quadro politico italiano; non determinando, come prevedibile, un unico vincitore, in grado di ottenere una chiara maggioranza parlamentare e formare, in piena autonomia, uno stabile Esecutivo.

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Nuovi sondaggi: i partiti oggi, i leader, le possibili maggioranze

I sondaggisti che nelle ultime elezioni politiche non hanno sfigurato, come si è visto, avendo azzeccato la tendenza degli elettori a 15 giorni dal voto e, successivamente, hanno individuato con chiarezza vincitori e vinti al di là di scarti percentuali minimi, continuano a sondare le preferenze degli elettori: riguardo ai partiti politici, ai leader, alle possibili alleanze in parlamento.

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La “questione del Governo” passa dalla mediazione parlamentare. Il resto sono solo chiacchiere

di Antonio D’Andrea

Ci sono due brevi considerazioni che mi sembrano avere valenza istituzionale e che perciò richiamo all’attenzione di quanti si apprestano a seguire l’avvio della XVIII Legislatura e, conseguentemente, la eventuale definizione di accordi tra le forze politiche finalizzati ad individuare una maggioranza parlamentare.

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Le preoccupazioni di Mattarella sono le nostre

di Roberto Bin

Gli appelli del Presidente della Repubblica al senso di responsabilità dei partiti e l’invito a preoccuparsi delle sorti del Paese, piuttosto che ai propri interessi tattici, dovrebbero essere sottoscritti da tutti. Ma siamo in Italia, un paese a forma di stadio calcistico, ove dai tempi dei guelfi e dei ghibellini (ma ancora da prima, se si scava un po’) il clima da rissa tra opposte tifoserie domina su qualsiasi riflessione pacata.

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Governance finanziaria europea. Prove generali di un accordo Franco-Tedesco?

di Andrea Pisaneschi *

In un Italia tutta presa dalle elezioni politiche e dai problemi post-elettorali, è passato quasi inosservato un documento del gennaio di questo anno, sulla riforma dell’Eurozona, denominato Reconciling risk sharing with market approach: a constructive approach to euro area reform.

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Il domani non basta: il “momento elettorale” fra passato e futuro

di Alessandro Lauro

In questi giorni di fremito pre- e post-elettorale, gli italiani hanno per un momento “riscoperto” la politica: grazie al tam tam sui social network, ai link che piovono magicamente ovunque per calcolare le affinità politiche, agli illuminati appelli “ad informarsi”, si è aperto innanzi al cittadino elettore un universo di sigle, simboli, nomi che prima erano sconosciuti o quasi.

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Alleanza e accordo politico, due cose ben diverse. Il Pd può fare lo schizzinoso?

di Roberto Bin

L’ipotesi di un accordo politico tra PD e M5S, che a me sembra auspicabile, è una prospettiva da tenere ben distinta dall’ipotesi di un’alleanza politica. Un’alleanza l’ha stretta il PD con Lorenzin e Casini, nonché Bonino, per presentarsi alle elezioni con un unico programma.

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Da dove viene l’allarme rosso per le Regioni rosse

di Antonio Ramenghi

La Regione in Italia dove il Pd ha perso la percentuale più alta rispetto alle politiche del 2013 è, in assoluto, l’Emilia-Romagna: -10,6% (ha preso il 26,4% contro il 37%), facendo peggio addirittura della Sardegna dove il Pd il 4 marzo ha perso, rispetto al 2013, il 10,4% (ha preso il 14,8% contro il 25,2%).

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E i sondaggisti? Quello sbarramento li rende inattendibili

di Antonio Ramenghi

I sondaggisti come escono dal confronto tra i risultati delle urne e quelli da loro previsti prima del voto? Se si confrontano le medie dei sondaggi delle ultime cinque settimane prima dello stop imposto dalla legge si può dire, ancora una volta, che i sondaggi preelettorali ci azzeccano poco.  Ma c’è un ma: con i sondaggi riservati eseguiti dopo, sino alla vigilia del voto, il panorama si è chiarito meglio.

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