Il ritorno dello Stato e l’importanza del Presidente

di Roberto Bin

Ma lo Stato non era in declino? Non doveva perdere il suo ruolo centrale nella vita delle persone? Non era in corso un processo di sostituzione dello Stato moderno con i mercati, la rete, le organizzazioni internazionali? Le nostre vite non erano in procinto di vedersi organizzate dalle leggi dell’economia piuttosto che da quelle volute dalla vecchia politica e dalle consunte istituzioni costituzionali?

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Il discorso del Presidente Mattarella: la solidarietà non è “buonismo”

di Alessandro Morelli

Il messaggio di fine anno del presidente Mattarella ha riscosso uno straordinario successo. Più di dieci milioni di telespettatori lo hanno ascoltato in diretta tv e numerosissime sono state le visualizzazioni sui social. Grande era la curiosità di sentire cosa avrebbe detto Mattarella sul modo in cui, nei giorni immediatamente precedenti, era stata approvata la legge di bilancio e sui contenuti di quest’ultima, ma anche sulle altre questioni centrali toccate, negli ultimi mesi, dagli interventi del Governo, prima fra tutte quella della sicurezza.

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Il discorso del Presidente Mattarella: «L’Italia che ricuce» ai tempi della disunità nazionale

di Salvatore Prisco

Un giorno qualche mio collega dovrà pensarci – visto che una ricerca di tal genere non mi risulta essere mai stata compiuta – ad assegnare una tesi di laurea o di dottorato sulle immagini del Paese (e dei caratteri dei rispettivi autori) che emergono dai messaggi di fine d’anno dei Presidenti della Repubblica pronunciati fino alla sua stesura, o forse il proposito potrà realizzarlo un brillante ricercatore in cerca di gloria e di carriera, o infine un vecchio professore che di storia costituzionale ne ha vista passare tanta (e allora chi scrive si candida alla bisogna).

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Promulgazione e emanazione di atti “sotto osservazione” del Presidente Mattarella

di Marta Ferrara

In due casi recenti, il Presidente Mattarella ha promulgato ed emanato atti normativi fondamentali per l’indirizzo politico governativo, attraverso una procedura eccentrica, ma non inedita. Contestualmente all’esercizio delle prerogative di controllo legislativo, il Capo dello Stato ha formulato notazioni in merito ad alcuni profili degli atti sottoposti al suo scrutinio, servendosi di missive rivolte al Presidente del Consiglio dei Ministri puntualmente rese pubbliche sul sito istituzionale della Presidenza.

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La pedagogia del Quirinale: Mattarella scrive a Conte

di Massimo Cavino

Il 24 luglio scorso il Presidente della Repubblica ha promulgato la legge di conversione del decreto legge 29 maggio 2018, n. 55 recante “Ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016”.

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Decreto “dignità”: la strana storia della Relazione tecnica e l’ignoranza della Costituzione

di Roberto Bin

Davvero Di Maio non conosceva la Relazione tecnica che di soppiatto qualche burocrate ha infilato nel dossier del decreto-legge “dignità”? Sarebbe davvero grave e meritevole di un’inquisizione attenta. Ma c’è un ma.

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A mente fredda. I poteri del Presidente della Repubblica e l’importanza delle prassi

di Roberto BinNei giorni passati le vicende della formazione del Governo Conte hanno suscitato commenti, giudizi, critiche che hanno posto al centro dell’attenzione i poteri del Presidente della Repubblica e i vincoli costituzionali. Molti i commenti che si sono susseguiti anche in questo giornale, sia sulla legittimità del rifiuto di Mattarella di nominare il ministro dell’economia “proposto” da Conte sia sulla sua opportunità. Ora che la questione si è raffreddata merita riproporla per una riflessione più posata. Anche perché alcuni nodi restano irrisolti e questo minaccia di accendere altre crisi costituzionali, prevedibili come in fondo lo è stata quella appena sopita.

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Mattarella non poteva, ma doveva rifiutare la nomina

di Roberto Bin

Noi costituzionalisti siamo spesso attratti dall’interpretazione delle disposizioni costituzionali specifiche che punteggiamo la c.d. forma di governo: e siccome i punti sono pochi, integriamo il disegno con altro, per lo più derivato dal c.d. sistema politico. In questo modo è quasi inevitabile confondere il dover essere (il precetto costituzionale) con l’essere (lo stato attuale dei rapporti politici).

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L’arroganza di Salvini e la fermezza di Mattarella: una lezione di diritto costituzionale

di Roberto Bin

La sola idea che il leader di un partito politico che ha ottenuto il 17% dei voti nelle ultime elezioni possa affermare pubblicamente che il Presidente della Repubblica deve nominare ministro colui che a lui piace, perché lui rappresenta la volontà popolare, è aberrante.

Lo ha ben spiegato Chessa in questo giornale: la nomina dei ministri è un’attribuzione del Presidente della Repubblica, che la esercita su proposta dell’esponente che lui ha incaricato di formare il Governo; tra i due ci dev’essere collaborazione, nel senso che – come del resto è sempre avvenuto – se il Presidente della Repubblica non accetta il nome proposto dall’incaricato spetterà a questi fare una seconda proposta. Punto. Alla luce di questa premessa possiamo giudicare il comportamento dei diversi soggetti coinvolti nelle vicende di queste ore.

Primo: il prof. Conte ha mostrato di non essere in grado di guidare un bel niente. Se avesse un minimo di consapevolezza del ruolo che deve svolgere il capo del Governo, non si sarebbe comportato come il mero esecutore del supposto “contratto” tra i due partiti di maggioranza. Il grande clamore attorno a questo accordo politico, che ha ben poco spessore e indica solo vagamente le linee di azione del Governo, sembra del tutto spropositato: presentarsi come suo fedele esecutore è semplicemente ridicolo, del tutto inappropriato rispetto anche ai compiti che al Presidente del Consiglio sono assegnati dalla Costituzione. Che si sia presentato da Mattarella senza una sua proposta alternativa su chi mettere a capo dell’economia italiana dimostra che la sua caratura politica è zero, e la sua preparazione in materia costituzionale altrettanto.

Secondo: l’arroganza di Salvini è insopportabile. Se questo avrebbe dovuto essere il “governo del cambiamento”, allora il cambiamento sarebbe consistito nella più sfacciata affermazione dell’asservimento delle istituzioni ai partiti politici. Questi sono delle semplici associazione private non riconosciute: in quale veste possono pensare di dettare direttamente le scelte a cui devono soggiacere le massime autorità dello Stato costituzionale? Perché hanno vinto le elezioni? Se anche fosse vero, ciò nonostante in uno Stato di diritto la politica non entra direttamente sulla scena costituzionale: forma gli organi parlamentari e suggerisce al Presidente della Repubblica il candidato alla guida del Governo, influenzerà le scelte della maggioranza e tramite i suoi parlamentari controllerà l’attività del Governo. Ma non le è concesso di imporre direttamente e prepotentemente un bel niente.

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